Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7550 del 19/01/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 7550 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: DE MASI ORONZO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

MAGON GIOVANNI, nato a Teolo il 20/11/1952

avverso la ordinanza in data 15/5/2015 del Tribunale del Riesame di Venezia;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Oronzo De Masi;
udito il pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paolo Canevelli, che
ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
udito il difensore, avv. Maurizio Conti, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 19/01/2016

RITENUTO IN FATTO

Il Tribunale di Venezia, con ordinanza del 15/5/2015, ha rigettato la richiesta di riesame
proposta da MAGON GIOVANNI, legale rappresentante della Italpol R.E. s.r.I., indagato del
reato p. e p. dall’art. 10 ter D. Lgs n. 74 del 2000, in relazione all’omesso versamento del
tributo IVA per l’anno 2012, per un ammontare di

euro 1.338.731,00, avverso il

provvedimento di sequestro preventivo emesso dal G.i.p. del medesimo Tribunale in data 8-

dell’autore materiale del reato, sino alla concorrenza del valore del debito tributario.
Il ricorrente, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione chiedendo
l’annullamento del provvedimento, per il seguente motivo:
Violazione di legge ex art. 321, comma 2, c.p.p., in relazione agli artt. 322 c.p. e 1, comma
143, L. 24/12/2007 n. 244, in ordine alla sussistenza del periculum in mora, avendo l’indagato
richiesto ed ottenuto, alcuni mesi prima dell’adozione della misura cautelare reale,
rateizzazione del debito e cominciato

ad effettuare,

alle scadenze,

i

la

contemplati

versamenti.
Nel motivo di doglianza si evidenzia come il percorso solutorio delle pendenze con l’Erario, tipizzato dal
legislatore D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 60, sarebbe frustrato dal sequestro in atto e si

richiama la

giurisprudenza di questa Corte secondo cui la necessità della ricorrenza del requisito in
oggetto sussiste anche nel caso di sequestro preventivo finalizzato alla futura confisca per
equivalente, conclusione imposta in ogni caso da una lettura costituzionalmente orientata
delle disposizioni che regolano il sistema delle cautele.
Con memoria difensiva ex art. 611 c.p.p. depositata il 4/1/1016, il ricorrente espone ulteriori
argomenti a sostegno della richiesta di annullamento della impugnata ordinanza,
richiamandosi alle novità normative introdotte dal D.Lgs 24/9/2015 n. 158 e segnatamente
alla circostanza che l’art. 12 bis, comma 2, del D.Lgs n. 74 del 2000, fa riferimento, ai fini di
escludere la confisca anche in presenza di un sequestro, non già all’effettivo versamento, ma al
semplice impegno a versare all’erario da parte del contribuente, che opera quale causa di non
punibilità o circostanza attenuante, nonché al principio del

ne bis in idem

ed alla

giurisprudenza CEDU.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso va accolto nei limiti e per le ragioni di seguito esposti.
Deve, preliminarmente ricordarsi, che in sede di ricorso per cassazione proposto avverso
provvedimenti cautelari reali, l’art. 325 c.p.p., ammette il sindacato di legittimità solo per
motivi attinenti alla violazione di legge.
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9/4/2015, ex artt. 321 e 322 ter c.p.p., sulle disponibilità liquide della società, e sui beni

Nella nozione di “violazione di legge” rientrano, in particolare, la mancanza assoluta di
motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate
all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, la quale può
denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso
di cui all’art. 606 c.p.p., lett. e) (per tutte, Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, P.C. Ferazzi in
proc.Bevilacqua, Rv. 226710; Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino S., Rv. 224611).
Tanto premesso sui limiti del sindacato di questa Corte, va disattesa la censura difensiva
concernente la sussistenza del

