Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7569 del 14/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 7569 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PASINI MAURIZIO N. IL 26/07/1950
avverso l’ordinanza n. 74/2013 TRIB. LIBERTA’ di VENEZIA, del
17/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;
17(e/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 14/11/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Venezia, in funzione di giudice del riesame dei
provvedimenti cautelari reali, con l’ordinanza indicata in epigrafe ha
confermato il decreto di sequestro preventivo con il quale il G.I.P. del
locale Tribunale in data 13 marzo 2013 aveva sequestrato «la somma
liquida di euro 9.900» in relazione al reato associativo ascrittogli.

ovvero dell’astratta configurabilità, nel fatto attribuito all’indagato ed in
relazione alle concrete circostanze indicate dal P.M., di una delle ipotesi
criminose previste come reato da una norma penale incriminatrice (pur
non rilevando né la sussistenza degli indizi di colpevolezza, ne’ la loro
gravità: così Cass. pen., Sez. un., sentenza n. 920 del 17 dicembre
2003, dep. 19 gennaio 2004, CED Cass. n. 226942) sono stati, in
particolare, valorizzati gli elementi che avevano già portato
all’emissione, in danno dell’indagato, di una OCC in ordine allo stesso
reato, con la precisazione dell’irrilevanza della mancanza di gravi indizi
di colpevolezza in ordine a reati fine, e la non attinenza alla fattispecie
delle doglianze difensive relative all’insussistenza di finalità probatorie
(essendo stato disposto, ai sensi dell’art. 321 c.p.p., un sequestro
preventivo), oltre che il difetto di adeguata dimostrazione che 2.000
fossero della moglie.
2. Contro tale provvedimento, l’indagato (con l’ausilio di un avvocato
iscritto all’apposito albo speciale) ha proposto ricorso per cassazione,
deducendo i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari
per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att.
c.p.p.:
I – deposito dei motivi oltre i termini previsti dall’art. 128 c.p.p.;
Il – nullità del decreto di convalida del sequestro per violazione degli
artt. 125, comma 3, e 253, comma 1, c.p.p.

Ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio dell’impugnata
ordinanza e del decreto di sequestro, con ogni conseguenza di legge

A fondamento della ritenuta sussistenza del c.d. fumus boni iuris,

anche in ordine alla restituzione delle somme di denaro agli aventi
diritto.

3.

All’odierna udienza camerale, dopo il controllo della regolarità

degli avvisi di rito, la parte presente ha concluso come da epigrafe, e
questa Corte Suprema, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è integralmente inammissibile perché proposto per motivi
non consentiti o comunque generici e manifestamente infondati.

1.

Il primo motivo è manifestamente infondato, poiché

all’inosservanza del termine previsto dall’art. 128 c.p.p. per il deposito
della motivazione non è riconosciuta dal vigente codice di rito alcuna
valenza caducativa del provvedimento cautelare reale riesaminato, non
trattandosi di termine perentorio.
D’altro canto, il difensore non ha argomentato la sua doglianza con
alcun riferimento, né normativo, né tantomeno giurisprudenziale, ma
limitandosi ad una secca affermazione, del tutto scorretta dal punto di
vista giuridico.

2. Il secondo motivo è in parte generico, in parte manifestamente
infondato.

2.1. E’ manifestamente infondata la censura riguardante la presunta
violazione dell’art. 253, comma 1, c.p.p., poiché il sequestro del quale si
discute è un sequestro preventivo emesso ai sensi dell’art. 321 c.p.p.,
non un sequestro probatorio.
La doglianza appare francamente sconcertante, atteso che analoga
doglianza risultava formulata anche in sede di riesame, ed il Tribunale,
nella motivazione del provvedimento oggi impugnato (f. 10), ha con
chiarezza, ma evidentemente invano, spiegato l’equivoco nel quale la
difesa dell’indagato era caduta.

2

dispositivo in atti.

2.2. Quanto all’ulteriore violazione di legge eccepita, questa Corte
Suprema ha già chiarito che, in tema di riesame delle misure cautelari
reali, nella nozione di «violazione di legge» – per la quale soltanto
può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’art. 325,
comma 1, c.p.p., rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la
presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate
all’inosservanza di precise norme processuali, non anche l’illogicità

tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all’art. 606, lett.

E), c.p.p. (così Sez. un., sentenza n. 5876 del 28 gennaio 2004, P.c.
Ferazzi in proc. Bevilacqua, CED Cass. n. 226710 ss.;
conforme, da ultimo, Sez. V, sentenza n. 35532 del 25 giugno 2010,
Angelini, CED Cass. n. 248129, per la quale, in tema di riesame delle
misure cautelari, il ricorso per cassazione per violazione di legge, a
norma dell’art. 325, comma 1, c.p.p. può essere proposto solo per
mancanza fisica della motivazione o per la presenza di motivazione
apparente, ma non per mero vizio logico della stessa).

