Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7556 del 28/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 7556 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) ACCORINTI PAOLO N. IL 24/02/1933
2) BELTRAME FULVIO N. IL 27/08/1945
3) BONI LANFRANCO N. IL 29/10/1937
4) BORTOLUZZI PAOLO N. IL 28/01/1940
5) CAMBIERI LUIGI N. IL 08/05/1928
6) GARIBBO FILIPPO N. IL 10/09/1935
7) LONGO GIORGIO N. IL 11/01/1924
8) MARTIN ANDREA N. IL 26/11/1950
9) NOTTOLA ANTONIO N. IL 29/06/1931
10) ROSSETTO LUIGINO N. IL 29/11/1940
11) SEGRE GIULIANO N. IL 28/04/1940
12) SUSSI ANTONIO N. IL 18/07/1946
13) TRIUNFO MARIO N. IL 15/08/1940
14) VIGLIAR GIANPAOLO N. IL 11/12/1945
avverso la sentenza n. 658/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del
11/02/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. rtke~
che ha concluso per

Data Udienza: 28/11/2012

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Gabriele
Mazzotta, ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio
della sentenza impugnata per prescrizione del residuo capo 21ter.
Per il ricorrente Beltrame Fulvio sono presenti gli avvocati
Fragasso Emanuele e Merlini Maurizio.
Per il ricorrente Bortoluzzi Paolo sono presenti gli Avvocati

Per il ricorrente Longo Giorgio è presente l’Avvocato Shammah
Claudia.
Per il ricorrente Martin Andrea è presente l’Avvocato Sgubbi in
sost. Avv. Alessandri Alberto.
Per il ricorrente Rossetto Luigino è presente l’avv. Forza
Antonio.
Per il ricorrente Segre Giuliano sono presenti gli avvocati Aricò
Giovanni e Sgubbi Filippo.
Per il ricorrente Triunfo Mario è presente l’Avvocato Stravino
Ettore.
Per i ricorrenti Sussi Antonio e Vigliar Gianpaolo è presente
l’avv. Moretti in sost. Avv. Enzo Musco.
Per i ricorrenti Accorinti Paolo, Boni Lanfranco, Cambieri Luigi,
Garibbo Filippo sono presenti gli avvocati Olivo Riccardo e
Vassalli Francesco.
Per il ricorrente Nottola Antonio sono presenti gli avvocati Bana
Giuseppe e Vassalli Francesco.

RITENUTO IN FATTO

1. Il 10/06/1995 il tribunale di Milano dichiara il fallimento della
Trevitex Spa; si tratta della holding di un gruppo tessile che ha
raggiunto negli anni notevoli proporzioni.

Franchini Antonio e Zanotti Marco.

2. La famiglia Dalle Carbonare, cui è riconducibile il predetto
gruppo, inizia ad operare nel settore tessile negli anni ’50 e poco a
poco ingrandisce la propria attività, anche mediante acquisizione
di nuove ed importanti aziende del settore.
3. Negli anni ’90 il gruppo, che ha ormai assunto proporzioni
considerevoli, entra in crisi a causa principalmente di tre fattori:
l’eccessivo indebitamento dovuto alle numerose acquisizioni,
di operazioni di tipo finanziario-speculativo con esito disastroso.
4. Il forte indebitamento nei confronti di un gruppo di banche
induce queste ultime a costituire un comitato ristretto per tenere
sotto controllo la situazione della società e per tentarne il
salvataggio; a tal fine viene dato incarico alla Banca
Internazionale Lombarda (BIL) di predisporre un piano di
risanamento, che prevede altresì l’erogazione di nuova finanza da
parte delle banche.
5. La situazione di crisi del gruppo, nel frattempo, peggiora
sempre più, fino a quando, il 17 settembre 1993, le aziende di
alcune società del gruppo (Lanificio Titanus S.p.A. e Filatura di
Caltrano S.r.l.) vengono concesse in affitto, con opzione di
riscatto, alla neo costituita Sette S.r.l., facente capo alla famiglia
Dalle Carbonare. Il contratto viene stipulato tra Maranghi
Giuseppe, quale amministratore delegato della Trevitex Spa, che
controlla le due società cedenti, e l’amministratore delegato della
Sette S.r.l..
6. Nello stesso periodo i componenti della famiglia Dalle
Carbonare si dimettono dalle cariche amministrative nelle società
del gruppo, ponendolo in liquidazione volontaria. Il 10/06/1995,
come si è detto, su iniziativa di alcuni creditori verrà dichiarato il
fallimento della Trevitex Spa. Seguirà anche il fallimento, con
sentenza del tribunale di Vicenza, del Lanificio Titanus S.p.A
(31/10/1995) e della Filatura di Caltrano S.r.l. (15/01/1997).
7, La procura della Repubblica di Milano apre un’indagine per
reati fallimentari a carico dei componenti della famiglia Dalle
2

anche in settori diversi; la crisi del settore tessile; Io svolgimento

Carbonare, degli amministratori e consulenti della Trevitex Spa,
nonché dei dirigenti ed amministratori delle banche creditrici del
gruppo.
8. Per quanto qui interessa, residua oggi un’unica imputazione
(capo 21-ter) in cui si contesta a numerosi dirigenti ed
amministratori delle banche il concorso esterno in bancarotta
fraudolenta patrimoniale distrattiva, per l’operazione di affitto di

