Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7543 del 15/12/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 7543 Anno 2016
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: SOCCI ANGELO MATTEO

Data Udienza: 15/12/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LISA ANTONINO N. IL 20/01/1988
avverso la sentenza n. 1467/2012 TRIBUNALE di MESSINA, del
26/11/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/12/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO MATTEO SOCCI
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RITENUTO IN FATTO

1.

Il tribunale di Messina con sentenza del 26 novembre 2014

condannava Lisa Antonino per il reato di cui all’art. 659 del cod. pen. alla pena di
C 300,00 di ammenda oltre alle spese processuali.
2. La Corte di appello di Messina trasmetteva alla Corte di Cassazione

Lisa Antonio proponeva appello (come sopra visto, ex art 568 cod. proc.
pen., trasmesso a questa Corte) tramite il difensore, deducendo i motivi di
seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come
disposto dall’art. 173, comma1, disp. att., c.p.p. 2. 1. Erronea applicazione della
legge penale in ord
2. 1. Violazione dell’art. 606, comma 1, lettera B, C, ed E del cod. proc.
pen., in relazione all’ad 659 del cod. pen.
Il giudicante non descrive adeguatamente l’iter logico attraverso il quale
giunge alle conclusioni; infatti risultano indeterminate le persone ed indimostrata
la concreta idoneità potenziale alla lesione del bene giuridico protetto dalla
norma.
Mancano denunce da parte dei residenti, e mancano accertamenti
strumentali del rumore. In corso dell’istruttoria veniva escusso un solo
carabiniere, Puliafito, nonostante le richieste della difesa di sentire anche l’altro
agente operante, Garofalo. La mancata assunzione della prova testimoniale
configura una violazione di legge.
Ha chiesto quindi l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3.

L’impugnazione è inammissibile per manifesta infondatezza dei

motivi.
Il ricorrente è stato fermato in ore serali dalla polizia giudiziaria che ha
provveduto al sequestro dell’impianto stereo, montato sull’autovettura, costituito
da tre amplificatori, uno da 1500 Watts e due da 200 Watts. Egli transitava sulla

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l’atto di appello ai sensi dell’ad 568, comma 5, del cod. proc. pen.

strada pubblica con alto volume dello stereo, comportamento potenzialmente
idoneo a disturbare il riposo e le occupazioni delle persone.
In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone,
l’effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero
indeterminato di persone costituisce un accertamento di fatto rimesso
all’apprezzamento del giudice di merito, il quale non è tenuto a basarsi
esclusivamente sull’espletamento di specifiche indagini tecniche, ben potendo
fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori in grado di

disturbo della pubblica quiete. (Fattispecie in cui l’intensità delle emissioni sonore
è stata ricostruita mediante la deposizione dei testimoni, i quali avevano riferito
di non riuscire a seguire i programmi televisivi). (Sez. 3, n. 11031 del
05/02/2015 – dep. 16/03/2015, Montoli e altro, Rv. 263433).
Nel nostro caso l’accertamento è avvenuto con l’escussione di un
agente di polizia giudiziaria, verbalizzante, e con il sequestro dell’impianto, di
elevata potenza sonora; inoltre nella motivazione, esauriente e non
contraddittoria, non si rinvengono manifeste illogicità.
La mancata assunzione dell’altro agente di polizia giudiziaria (Garofalo)
non è rilevante, perché non è dimostrata nel ricorso la sua decisìvità ai fini di un
giudizio diverso; infatti egli ha fatto gli stessi accertamenti e verbalizzato
unitamente all’agente escusso in udienza.
Deve ritenersi “decisiva”, secondo la previsione dell’art. 606 lett. d) cod.
proc. pen., la prova che, confrontata con le argomentazioni contenute nella
motivazione, si riveli tale da dimostrare che, ove esperita, avrebbe sicuramente
determinato una diversa pronuncia; ovvero quella che, non assunta o non
valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante. (Sez. 4, n. 6783
del 23/01/2014 – dep. 12/02/2014, Di Meglio, Rv. 259323).
Alla dichiarazione di inammissibilità derivano la condanna alle spese e la
condanna al pagamento in favore della cassa delle ammende di C 1.000,00.

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dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.

Così deciso il 15/12/2015

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