periculum in mora, ritenuto dal Tribunale accertamento non

secondo cui, In caso di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, spetta al
giudice il solo compito di verificare che i beni rientrino nelle categorie delle cose
oggettivamente suscettibili di confisca, essendo, invece, irrilevante sia la valutazione del
periculum, che attiene ai requisiti del sequestro preventivo impeditivo di cui all’art. 321 comma
primo c. p. p., sia quella inerente alla pertinenzialità dei beni ( Sez. 3, n. 20887 del 15/4/2015,
Rv. 263408, Sez. 2, n. 31229 del 26/6/2014, Rv. 260367).
Come infatti più volte già affermato da questa Corte, il sequestro disposto “ex” art. 322 ter
c.p., a differenza del sequestro preventivo di cu, all’art. 321 c.p.p., comma 2, ha ad oggetto
l’equivalente del profitto del reato e quindi anche cose che non hanno rapporti con la
pericolosità individuale del soggetto, e non sono collegate con il singolo reato; in tal caso il
“periculum” coincide con la confiscabilità del bene (Sez. 2, n. 1454 dell’ 11/12/2007, dep.
11/01/2008, Rv. 239433).
Il ricorrente ha poi censurato la decisione pronunciata dal Giudice del riesame, sotto il profilo
della violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b), perchè nel valutare la prodotta documentazione
difensiva, non avrebbe adeguatamente valutato quanto dedotto in relazione all’effetto
solutorio del debito tributario, in relazione alla contestazione di omesso versamento dell’IVA
per il periodo d’imposta sopra indicato, derivante dall’accordo di rateizzazione con l’Agenzia
delle Entrate e dal versamento dei relativi ratei scaduti, come attestato dalle quietanze,
atteso che il Collegio della cautela ne aveva negato la rilevanza, ritenendo che tale
documentazione non costituisse prova dell’adempimento da parte del contribuente dell’imposta
evasa.
Secondo l’orientamento ribadito anche di recente da questa Corte di legittimità, il sequestro
preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto del reato, corrispondente
all’ammontare dell’imposta evasa, può essere legittimamente mantenuto fino a quando
permane l’indebito arricchimento derivante dall’azione illecita, che cessa con l’adempimento
dell’obbligazione tributaria (Sez. 3, n. 20887 del 15/4/2015, Rv. 263408, Sez. 3, n. 46726 del
12/07/2012, Rv. 253851, Sez. 3, n. 10120 del 01/12/2010 – dep. 11/03/2011, Rv. 249752)
E’ stato evidenziato come la ratio legis contenuta nelle norme che prevedono il sequestro e la
confisca per equivalente nei reati tributari, imponga di ritenere che solo l’adempimento
completo dell’obbligazione tributaria faccia venir meno la ragione giustificativa della misura
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rilevante, in quanto la decisione è perfettamente in linea con la giurisprudenza di legittimità

ablatoria, non rilevando quindi ai fini della revoca della misura la mera rateizzazione del
pagamento (che rileva sul piano amministrativo – tributario determinando la sospensione della
procedura esecutiva di recupero), non essendo questa un’ipotesi equiparata all’adempimento.
Tuttavia, come si rileva dalla lettura della citata sentenza 46726/2012, se è ben vero che il
mantenimento della misura ablativa è giustificato fino al momento in cui si realizza il recupero
completo delle imposte evase a favore dell’amministrazione finanziaria, con corrispondente

deminutio del patrimonio personale del contribuente (momento superato il quale non ha più
ragione di essere mantenuto in vita il sequestro preventivo), è altrettanto innegabile che il

finanziaria non possa esplicare i suoi effetti soltanto nel limitato campo amministrativo,
dovendosene estendere la portata anche nel campo penale, finendo necessariamente per
incidere sul quantum della somma sequestrata per equivalente, in relazione al profitto derivato
dal mancato pagamento dell’imposta evasa.
Il mantenimento del sequestro preventivo in vista della confisca nel suo quantum iniziale,
nonostante il pagamento – sebbene parziale – del debito erariale, darebbe luogo ad una
inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto col principio che l’espropriazione
definitiva di un bene non può mai essere superiore al profitto derivato (Sez. 3, n. 3260 del
4/4/2012 – dep. il 22/1/2013, Rv. 254679).
E’ appena il ca90 di ricordare che, per analoghe ragioni, questa Corte ha concluso che il
sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto corrispondente
all’imposta evasa non possa essere mantenuto qualora, a seguito di procedura coattiva di
pignoramento presso terzi, intrapresa dall’agente della riscossione D.P.R. n. 602 del 1973, ex
art. 72 bis, il debito di imposta sia stato integralmente adempiuto dal terzo debitore in luogo
del contribuente effettivamente obbligato verso l’Amministrazione finanziaria, posto che, per
effetto di questa operazione solutoria, non residua all’indagato alcun indebito arricchimento o
vantaggio economico conseguito dall’azione delittuosa (Sez. 3, n. 6635 dell’ 8/1/2014, Rv.
258904).
Ne discende dunque che man mano che pagherà le rate concordate, il MAGON potrà
richiedere al giudice della cautela di ridurgli l’importo del sequestro in atto, cosa che il
Tribunale del Riesame di Venezia non ha ritenuto di fare.
L’ordinanza impugnata dev’essere pertanto annullata con rinvio al Giudice del riesame che, nel
rideterminare l’entità della somma sequestrabile per equivalente – accertamento di fatto non
operabile in sede di legittimità – si atterrà a quanto affermato da questa Corte.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla rideterminazione dell’entità della somma
sequestrabile e rinvia al Tribunale di Venezia. Rigetta nel resto il ricorso.

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raggiungimento di un accordo per la rateizzazione del debito tributario con l’Amministrazione

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2016.

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