9. Occorre precisare, infatti, che per il capo 20 (originariamente
contestato come bancarotta distrattiva e poi riqualificato come
bancarotta preferenziale), per il capo 21 bis (bancarotta
preferenziale collegata al capo 21-ter) e per altri reati contestati
ai Dalle Carbonare la Corte d’appello di Milano dichiara la
prescrizione dei reati e procede altresì ad alcune assoluzioni.
10. Al capo 21-ter viene contestata una distrazione patrimoniale
di rilevante entità attuata mediante l’affitto di azienda, con
opzione di riscatto, di cui al punto cinque, per valori notevolmente
inferiori a quelli reali; secondo l’accusa tutta l’operazione sarebbe
stata funzionale a trasferire le strutture aziendali delle società
storiche del gruppo, maggiormente operative ed ancora in grado
di risollevarsi dalla crisi, ai Dalle Carbonare, al fine di consentire
loro di continuare l’attività con la neo costituita Sette S.r.l.,
abbandonando al suo destino tutto il gruppo industriale. Tale
operazione, nella prospettazione accusatoria, recepita dai giudici
di merito, avrebbe fatto parte di un più ampio “disegno” tra la
famiglia Dalle Carbonare ed il pool di banche pesantemente
esposte verso il gruppo, con l’accordo che a seguito dell’affitto
delle aziende i Dalle Carbonare avrebbero posto in liquidazione
volontaria la Trevitex Spa e avrebbero abbandonato ogni carica
amministrativa.
11. L’affitto ed il successivo riscatto, a prezzi notevolmente
inferiori al reale, avrebbero dunque costituito una regalia delle
banche ai fondatori del gruppo industriale, così concretando una
sottrazione ingiustificata di notevoli valori di attivo dalla
3

azienda di cui al punto cinque.

capogruppo, in contropartita della decisione dei Dalle Carbonare di
farsi da parte e lasciare che la liquidazione fosse affidata a
persone di fiducia delle banche, sotto il loro controllo.
12.

Sebbene per il capo 21-bis vi sia stata declaratoria di

estinzione dei reati per prescrizione, è opportuno farvi qualche
cenno, sia in relazione ai motivi di ricorso per violazione
dell’articolo 129 cod. proc. pen., sia perché trattasi di reato
bancarotta preferenziale perché attraverso l’affitto/trasferimento
delle aziende alla società cessionaria (Sette S.r.l., poi rinominata
Titanus S.r.l.) venivano ceduti anche una parte selezionata dei
debiti delle società nei confronti dei membri della famiglia Dalle
Carbonare e di alcune banche, che così non solo ottennero un
pagamento preferenziale rispetto ai creditori che restavano in
carico alle originarie società, ma altresì miravano a sottrarsi ad
eventuali azioni revocatorie collegate all’ormai probabile default
dell’intero gruppo.
13. Accorinti Paolo, Beltrame Fulvio, Boni Lanfranco, Bortoluzzi
Paolo, Cambieri Luigi, Garibbo Filippo, Longa Giorgio, Martin
Andrea, Nottola Antonio, Rossetto Luigi, Segre Giuliano, Sussi
Antonio, Triunfo Mario e Vigilar Giampaolo, tutti attinti dalla
residua imputazione di cui al capo 21-ter (essendovi stata
dichiarazione di estinzione per prescrizione dei reati di cui ai
capi 20 e 21-bis), hanno presentato distinti ricorsi per
cessazione (tranne Accorinti Paolo, Boni Lanfranco, Cambieri
Luigi, Garibbo Filippo e Nottola Antonio, che hanno presentato
un ricorso cumulativo). Nonostante la presentazione di
numerosi ricorsi, per complessivamente quasi 100 motivi, le
censure svolte contro la sentenza della Corte d’appello di
Milano possono essere raggruppate e riassunte, pur con le lievi
differenze interne, nelle seguenti doglianze:
a. eccezione di nullità del procedimento per violazione delle
norme sulla competenza; si sostiene che la competenza
per l’intero procedimento fosse del tribunale di Vicenza,
nella cui circoscrizione si era verificato il primo episodio
4

collegato a quello contestato al capo 21-ter. Viene contestata la

di bancarotta fraudolenta distrattiva (capo 20). La Corte
d’appello ha ritenuto che ai sensi dell’articolo 16 cod.
proc. pen. la competenza dovesse essere individuata
non con riferimento al primo reato, ma con riferimento
al reato più grave, ritenendo tale quello di cui al capo
21-ter.

