Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7546 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 7546 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: FRANCO AMEDEO

SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Lecce, DDA;
avverso l’ordinanza emessa il 9 luglio 2013 dal tribunale del riesame di
Lecce nei confronti di Bello Gianni, nato a Taranto il 3.6.1978;
udita nella udienza in camera di consiglio del 28 gennaio 2014 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Gabriele Mazzotta, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. Salvatore Maggio;
Svolgimento de/processo
Con ordinanza del 12 giugno 2013 il Gip del tribunale di Lecce dispose la
misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di Bello Gianni, in riferimento ad un reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309 del 1990 (capo Ld), per una
cessione di Kg. 4 di sostanza stupefacente tipo hashish.
Il tribunale del riesame di Lecce, con l’ordinanza in epigrafe, confermò
l’ordinanza del Gip in ordine alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza ed
alla presenza della esigenza cautelare data dal pericolo di reiterazione di reati
della stessa specie. Dispose invece la sostituzione della misura cautelare della
custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari, perché allo stato nulla
consentiva di formulare una prognosi negativa sulla futura inosservanza delle
prescrizioni inerenti agli arresti domiciliari.
Il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Lecce propone ricorso per cassazione avverso la detta ordinanza nella parte in cui dispone la sostituzione della custodia cautelare in carcere, deducendo mancanza o manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 275 cod. proc. pen. In particolare
iy”

Data Udienza: 28/01/2014

osserva l’indagato è gravato due precedenti specifici e che è irrilevante il fatto
che le condotte illecite sono state commesse al di fuori dell’abitazione. Si tratta
di una considerazione assai debole logicamente. Secondo il ricorrente la misura
cautelare in carcere era l’unica adeguata in considerazione della recidiva specifica, del grave fatto in contestazione, dell’inserimento in circuiti criminali con
interazioni con altri gruppi delinquenziali.
Motivi della decisione
Il ricorso si risolve in una censura in punto di fatto della decisione impugnata, con la quale si richiede una nuova e diversa valutazione delle risultanze
processuali riservata al giudice del merito e non consentita in questa sede di legittimità, ed è comunque manifestamente infondato.
Innanzitutto, i motivi di ricorso appaiono per lo più diretti ad affermare la
sussistenza del pericolo di reiterazione di reati della stessa specie, e quindi la
sussistenza dell’esigenza cautelare (che non è in discussione in questa sede),
piuttosto che a specificare i motivi per i quali nella specie la misura detentiva
degli arresti domiciliari sarebbe inadeguata. In ogni caso, il tribunale del riesame ha fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione sulle ragioni per le
quali ha ritenuto non necessaria la custodia cautelare in carcere ed adeguata la
detenzione domiciliare, osservando: – che l’indagato, sebbene non incensurato,
aveva precedenti penali specifici, ma risalenti nel tempo; – che le condotte illecite erano state poste in essere dall’indagato fuori dalla propria dimora; – soprattutto, che nulla consentiva, allo stato, di formulare una prognosi negativa
sulla futura osservanza, da parte del medesimo, delle prescrizioni inerenti alla
misura degli arresti domiciliari.
Quest’ultima, decisiva, osservazione, del resto, non è stata fatto oggetto di
specifica censura nel ricorso del PM.
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso del PM.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 28
gennaio 2014.

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