2.2.1. Il ricorrente lamenta violazione dell’art. 125, comma 3, c.p.p.
sotto plurimi profili.
Il Tribunale del riesame:
– avrebbe illegittimamente motivato richiamando

per relationem

il

primo provvedimento (un sequestro probatorio convertito in preventivo,
a sua volta privo di adeguata motivazione);
– non avrebbe considerato che è incerta l’appartenenza del denaro
sequestrato, rinvenuto all’interno di una cassaforte sita in una casa in
comproprietà con la moglie: vi sarebbe, pertanto, una controversia sulla
proprietà della somma, che andrebbe devoluta al giudice civile, ex art.
324, comma 8, c.p.p.
Il ricorrente lamenta, infine, che mancano sia il fumus del reato
ipotizzato che le esigenze probatorie, e che la permanenza del disposto
sequestro si ponga in contraddizione con l’intervenuto annullamento
della misura cautelari personale pure disposta in relazione ai reati fine.

2.2.2. La prima doglianza è manifestamente infondata.

3

manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto

Questa Corte Suprema (Sez. II, sentenza n. 44378 del 25 novembre
2010, CED Cass. n. 248946) ha già chiarito che ricorre il vizio di
mancanza di motivazione soltanto nel caso in cui il provvedimento del
Tribunale del riesame, nel fare riferimento a quanto indicato in altri
provvedimenti, ed in particolare nel provvedimento impugnato, accolga
acriticamente le valutazioni ivi contenute, senza alcun apporto
rielaborativo – tanto più se necessitato da specifiche doglianze delle parti

delle censure mosse.
Diversamente, nel caso di specie il Tribunale del riesame, dopo aver
riportato integralmente (f. 5 ss.) la propria ordinanza resa con riguardo
all’applicazione della misura cautelare personale per il reato associativo,
valorizzando le considerazioni ivi svolte quanto alla sussistenza di gravi
indizi di colpevolezza dell’odierno ricorrente in ordine al medesimo reato
associativo a giustificazione della valutazione inerente alla sussistenza
del mero “fumus” del medesimo reato, ed evidenziando inoltre (f. 10)
che il disposto sequestro preventivo era finalizzato alla confisca della
somma di denaro

de qua, costituente profitto del reato.

2.2.3. La seconda doglianza è viziata da una evidente carenza di
interesse del ricorrente a far valere l’eventuale appartenenza di parte
della somma di denaro ad una terza non ricorrente.
Il Tribunale del riesame ha, inoltre, motivatamente evidenziato (f. 10
s.) che l’assunto difensivo non risultava adeguatamente documentato.

2.2.4. Il ricorrente lamenta, infine, che mancano sia il fumus del
reato ipotizzato che le esigenze probatorie, e che la permanenza del
disposto sequestro si ponga in contraddizione con l’intervenuto
annullamento della misura cautelari personale pure disposta in relazione
ai reati fine.
Trattasi di considerazioni manifestamente infondate, poiché:
– quanto al “fumus” vanno richiamati i rilievi appena svolti nel §
2.2.2. di queste Considerazioni in diritto;
– le esigenze probatorie non sono necessarie, poiché nella specie il
sequestro disposto ed impugnato non è probatorio (come,

4

interessate – e senza alcuna valutazione in ordine alla bontà o meno

insistentemente, ma senza evidentemente avere bene compreso il
significato degli atti processuali e dei rilievi svolti dal Tribunale del
riesame a f. 10, continua a ritenere il difensore), ma preventivo (ex art.
321 c.p.p.), finalizzato alla confisca (ex art. 321, comma 2, c.p.p.);
– l’intervenuto annullamento della misura cautelare personale pure
disposta in relazione ai reati fine è, come già osservato dal Tribunale del
riesame (f. 10), privo di rilievo, essendo stato il sequestro disposto

2.2.5. Il ricorrente ha, pertanto, riproposto in ampia parte censure
già sottoposte al Tribunale del riesame e da questo già rigettate con
motivazione senz’altro congrua e non inficiata da violazioni di legge.

3. La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai
sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali nonché – apparendo evidente dal contenuto dei motivi
che egli ha proposto il ricorso determinando le cause di inammissibilità
per colpa (Corte cost., sentenza 13 giugno 2000, n. 186) e tenuto conto
dell’entità di detta colpa – della somma di Euro mille in favore della
Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali ed al versamento della somma di euro mille alla
Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, udienza camerale 14 novembre 2013

Il Consigliere estensore

p

Il Presidente

unicamente in relazione al reato associativo.

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