b. violazione del principio di correlazione di cui all’articolo
al capo

21-ter,

per avere ritenuto gli imputati

responsabili per attività omissiva (ai sensi dell’articolo
40, comma due, cod. pen.) a fronte di una contestazione
d’accusa per reato commissivo; sia, da alcuni ricorrenti,
al capo 20, per avere la Corte ritenuto sussistente una
bancarotta preferenziale, a fronte dell’accusa di
bancarotta distrattiva, facendo riferimento al mancato
consolidamento dei pegni illecitamente realizzati, mentre
la contestazione era relativa all’incasso di crediti
chirografari.
c. Violazione dell’articolo 129 cod. proc. pene per mancato
rilievo della evidenza della prova che il fatto non
sussiste, che l’imputato non lo ha commesso o che il
fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge
come reato, con conseguente immediata declaratoria
della relativa causa di non punibilità, al posto della
declaratoria di estinzione per prescrizione. Quasi tutti gli
imputati hanno sollevato questa censura – sebbene con
diverse sfumature – nei confronti dei capi 20 e 21 bis,
per i quali vi è stata da parte della Corte d’appello
declaratoria di estinzione dei relativi reati per
prescrizione.
d. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione
agli articoli 216, 223 e 219 della legge fallimentare con
riferimento alla ritenuta configurabilità dell’aggravante di
cui all’articolo 219 anche in caso di bancarotta

521 cod. proc. pen.; tale contestazione viene riferita sia

fraudolenta distrattiva impropria, ossia commessa da
amministratore di società.
e. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione
agli articoli 216, 223 e 219 della legge fallimentare con
riferimento alla mancata riqualificazione del fatto
contestato al capo 21-ter nell’ipotesi di cui all’articolo
223, comma secondo, e conseguente non configurabilità

f. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento
.

agli articoli 216, 223 della legge fallimentare, in
relazione agli articoli 40, comma due, cod. pen. e 2392
cod. civ.; tale motivo di censura, sviluppato in modo
particolare dalla difesa di Sussi e Vigliar, ma ripreso
anche dagli altri, fa leva sulla insussistenza di una
posizione di garanzia da parte degli amministratori degli
enti bancari con riferimento a decisioni, astrattamente
pregiudizievoli, relative a società terze. Evidenzia,
inoltre, il vizio di motivazione con riferimento alla
mancata individuazione della condotta rilevante ai fini
del concorso e della sua efficacia causale nella
produzione dell’evento di reato. Si lamenta, inoltre,
l’esistenza di una valutazione complessiva e quindi la
mancata differenziazione delle varie posizioni degli
imputati.
g. Riqualificazione del fatto contestato al capo 21-ter in
bancarotta fraudolenta preferenziale.
h. Mancata disamina approfondita delle singole posizioni
individuali ai fini della sussistenza dell’elemento
soggettivo.
i. Mancata determinazione della pena con riferimento
specifico ad ogni singolo imputato e quindi mancata
considerazione, per ognuno di essi, dei criteri di cui
all’articolo 133 cod. pen..

dell’aggravante di cui all’articolo 219.

j.

Illogicità e contraddittorietà della motivazione nella
parte in cui riconosce ai Dalle Carbonare, con giudizio di
prevalenza, le attenuanti generiche e l’attenuante del
risarcimento del danno e non invece ai dirigenti delle
banche per i medesimi fatti. Prescrizione del reato.

k. Illogicità della motivazione con riferimento alla prova
della sproporzione tra il corrispettivo per l’affitto di
aziendali.
I. Omessa motivazione in relazione alla valutazione della
condotta degli imputati ai sensi dell’articolo 217 bis della

legge fall..
m. Travisamento della prova relativa alla data di
presentazione delle dimissioni di vari soggetti dalle
cariche amministrative.
14. Hanno presentato motivi nuovi gli avv.ti: – Zanotti e Franchini
per Bortoluzzi (motivo ex art. 585, co. IV, c.p.p., relativo al
giudizio di comparazione tra circostanze eterogenee); – avv.
Shammah per Longa (giudizio di comparazione delle
circostanze, mancato riconoscimento delle attenuanti
generiche prevalenti, omessa valutazione della transazione ai
fini di riconoscimento dell’attenuante del risarcimento del
danno, differente trattamento rispetto ai Dalle Carbonare,
protagonisti delle vicende in oggetto, differente trattamento
con riferimento agli imputati che hanno patteggiato, cui è stata
riconosciuta l’attenuante del risarcimento del danno, nonché le
generiche prevalenti per l’incensuratezza); avv. Forza per
Rossetto (omessa motivazione sull’elemento psicologico, vizio
di motivazione e violazione di legge con riferimento al
bilanciamento delle circostanze); – avv.ti Vassalli, Bana e Olivo
per Accorinti Paolo, Boni Lanfranco, Cambieri Luigi, Garibbo
Filippo e Nottola Antonio (travisamento della prova, vizio di
motivazione e violazione di legge con riferimento all’articolo
40, comma 2, cod pen.; violazione di legge e vizio di
7

