Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7524 del 12/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 7524 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
– PINNA FRANCO n. 19/04/1972 a NURRI

avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di CAGLIARI in data 28/06/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Vito D’Ambrosio che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udite le conclusioni dell’Avv.

Data Udienza: 12/12/2013

RITENUTO IN FATTO
a

1. Con ordinanza del 28/06/2013, depositata in data 2/07/2013, il Tribunale del
riesame di CAGLIARI, decidendo sulla richiesta di riesame promossa dall’odierno
ricorrente, accoglieva parzialmente (revocando il sequestro di una tessera
Bancoposta, di una tessera Bancomat e di un assegno bancario di 600,00 euro,

avverso il decreto di perquisizione locale e personale emesso dal PM distrettuale
antimafia presso il Tribunale di CAGLIARI in data 29/05/2013, ed eseguito dalla
PG il successivo 10/06/2013, nei confronti del ricorrente in quanto indagato del
reato di cui agli artt. 73, d.P.R. n. 309/1990.

2. Ha proposto tempestivo ricorso l’indagato a mezzo del difensore – procuratore
speciale cassazionista, impugnando la predetta ordinanza e deducendo un unico
motivo di ricorso, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la
motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce il ricorrente, con tale unico motivo, l’inosservanza e/o erronea
applicazione dell’art. 253 c.p.p., in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b),
c.p.p. nonché il vizio di mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione
risultante dal testo del provvedimento impugnato ex art. 606, lett. e), c.p.p.
In sintesi, si duole il ricorrente per aver il tribunale qualificato il sequestro ai
sensi dell’art. 252 c.p.p., ciò in quanto il sequestro della somma di denaro non
poteva essere qualificato come probatorio, non trattandosi né di somma
costituente corpo del reato (in particolare, della somma di cui si parlerebbe in
una conversazione registrata il 30/12/2012 tra Graziano Mesina ed il nipote
Giuseppe), né costituisce cosa pertinente al reato di traffico di sostanze
stupefacenti, come dimostrerebbe la circostanza che lo stesso PM nella parte
motiva del decreto non risulta aver indicato le somme di denaro. Inoltre, a
giudizio della difesa, il PM avrebbe dovuto convalidare il sequestro eseguito
d’iniziativa dalla PG del denaro rinvenuto all’esito della perquisizione ex art. 321
c.p.p.
Conclusivamente, dunque, l’omessa motivazione delle ragioni che in concreto
giustificano la necessità di trattenere il bene per l’accertamento dei fatti o,
comunque, l’iter motivazionale, definito sconclusionato ed incoerente (da un lato,
dissequestro dell’assegno, dall’altro mantenimento in sequestro della somma di
denaro), vizierebbero la motivazione del provvedimento impugnato.

2

il

rigettando nel resto) l’istanza di riesame proposta nell’interesse dell’indagato

Ulteriore profilo di doglianza investe, poi, la decisione dell’ordinanza impugnata
di non aver disposto l’acquisizione della documentazione sequestrata, con
violazione del diritto di difesa, avendo il tribunale motivato il rigetto in quanto la
richiesta difensiva non appariva coerente con il mezzo di impugnazione prescelto
e con i tempi ed i contenuti del relativo procedimento.

3. Il ricorso dev’essere rigettato per le ragioni di seguito esposte.

4.

Deve, preliminarmente ricordarsi, che in sede di ricorso per cassazione

proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l’art. 325 cod. proc. pen.
ammette il sindacato di legittimità solo per motivi attinenti alla violazione di
legge. Nella nozione di “violazione di legge” rientrano, in particolare, la
mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente
apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma
non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità
soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e)
dell’art. 606 stesso codice (v., per tutte: Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004 – dep.
13/02/2004, P.C. Ferazzi in proc.Bevilacqua, Rv. 226710; Sez. U, n. 25080 del
28/05/2003 – dep. 10/06/2003, Pellegrino S., Rv. 224611).

5. Tanto premesso sui limiti del sindacato di questa Corte, ritiene il Collegio che,
sono inammissibili le censure mosse dal ricorrente al provvedimento impugnato
in cui si contesta il vizio di mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione
risultante dal testo del provvedimento impugnato ex art. 606, lett. e), c.p.p., in
quanto osta alla valutazione del vizio motivazionale – salve le eccezioni indicate
(peraltro non ravvisate nell’esame del provvedimento impugnato, non affetto né
da mancanza assoluta di motivazione né potendo quest’ultima qualificarsi come
meramente apparente) – da parte di questo Collegio la previsione normativa
dettata dall’art. 325 cod. proc. pen.
Residua, pertanto, da valutare la doglianza, espressa dal ricorrente, circa
l’asserita sussistenza del vizio di violazione di legge.

6. Ritiene il Collegio che l’impugnato provvedimento non presenta il denunciato
vizio. Ed invero, è sufficiente esaminare l’ordinanza del tribunale cagliaritano per
rilevare l’infondatezza del motivo di ricorso.

