Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7549 del 24/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 7549 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CERVADORO MIRELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PERRERA DANILO CLAUDIO N. IL 25/08/1947
avverso la sentenza n. 3897/2012 CORTE APPELLO di GENOVA, del
13/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MIRELLA CERVADORO

Data Udienza: 24/10/2013

Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, nella persona del
dr.Carmine Stabile, il quale ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio

della sentenza per intervenuta prescrizione.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 13.5.2013, la Corte d’Appello di Genova confermava
la decisione di primo grado che aveva condannato Perrera Danilo Claudio
alla pena di mesi nove di reclusione e € 800,00 di multa per il reato di
appropriazione indebita aggravata.
Ricorre per cassazione l’imputato, deducendo: 1) la violazione
dell’art.606 lett. e) c.p.p., per mancanza e manifesta illogicità della
motivazione, in ordine al giudizio di responsabilità; 2) la violazione
dell’art.606 lett.b) c.p.p. per errata interpretazione della legge penale in
relazione all’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, unica teste,
non potuta ascoltare in dibattimento in quanto deceduta.
Chiede pertanto l’annullamento della sentenza.

Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto vizio di motivazione in
ordine alla ritenuta responsabilità attesa la illogicità di alcune
argomentazioni al riguardo sviluppate. La censura è del tutto inammissibile
posto che vengono mosse non già precise contestazioni di illogicità
argomentativa, ma solo doglianze di merito, non condividendosi dal
ricorrente le conclusioni attinte ed anzi proponendosi versioni più persuasive
di quelle dispiegate nella sentenza impugnata. Con il secondo motivo si è
prospettata la violazione del diritto alla prova, avendo omesso la Corte di
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vagliare con attenzione le dichiarazioni della parte offesa, unica teste. In
sostanza, il ricorrente si duole del fatto che i giudici di merito abbiano
ritenuto la penale responsabilità dell’imputato per il reato di appropriazione
indebita, nonostante i dubbi residuati a seguito dell’istruttoria dibattimentale
nel corso della quale non si è potuto procedere all’esame della parte offesa,
nelle more deceduta, e alla circostanza che non vi è alcuna prova che

dimostri che i soldi consegnati dalla parte offesa all’imputato fossero
destinati, quantomeno in via esclusiva, alla stipula della polizza denominata
“Fondo Norwich” o piuttosto ad altro genere di investimento. E pertanto non
si comprende il motivo per cui sia stata ritenuta “inverosimile” la versione,
fornita dall’imputato nel corso dell’interrogatorio avanti alla polizia
giudiziaria, circa la destinazione delle somme e al fatto che le stesse non
poterono essere restituite in quanto oggetto di sfavorevoli investimenti
borsistici presso il Credito Italiano ove possedeva un conto titoli, e non
potute recuperare attraverso altri investimenti. Le doglianze sono prive di
consistenza. La Corte di merito ha puntualmente indicato le ragioni per cui
non vi è motivo alcuno per non ritenere attendibile la parte offesa. È il caso
di aggiungere che la sentenza impugnata va necessariamente integrata con
quella, conforme nella ricostruzione dei fatti, di primo grado, derivandone
che i giudici di merito hanno spiegato, in maniera adeguata e logica, le
risultanze confluenti nella certezza della responsabilità dell’imputato per il
reato di appropriazione indebita aggravata, evidenziando che, fatta salva la
mancata produzione di documentazione relativa all’investimento originario
a lei prospettato dal Perrera, la parte offesa si è sempre dimostrata assai
precisa nella ricostruzione degli eventi di causa, provando “per tabulas”
l’entità sia degli versamenti iniziali da lei effettuati, sia di quelli ricevuti fino
al 2003. Quanto all’imputato, egli nel corso dell’interrogatorio avanti alla
polizia giudiziaria si è limitato a parlare di investimenti borsistici, senza però
fornire alcuna prova nonostante avesse un conto titoli presso l’Unicredit. Dal
2006 il Perrera ha interrotto qualsivoglia comunicazione con la parte offesa,
rifiutando la richiesta restituzione delle somme. E contro tali valutazioni
sono dal motivo in esame formulate mere contestazioni di veridicità, in u
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impensabile tentativo di ottenere da questa Corte di legittimità un revisione
di merito delle valutazioni stesse.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché –

determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della
Cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata
in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Cos’ à “berato, il 24.10.2013.
Il on gliere estensore
a Cerva ro

ravvisandosi profili di colpa (v .Corte Cost. sent.n.186/ 2000), nella

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