azienda e per il riscatto ed i reali valori dei beni

motivazione con riferimento al giudizio di bilanciamento delle
circostanze); – avv.ti Aricò e Sgubbi per Segre (travisamento
della prova relativa alla data di presentazione delle dimissioni
del Segre dalla presidenza di CARIVE; violazione di legge e
vizio di motivazione con riferimento al giudizio di bilanciamento
delle circostanze per contraddittorietà tra il giudizio relativo al
capo 20 e quello relativo al capo 21-ter); – Avv. Alessandri per
responsabilità, contraddizioni ed illogicità nella valutazione
delle circostanze attenuanti e nel giudizio di bilanciamento). Gli
avv.ti Merlini e Fragasso per Beltrame hanno depositato in
data 20.11.2012 i documenti già riprodotti alle pagine 9 e 12
del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Nella scelta dell’ordine di valutazione delle diverse censure
svolte dai ricorrenti questo Collegio ritiene di affrontare per prima
la questione relativa alla configurabilità di una responsabilità di
tipo omissivo in relazione alla bancarotta fraudolenta contestata al
capo 21-ter. Ciò perché l’eventuale accertamento negativo
comporterebbe per tutti gli imputati una soluzione più favorevole
rispetto a pronunce di nullità processuali o declaratorie di
prescrizione.
2. E’ motivo comune a tutti i ricorrenti quello che fa leva sulla
insussistenza di una posizione di garanzia da parte degli
amministratori degli enti bancari con riferimento a decisioni,
astrattamente pregiudizievoli, relative a società terze (nel caso di
specie, la Trevitex Spa). Al fine di comprendere meglio le ragioni
di questa censura, è opportuno svolgere alcune precisazioni con
riferimento alla motivazione della sentenza impugnata.
3. La Corte d’appello di Milano, nel condannare gli odierni
ricorrenti per il reato di cui al capo 21-ter, ha ricollegato la loro
responsabilità ad una inerzia penalmente rilevante; si è detto,
cioè, che i dirigenti delle banche hanno concorso nel reato de quo
8

Martin (omessa valutazione ed illogicità della dichiarazione di

ai sensi dell’articolo 40, comma 2, cod. pen., con riferimento al
disposto dell’articolo 2392 cod. civ. (pagina 219 della sentenza
impugnata: “… Ricorrono nel caso di specie 1″…] i requisiti richiesti
sia dalla legge e dalla giurisprudenza per ravvisare la sussistenza
di una responsabilità a titolo di concorso ex 40 c.2 cp.”).
4. Pur a fronte di una motivazione assai scarna sulla condotta e
sul nesso causale (che già di per sé potrebbe rilevare quale vizio
centralità e rilevanza dell’accertamento sull’attribuibilità delle
condotte e sul nesso di causalità), si deve ritenere – atteso il
richiamo espresso alla norma civilistica ed ai precedenti di
legittimità numero 8260-07, 21.581-09, 9736-09 e 23.838-07 che la Corte territoriale abbia inteso fare riferimento alla posizione
di garanzia che l’amministratore assume in relazione alle proprie
funzioni; ed invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte gli
amministratori, anche se privi di delega, sono penalmente
responsabili, ex art. 40, comma 2, cod. pen., per la commissione
degli eventi che vengono a conoscere (anche al di fuori dei
prestabiliti mezzi informativi) e che, pur potendo, non provvedono
ad impedire (Sez. 5, Sentenza n. 3708 del 30/11/2011, Rv.
252945, Ballatori).
5. Si deve, però, subito precisare che l’amministratore di
società non assume una posizione di garanzia generalizzata (e
come potrebbe essere tanto ampia?) nei confronti dei terzi, dei
soci o dei creditori, essendo il suo obbligo limitato alla vigilanza ed
alla personale attivazione per impedire l’adozione di

atti di

gestione pregiudizievoli; tale obbligo si configura certamente
anche con riferimento ai reati fallimentari (Sez. 5, n. 36764 del
24/05/2006 – dep. 07/11/2006, Bevilacqua, Rv. 234607), ma è
sempre circoscritto alle condotte gestorie realizzate dagli altri
amministratori. Si vuole dire, cioè, che la responsabilità omissiva
di cui all’articolo 40, co. 2, cod. pen., integrata dalla posizione di
garanzia assunta ex articolo 2392 cod. civ., è invocabile solo con
riferimento agli atti di gestione della società amministrata e non
può invece estendersi ad atti compiuti da amministratori di società
9

ai sensi dell’articolo 606, lettera E cod. proc. peri., attesa la

terze (come potrebbe l’amministratore impedire il compimento di
un atto da parte di una diversa società?), né può riguardare atti
od iniziative che non siano pregiudizievoli per i soci o i creditori
della società amministrata, perché è lo stesso articolo 2392 cod.
chi. ad introdurre tale limite (nel caso del reato contestato al capo
21-ter, la distrazione può aver danneggiato esclusivamente i
creditori della società che ha proceduto all’affitto delle aziende e
suddetta operazione hanno potuto procedere all’incasso
preferenziale dei loro crediti).
6. Ne consegue, dunque, che in materia di bancarotta per
distrazione l’amministratore di una società diversa da quella fallita
può concorrere quale extraneus nel reato solo mediante una
partecipazione attiva e non invece ai sensi dell’articolo 40, co. 2,
cod. pen. (salvo che vi sia concorso mediante condotta attiva da
parte dell’amministratore delegato della società terza, attraverso
atti formali della propria società, e vi sia inerzia degli altri
consiglieri. Il concorso mediante omissione è comunque sempre
mediato da una condotta attiva di uno o più amministratori della
società concorrente nel reato).
7. Vi sarebbe, peraltro, anche un problema di individuazione
della condotta che l’amministratore avrebbe dovuto tenere per
scongiurare l’evento penalmente rilevante, posto che la
responsabilità derivante dalla posizione di garanzia presuppone
l’utilità dell’intervento, almeno in via astratta.
8. E’ d’uopo ricordare che i reati omissivi impropri non sono