3

CONSIDERATO IN DIRITTO

Nell’esporre le ragioni per le quali il collegio del riesame ha deciso di accogliere
parzialmente l’istanza del ricorrente, infatti, viene chiarito il motivo per cui il
tribunale non ha ritenuto di disporre il dissequestro del denaro sequestrato al
Pinna. Si legge, infatti, che il denaro rinvenuto al Pinna, oggetto del sequestro
probatorio, astrattamente può costituire frutto dell’attività illecita da questi
svolta, come emerge dalla conversazione intercettata il 30/12/2012; che,

inchiostro del tipo di quello automaticamente sversato sulle banconote
trasportate dai portavalori in caso di rapina; che, ancora, la circostanza che tra
le banconote sequestrate ve ne siano ben otto del taglio massimo in circolazione
(C 500), inconsueto, impone accertamenti volti all’individuazione dell’origine
delle somme e delle banconote.
Se, poi, si analizza il provvedimento genetico (decreto di sequestro
probatorio disposto dal PM), si nota come il pubblico ministero abbia, nel
disporre la perquisizione, ordinato anche il sequestro ex art. 253 cod. proc. pen.
“di quanto rinvenuto (corpo di reato; cose pertinenti al reato) ed in ogni caso
ritenuto utile ai fini delle indagini..”, tenuto conto che si procede per l’art. 73,
d.P.R. n. 309/1990. Ed infatti non richiede convalida ex art. 355 cod. proc. pen.
il sequestro probatorio di una somma di denaro eseguito dalla P.G. ove il P.M.
rispetto alla generica dizione “quanto rinvenuto” utilizzata nel provvedimento
genetico, si sia riferito ad un genere di cose che presentino determinate
caratteristiche come “ogni altra cosa pertinente ai reati per i quali si procede e
rilevante per la loro prova”, formula che, in questo caso, ha valenza di
indicazione specifica in riferimento al tipo di reato per cui si procede
(diversamente, nel caso in cui non si fosse trattato di denaro, il provvedimento
avrebbe dovuto essere convalidato, v., in tal senso: Sez. 5, n. 43282 del
17/10/2008 – dep. 19/11/2008, Vastola e altro, Rv. 241727).
In tal senso, infatti, questa Corte ha già più volte affermato che è
legittimo il provvedimento con il quale il Tribunale del riesame rigetta il ricorso
proposto contro il sequestro probatorio di una somma di denaro (avvenuto, a
seguito di perquisizione, in un’indagine concernente il reato di traffico di
stupefacenti) posto che nella nozione di “corpo del reato”, con riferimento ad
un’attività di spaccio di droga, rientra anche il denaro che può costituire prodotto
o profitto di tale crimine; e posto altresì che, essendo il sequestro probatorio
mezzo di ricerca della prova, è sufficiente che esso si fondi sul “fumus” della
sussistenza del reato e del rapporto di pertinenza del bene oggetto del vincolo
(v., tra le tante: Sez. 4, n. 12137 del 04/04/2003 – dep. 13/03/2004, Nicotra,
Rv. 227897). In ogni caso, essendo contestato al Pinna il concorso nell’attività di
4
il

ancora, tra le banconote sequestrate al ricorrente ve n’è una macchiata di

spaccio di sostanza stupefacente, si aggiunge, la stessa giurisprudenza di
legittimità, afferma che nella categoria dei beni pertinenti al reato necessari per
l’accertamento dello spaccio di stupefacenti, e perciò sottoposti a sequestro,
rientrano anche le somme di danaro, che, pur derivando in quanto prodotto o
profitto da un’attività illecita pregressa e già perfezionatasi, sono funzionali a
dimostrare la destinazione al commercio della droga sequestrata (giurisprudenza

Toracca, Rv. 210988; difforme, l’isolata Sez. 6, n. 19771 del 09/04/2009 – dep.
08/05/2009, Morello, Rv. 243670).
Lo stesso tribunale del riesame, peraltro, idoneamente sviluppa un percorso
argomentativo in ordine al presupposto della finalità perseguita, in concreto, per
l’accertamento dei fatti, sicché, anche sotto tale profilo, il motivo appare
inammissibile perché manifestamente infondato.

6.1. Infine, anche l’ultima doglianza difensiva contro l’ordinanza impugnata – per
non aver disposto il tribunale, l’acquisizione della documentazione sequestrata,
con violazione del diritto di difesa – è infondata.
A tal proposito, va ricordato che il giudice del riesame è privo di poteri istruttori
in relazione ai fatti relativi all’imputazione, dovendo limitarsi, ai fini della
decisione, alla valutazione delle risultanze processuali già acquisite nel
procedimento di merito (v., tra le tante: Sez. 3, n. 21633 del 27/04/2011 – dep.
30/05/2011, P.M. in proc. Valentini, Rv. 250016), donde correttamente il
tribunale cagliaritano ebbe a disattendere la richiesta difensiva, avanzata in sede
di riesame, di procedere all’acquisizione esplorativa della documentazione
sequestrata al fine di verificare l’ipotetica, in quanto genericamente dedotta,
corrispondenza o riscontro tra le somme sequestrate ed i documenti, essendo
incompatibile tale attività con i ristretti termini del giudizio incidentale di riesame
e con i poteri di tale tribunale, dovendo esso decidere esclusivamente avuto
riguardo agli elementi emergenti dagli atti trasmessigli dal P.M. e di quelli
eventualmente addotti dalle parti nel corso dell’udienza.

7. Il ricorso, in conclusione, deve essere complessivamente rigettato, con
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2013
5

costante, v., tra le tante: Sez. 4, n. 1640 del 22/05/1998 – dep. 01/07/1998,

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