Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7552 del 19/01/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 7552 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: MANZON ENRICO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Manganaro Rocco nato a Supersano il 08/03/1953
avverso la ordinanza del 12/11/2013 della Corte d’appello di Milano
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Enrico Manzon;
letta la requisitoria del PG che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 12 novembre 2013 la Corte d’appello di Milano
dichiarava inammissibile l’appello proposto da Manganaro Rocco contro la
sentenza in data 4 maggio 2010 con la quale il Tribunale di Monza-Desio lo
aveva condannato alla pena di mesi sei di reclusione per il reato di cui all’art. 5,
d.lgs. n. 74/2000. Rilevava la Corte territoriale che il gravame non possedesse i
requisiti necessari per poterlo considerare conforme al modello legale di
impugnazione, particolarmente sotto il profilo della indispensabile specificità delle
censure proposte e che ciò impedisse alcuna valutazione circa l’estizione per
prescrizione del reato ascritto all’appellante.
2. Avverso il provvedimento ha personalmente proposto ricorso per
cassazione il Manganaro deducendo due motivi di ricorso.
2.1 Con un primo motivo si duole di vizio motivazionale asserendo la “mera
apparenza” di motivazione dell’ordinanza impugnata, con ampia citazione di
precedenti di legittimità.

Data Udienza: 19/01/2016

2.2 Con un secondo motivo lamenta vizio motivazionale in relazione alle
questioni poste con l’appello, con specifico riguardo alla sussistenza
dell’elemento soggettivo del reato ascrittogli.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
2. Le due censure proposte non sono altro che una rassegna, più o meno
pertinente, di precedenti di legittimità, ma senza alcuna specifica correlazione

carenza di specificità dei motivi (Così,

ex multis,

Sez. 2, n. 11951 del

29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425).
3. Si deve comunque per altro verso osservare che i motivi dedotti sono
comunque da considerarsi manifestamente infondati. E’ infatti palese dalla
lettura dei motivi di appello come gli stessi fossero ugualmente viziati per
mancanza assoluta di specificità e per la completa assertività, addirittura
probabilistica, della tesi difensiva circa l’incarico conferito ad un commercialista
(mai identificato) al fine del deposito delle dichiarazioni fiscali la cui omissione è
oggetto del presente processo. Nondimeno apodittiche risulta peraltro anche la
censura di appello in punto trattamento sanzionatorio disposto dal primo giudice.
Del tutto correttamente quindi la Corte d’appello di Milano ne ha tratto le
conseguenze giuridico processuali pronunciando l’ordinanza impugnata.
4. E’ consolidata la giurisprudenza di legittimità secondo la quale la rilevata
inammissibilità prima dell’appello e poi del ricorso per cassazione impediscano
una valida costituzione del rapporto processuale nei rispettivi gradi di
impugnazione e quindi inibiscono, tra le altre, la declaratoria di prescrizione del
reato (così, da ultimo, tra le molte, Sez. 3, n. 28848 del 08/05/2013, Ciaffoni,
Rv. 256463).
5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso conseguono la condanna al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.0000,00 in favore
della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 19/01/2016

con la motivazione della ordinanza impugnata. Ciò vizia fatalmente il ricorso per

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