configurati attraverso apposite norme, ma sono la risultante della
combinazione di norme incriminatrici con una disposizione di parte
generale (l’articolo 40, comma due, cod. pen.). La responsabilità
penale si fonda, dunque, sull’esistenza di una norma giuridica che
impone un determinato comportamento, funzionale ad evitare la
verificazione dell’evento che costituisce la violazione dell’interesse
tutelato dalla norma penale. Ma, oltre all’esistenza dell’obbligo, si
deve tener conto anche dei presupposti in presenza dei quali tale
obbligo si attiva, nonché di quali siano gli eventi che tale obbligo
10

non certo i soci creditori delle banche, che per mezzo della

di attivazione deve impedire. E’, poi, necessaria un’indagine sul
nesso causale, che in questo caso è di tipo puramente ipotetico;
non si tratta infatti di esaminare una relazione reale tra condotta
ed evento, quanto piuttosto di valutare se l’azione doverosa, che è
stata omessa, avrebbe impedito il verificarsi di questo. Tale
indagine richiede il previo accertamento del rapporto di causalità
reale e successivamente il cosiddetto giudizio “controfattuale”,
a bloccare il processo causale sfociato nell’evento di reato.
9. Poiché anche l’omissione (così come l’azione) deve essere
sorretta da coscienza e volontà, è necessario, poi, indagare anche
l’elemento soggettivo; il soggetto che ha l’obbligo di agire deve,
innanzitutto, essere a conoscenza, anche solo in forma dubitativa,
dei presupposti di fatto dai quali scaturisce il dovere di agire e del
fatto che il compimento dell’azione doverosa potrebbe impedire il
verificarsi dell’evento di reato, rompendo il legame causale che lo
avvince alla condotta degli amministratori infedeli. Occorre, infine,
che il soggetto volontariamente decida di non compiere l’azione
doverosa, con l’intenzione di non impedire l’evento o con
l’accettazione del rischio del suo verificarsi (cfr. Sez. 1, n. 783 del
19/11/1993 – dep. 26/01/1994, Chiavarini, Rv. 196145).
10.

Su tali aspetti la motivazione della sentenza di appello

è totalmente carente, non consentendo, ad esempio, di
apprezzare quali sarebbero state le condotte attive degli
amministratori utili ad esimerli da responsabilità. Con riferimento
ad altri imputati la mancata partecipazione ad alcune riunioni dei
consigli di amministrazione, ovvero il voto contrario ad alcune
delibere concernenti i rapporti con la Trevitex Spa, è stata
ritenuta sufficiente ad escludere la loro responsabilità, ma anche
in questo caso la superficialità della motivazione vizia
irrimediabilmente la sentenza impugnata. Va ricordato che non
risulta alcuna deliberazione espressa delle banche in merito al
contratto di affitto di azienda di cui si è detto (e, d’altronde, come
avrebbero potuto le banche deliberare con efficacia vincolante su
un atto che interveniva tra società terze?). Le delibere cui alcuni
11

cioè la verifica ipotetica della idoneità dell’omessa azione doverosa

consiglieri si opposero erano in realtà relative ad ulteriori
finanziamenti in favore di Trevitex Spa (v. pagina 217, ultimo
capoverso, della sentenza) per cui nessuna rilevanza potevano
avere nella distrazione di valori patrimoniali asseritamente
realizzata tramite il contratto di affitto di azienda (e se qualche
rilievo causale avevano, la Corte omette di rilevarlo).
11.

Si potrebbe sostenere che alcuni dirigenti bancari,

comitato ristretto, che monitorava l’attività della famiglia Dalle
Carbonare, avessero di fatto la possibilità di influire sulle scelte
aziendali del gruppo tessile, anche se privi di cariche formali
all’interno della Trevitex Spa. Dal complesso della motivazione
della sentenza di appello si evince la sussistenza – nei primi anni
90 – di una situazione di grave crisi in cui le banche, preoccupate
per la perdita degli ingenti finanziamenti concessi, interloquivano
attraverso propri delegati con il gruppo industriale, cercando di
indirizzarne le scelte, anche al fine di uno sperato risanamento; se
ne potrebbe dedurre che l’influenza delle banche, che tenevano i
“cordoni delle borse”, era assai rilevante, tanto da poter
indirizzare in concreto le scelte degli organi gestori della Trevitex
Spa. Sarebbe ipotizzabile, dunque, che una parte delle condotte
addebitate nel capo 21-ter fossero state realizzate dai
rappresentanti delle banche con una condotta attiva, concretatasi
appunto in una ingerenza di fatto od anche solo in una capacità di
orientare le scelte degli amministratori di Trevitex Spa. Tale
ricostruzione permetterebbe di superare i problemi lamentati con
riferimento all’articolo 40 del codice penale, perché – come si è
detto in precedenza – di fronte a condotte commissive di alcuni
amministratori sarebbe possibile punire ai sensi dell’articolo 40 gli
altri consiglieri privi di deleghe o comunque privi di un ruolo attivo
nella vicenda, se si ritiene che questi avessero la conoscenza,
comunque acquisita, che una parte degli amministratori assumeva
iniziative pregiudizievoli per la banca. Ma siffatta ipotesi avrebbe
richiesto una motivazione specifica ed approfondita in ordine alle
condotte singolarmente e concretamente tenute dagli
12

anche per il loro ruolo di vertice e per la partecipazione al

amministratori “responsabili” ed alla loro efficienza causale con
riferimento alla realizzazione del reato contestato al capo 21-ter.
Andava prima di tutto chiarito se i dirigenti bancari – concorrenti
in un reato proprio – dovevano essere ritenuti amministratori di
fatto della Trevitex Spa ovvero se il loro apporto fosse esterno, ad
esempio un mero supporto morale od un ausilio tecnico o di altra
natura per la riuscita dell’operazione programmata (cfr. Sez. 5,
Sentenza n. 3977 del 23/06/1988, Rv. 179133). Occorreva, poi,
esaminare in modo specifico il ruolo svolto da ogni soggetto,
evitando quella valutazione generalizzata tanto stigmatizzata giustamente – dalle difese). Rimarrebbe, in ogni caso, per gli
amministratori ritenuti responsabili ai sensi dell’articolo 40, un
difetto congenito nella ricostruzione penalistica della loro
responsabilità, atteso che le operazioni che gli altri amministratori
andavano compiendo, se erano pregiudizievoli per la Trevitex Spa
e per i suoi creditori, non erano certamente tali con riferimento
alle banche, nei cui consigli di amministrazione sedevano gran
parte degli odierni imputati.
12.

Si aggiunga, ancora, che la assoluta laconicità della

motivazione sul punto non consente di comprendere se tutti o solo
alcuni siano stati ritenuti responsabili ai sensi dell’articolo 40,
comma due, del codice penale e, nel secondo caso, a chi sia
contestata una condotta attiva e chi invece sia rimproverabile per
non essersi adeguatamente attivato. Carenze motivazionali,
queste, che attengono ad elementi centrali, determinanti
nell’accertamento dei reati e delle connesse responsabilità
individuali e che pertanto non sono superabili nemmeno facendo
riferimento ad una sentenza di primo grado che, oltre a non
essere in perfetta sintonia con quella di appello, era stata essa
stessa ritenuta carente dal giudice di secondo grado.
13.

La ritenuta responsabilità dei ricorrenti andava

corredata di un’analisi approfondita, specifica ed individuale sulla
condotta, specie se di natura commissiva, con l’individuazione del
concreto contributo fornito per la realizzazione dell’evento di
13

Sentenza n. 5158 del 27/02/1992, Rv. 189959; conf. Sez. 5,

reato. Ciò era tanto più necessario nel caso di specie, trattandosi
di concorso esterno in un reato proprio. Questa Corte ammette la
partecipazione di soggetti non qualificati nel reato proprio, ma è
necessario che si dia prova della cooperazione all’offesa del bene
giuridico (Sez. 1, n. 6228 del 05/05/1986, Rv. 173223), di un
contributo causale rilevante e consapevole (Sez. 3, n. 16571 del
23/03/2011 – dep. 28/04/2011, Iacono, Rv. 250147), con
27367 del 26/04/2011 – dep. 13/07/2011, Rosace, Rv. 250409;
Sez. 5, n. 7936 del 18/04/1985 – dep. 10/09/1985, BRIASCHI,
Rv. 170334; Conf. mass n 164577 ed ivi citate).
14.

Andava provata una condotta istigatrice o anche solo

agevolatrice, il cui movente poteva individuarsi in un disegno
complessivo

criminoso

che

contemplava

il

successivo

trasferimento di debiti ben selezionati, per consentire anche alle
banche di rientrare in modo preferenziale dei propri crediti;
trovato il movente, andava spesa qualche parola in più sulle
modalità concrete attraverso le quali alcuni dirigenti delle banche
avevano supportato la decisione dei Dalle Carbonare (ed in effetti
erano costoro, lo riconosce anche la sentenza, che avevano posto
come condizione per abbandonare la gestione della Trevitex Spa,
quella di mantenere il controllo delle attività svolte dal Lanificio
Titanus S.p.A. e dalla Filatura di Caltrano S.r.l. e che avevano
dunque il maggior interesse all’operazione sia per il motivo
appena enunciato, sia perché anche loro avrebbero avuto
soddisfazione preferenziale dei loro crediti, senza rischio di
revocatoria).
15.

Quale, dunque, il contributo concreto alla condotta

distrattiva, realizzata attraverso un accordo sottoscritto tra il
legale rappresentante della Trevitex Spa e quello della beneficiaria
Sette s.r.I.? In passato questa Corte ha ritenuto, in un caso
analogo, di punire il concorrente esterno che aveva agevolato il
fallendo nella costituzione di una società – di cui aveva assunto
l’amministrazione – beneficiaria di un contratto di locazione
connotato da un canone sensibilmente inferiore a quelli di
14

l’individuazione di una efficienza causale sull’evento (Sez. 5, n.

mercato, e ciò al fine di consentire il mantenimento della
disponibilità materiale dell’immobile locato alla famiglia del titolare
della società fallenda (Sez. 5, n. 49642 del 02/10/2009 – dep.
28/12/2009, Olivier’, Rv. 245821); ma nel nostro caso la società
beneficiaria era riconducibile non alle banche, quanto
direttamente alla famiglia Dalle Carbonare, che per suo conto
aveva creato la newco destinata a ricevere i valori aziendali

16.

Quasi sempre la giurisprudenza di questa Corte ha

ritenuto sussistente il concorso

dell’extraneus

nel reato di

bancarotta fraudolenta per distrazione in casi in

cui

era

inequivocabile il suo apporto concreto: alle volte è stato ritenuto
concorrente il consulente della società che, consapevole dei
propositi distrattivi dell’imprenditore e degli amministratori della
società, concorra all’attività distrattiva progettando e portando ad
esecuzione la conclusione di contratti (nella specie affitto di
azienda) privi di effettiva contropartita e preordinati ad
avvantaggiare i soci a scapito dei creditori (Sez. 5, n. 10742 del
15/02/2008 – dep. 10/03/2008, Cattoli e altro, Rv. 239480); in
altri casi si trattava del creditore che (in una bancarotta
preferenziale) si soddisfaceva autonomamente dei propri crediti,
utilizzando le somme versate dai debitori della società insolvente
su un conto corrente a lui intestato (Sez. 5, n. 39417 del
24/09/2008 – dep. 21/10/2008, Manganello, Rv. 241740); in altro
caso ancora era stato ritenuto sussistente un concorso esterno in
caso di soggetto istigatore e beneficiario delle operazioni (Sez. 5,
Sentenza n. 11624 del 08/02/2012, Rv. 252315), ma nel caso
oggi in esame la banca non era beneficiaria del contratto di affitto,
né vi è prova che abbia istigato i soggetti che avevano il controllo
del gruppo alla realizzazione del contratto di affitto di azienda (la
cui funzione primaria, lo si ricorda, era quella di consentire ai
Dalle Carbonare di conservare il controllo sulle uniche unità
produttive di un certo rilievo e suscettibili di risanamento).
17.

In tale situazione, in conclusione, andava provato con

rigore il comportamento concreto tenuto dai singoli imputati o da
15

oggetto di parziale distrazione.

gruppi uniformi di essi, non essendo sufficiente (ed altresì in parte
persino inconferente) la diffusa motivazione sul generico ruolo di
osservazione e sul tentativo di risanamento svolto dal pool di
banche, nella consapevolezza del grave stato di crisi in cui
versava il gruppo industriale (nulla di più emerge dai verbali
riportati alle pagine 192 e seguenti della sentenza). Si tratta di
elementi in gran parte evidenti e fondamentalmente non
apportano alla concreta individuazione delle responsabilità per il
fatto specifico contestato al capo 21-ter.
18.

A tutto concedere, dalla sentenza impugnata emerge

nulla più che una presa d’atto, un consenso di fatto, da parte delle
banche, alla volontà della famiglia Dalle Carbonare di mantenere il
controllo di alcuni apparati produttivi, attraverso un’operazione
contrattuale di indubbio significato; ma può questa semplice
“acquiescenza”, questa inerzia (anche ammesso che le banche,
impuntandosi, avrebbero potuto influire sulla decisione dei Dalle
Carbonare) rilevare sotto il profilo penalistico del concorso esterno
in un reato proprio, a fronte di una decisione presa da un soggetto
terzo in autonomia? La risposta non può che essere negativa,
conseguendone diversamente la responsabilità penale di ogni
soggetto che, attivandosi presso gli amministratori della società
poi fallita, avrebbe potuto ipoteticamente convincerli a non
realizzare quell’operazione
19.

In conclusione, dalla motivazione della sentenza

emerge per tutti gli imputati una responsabilità a titolo di
concorso omissivo; non viene individuata, infatti, in modo
esplicito, una condotta commissiva di alcuno di essi e, d’altronde,
ogni banca avrebbe dovuto avere almeno un proprio dirigente
coinvolto in concorso attivo nella causazione della bancarotta
(giacchè ogni amministratore inerte può rispondere solo per ciò
che è stato deliberato all’interno del singolo ente).
20.

Si deve, conclusivamente, ritenere che gli imputati

non hanno commesso il fatto loro addebitato per impossibilità

16

contestati, ma che nulla più di un fumus, del tutto insufficiente,

giuridica di configurare un concorso omissivo dell’amministratore
in relazione ad operazioni deliberate da società terze.
21.

Le considerazioni che precedono risultano assorbenti

con riferimento a tutti gli altri motivi di ricorso proposti dagli
imputati, per quanto già esposto in apertura, tranne che per le
doglianze relative alla declaratoria di prescrizione per i reati di cui
ai capi 20 e 21 bis; i ricorrenti hanno sostenuto che per tali fatti vi

non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è
previsto dalla legge come reato, per cui doveva pronunciarsi
formula assolutoria nel merito.
22.

Tali

sono

censure

infondate.

Va

detto,

preliminarmente, che è inammissibile il ricorso per cassazione che
deduca il difetto di motivazione della sentenza dichiarativa
dell’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, in quanto
l’inevitabile declaratoria di estinzione anche da parte del giudice
del rinvio preclude che l’impugnata sentenza possa essere
annullata con rinvio (Sez. 6, n. 40570 del 29/05/2008 – dep.
30/10/2008, Di Venere, Rv. 241317). Si deve, poi, ricordare che
questa suprema Corte (Cass., sez. 4, 5 giugno 1992-15 febbraio
1993, n. 1340, CED 193033; S.U. 21 ottobre 1992-22 febbraio
1993, n. 1653, Marino, CED 192465; Cass., Sez. 6, 7-31 marzo
2003, n. 15125, CED 225635) ha stabilito che in presenza di una
causa di estinzione del reato non sono rilevabili in cassazione vizi
di motivazione della sentenza, perché l’inevitabile rinvio della
causa all’esame dei giudice di merito dopo la pronuncia di
annullamento è incompatibile con l’obbligo della immediata
declaratoria di proscioglimento per l’intervenuta estinzione del
reato, stabilito dall’art. 129 c.p.p., comma 1. Le predette
considerazioni valgono anche per le nullità processuali (Sez. 6, n.
21459 del 26/03/2008 – dep. 28/05/2008, Pedrazzini, Rv.
240066; conf. Sez. 5, n. 39217 del 11/07/2008 – dep.
20/10/2008, Crippa, Rv. 242326) e per le violazioni di legge che
non comportino l’assoluzione con formula piena dell’imputato (cfr.

17

fosse evidenza della prova che il fatto non sussiste, che l’imputato

Sez. 5, n. 39401 del 18/09/2008 – dep. 21/10/2008, Pannofino e
altri, Rv. 241734).
23.

Nel caso di specie, la Corte d’appello ha correttamente

ritenuto che non ricorressero i presupposti per una pronuncia
assolutoria ex art. 129 c.p.p., comma 2, perché, tenuto conto di
quanto emerge a carico degli imputati dalla motivazione delle due
sentenze, non risulta affatto evidente la estraneità degli stessi ai
25/08/2011, Agulli e altri, Rv. 250907); in ogni caso, non va
dimenticato che le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del
fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la
sua rilevanza penale devono emergere dagli atti in modo
assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il
giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di
“constatazione”, ossia di percezione “ictu oculi”, che a quello di
“apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità
di accertamento o di approfondimento (Sez. U, n. 35490 del
28/05/2009 – dep. 15/09/2009, Tettamanti, Rv. 244274); la
“evidenza” richiesta dall’art. 129, comma secondo, cod proc.
pen., presuppone, infatti, la manifestazione di una verità
processuale così chiara, manifesta ed obiettiva da rendere
superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi in qualcosa di più
di quanto la legge richiede per l’assoluzione ampia (Sez. 2, n.
9174 del 19/02/2008 – dep. 29/02/2008, Palladini, Rv. 239552).
24.

Va, dunque, confermata la sentenza di appello nella

parte in cui dichiara l’estinzione dei reati di cui ai capi 20 e 21-bis
per prescrizione. D’altronde, ove gli imputati avessero voluto un
controllo più penetrante nel merito, ai fini della assoluzione, ben
avrebbero potuto rinunciare alla prescrizione; scelta per la quale
hanno ritenuto di non optare, evidentemente per i margini di
dubbio che anche questa Corte rileva e che giustificano la
mancata declaratoria di proscioglimento nel merito. Ne consegue
che, per tali aspetti, i ricorsi devono essere respinti.
25.

In conseguenza di quanto sopra affermato, la

sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei
18

fatti contestati (Sez. 6, n. 32872 del 04/07/2011 – dep.

confronti di tutti i ricorrenti per non aver essi commesso il fatto
addebitato al capo 21-ter, mentre vanno rigettati i motivi relativi
ai capi 20 e 21-bis, restando le altre censure assorbite.

p.q.m.

Annulla la impugnata sentenza senza rinvio nei confronti di

capo 21-ter della imputazione. Rigetta i ricorsi nel resto.
Così deciso il 28/11/2012

tutti i ricorrenti per non aver essi commesso il fatto addebitato al

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