Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7522 del 12/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 7522 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
– VALCARENGHI GIOVANNI, n. 28/03/1946 a NAPOLI

avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di NAPOLI in data 16/08/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Vito D’Ambrosio che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udite le conclusioni dell’Avv. Carmine Cipriano del Foro di Aversa, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;

Data Udienza: 12/12/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 16/08/2013, depositata in data 9/09/2013, il Tribunale del
riesame di NAPOLI, decidendo sulla richiesta di riesame promossa dall’odierno
ricorrente, rigettava l’istanza di riesame proposta nell’interesse dell’indagato
avverso l’ordinanza di applicazione della custodia cautelare in carcere emessa dal

110 c.p. e 73 d.P.R. n. 309/1990, contestato in concorso con soggetti non
identificati.

2. Ha proposto tempestivo ricorso l’indagato a mezzo del difensore – procuratore
speciale cassazionista, impugnando la predetta ordinanza e deducendo un unico
motivo di ricorso, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la
motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce il ricorrente, con tale unico motivo, la violazione del combinato
disposto degli artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), 125, comma 3, 309, commi 5,
6 e 9, 275, commi 1, 3 e 4-quinquies e 299, comma 4-ter, c.p.p., in quanto la
motivazione, in ordine al profilo cautelare, sarebbe proiezione di un’erronea
applicazione della legge processuale penale e, ciò, per omessa valutazione delle
condizioni di salute dell’indagato.
Si duole, in sintesi, il ricorrente per aver il tribunale del riesame operato un
giudizio di sub-valenza dell’esigenza di garanzia della salute dell’indagato,
rispetto a quella di tutela della collettività, pur in presenza di una
documentazione che evidenziava rischi, plurime patologie ed un progressivo
peggioramento delle condizioni sanitarie.
In particolare, avrebbe errato il giudice del riesame nel ritenere non ammissibile
dinanzi ad esso l’istanza motivata da esigenze di salute, che avrebbe dovuto
essere rivolta al GIP, non essendovi alcuna preclusione, alla luce del disposto
dell’art. 309, comma 6, c.p.p. per l’indagato di introdurre dinanzi al tribunale del
riesame argomenti, sia sotto il profilo indiziario che dal punto di vista delle
esigenze cautelari, mai evidenziati al giudice che ha adottato la misura genetica
e/o negli eventuali motivi scritti; che, ciò sia possibile, si desumerebbe, secondo
la difesa, dall’art. 309 c.p.p., in particolare dal comma 5, nonché dal prevedere
la norma la possibilità per il giudice del riesame di annullare o riformare il
provvedimento impugnato in senso favorevole all’indagato anche per motivi
diversi da quelli enunciati. Il pieno effetto devolutivo dell’impugnazione cautelare
davanti al tribunale del riesame, quindi, non consente alcuna limitazione della

2

.,

GIP presso il Tribunale di NAPOLI in data 29/07/2013 per il reato di cui agli artt.

cognizione del tribunale del riesame cui spetta, peraltro, il potere di integrare la
motivazione, salvo il limite dell’ordinanza radicalmente priva di motivazione.
L’ordinanza, peraltro, sarebbe censurabile per aver il tribunale motivato in ordine
alla valutazione in concreto delle condizioni di salute dell’indagato limitandosi ad
affermare che la documentazione prodotta, pur indicativa di varie patologie, non
avrebbe dimostrato la sussistenza di condizioni particolarmente allarmanti, in ciò

provveduto a nominare un perito per disporre gli accertamenti medici del caso.
Conclusivamente, si sarebbe verificata un’inversione del procedimento valutativo
da parte del tribunale del riesame, che avrebbe dapprima valutato l’idoneità della
custodia carceraria a soddisfare le esigenze cautelari e, successivamente, la
rilevanza delle condizioni di salute dell’interessato, ciò che denoterebbe il vizio di
motivazione prospettato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso dev’essere rigettato per le ragioni di seguito esposte.

4. Deve premettersi che le valutazioni compiute dal giudice ai fini dell’adozione
di una misura cautelare personale devono essere fondate, secondo le linee
direttive della Costituzione, con il massimo di prudenza su un incisivo giudizio
prognostico di “elevata probabilità di colpevolezza”, tanto lontano da una
sommaria delibazione e tanto prossimo a un giudizio di colpevolezza, sia pure
presuntivo, poiché di tipo “statico” e condotto, allo stato degli atti, sui soli
elementi già acquisiti dal pubblico ministero, e non su prove, ma su indizi (Corte
Cost., sent. n. 121 del 2009, ord. n. 314 del 1996, sent. n. 131 del 1996, sent.
n. 71 del 1996, sent. n. 432 del 1995).
La specifica valutazione prevista in merito all’elevata valenza indiziante degli
elementi a carico dell’accusato, che devono tradursi in un giudizio probabilistico
di segno positivo in ordine alla sua colpevolezza, mira, infatti, a offrire maggiori
garanzie per la libertà personale e a sottolineare l’eccezionalità delle misure
restrittive della stessa.
Il contenuto del giudizio da farsi da parte del giudice della cautela è evidenziato
anche dagli adempimenti previsti per l’adozione dell’ordinanza cautelare.
L’art. 292 c.p.p., come modificato dalla L. n. 332 del 1995, prevedendo per detta
ordinanza uno schema di motivazione vicino a quello prescritto per la sentenza di
merito dall’art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e), impone, invero, al giudice della
cautela sia di esporre gli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, di

violando il disposto dell’art. 299, comma 4-ter c.p.p., non avendo il tribunale

indicare gli elementi di fatto da cui sono desunti e di giustificare l’esito positivo
della valutazione compiuta sugli stessi elementi a carico, sia di esporre le ragioni
per le quali ritiene non rilevanti i dati conoscitivi forniti dalla difesa, e comunque
a favore dell’accusato (comma 2, lett. c) e c bis).

4.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di misure

elementi a carico, di natura logica o rappresentativa, che – contenendo in nuce
tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova – non
valgono di per sè a dimostrare, oltre ogni dubbio, la responsabilità dell’indagato
e tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso la
futura acquisizione di ulteriori elementi, saranno idonei a dimostrare tale
responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza
(Sez. U, n. 11 del 21/04/1995, dep. 01/08/1995, Costantino e altro, Rv. 202002,
e, tra le successive conformi, Sez. 2, n. 3777 del 10/09/1995, dep. 22/11/1995,
Tomasello, Rv. 203118; Sez. 6, n. 863 del 10/03/1999, dep. 15/04/1999,
Capriati e altro, Rv. 212998; Sez. 6, n. 2641 del 07/06/2000, dep. 03/07/2000,
Dascola, Rv. 217541; Sez. 2, n. 5043 del 15/01/2004, dep. 09/02/2004,
Acanfora, Rv. 227511).
A norma dell’art. 273 c.p.p., comma 1-bis, nella valutazione dei gravi indizi di
colpevolezza per l’adozione di una misura cautelare personale si applicano, tra le
altre, le disposizioni contenute nell’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, (Sez. F, n.
31992 del 28/08/2002, dep. 26/09/2002, Desogus, Rv. 222377; Sez. 1, n.
29403 del 24/04/2003, dep. 11/07/2003, Esposito, Rv. 226191; Sez. 6, n.
36767 del 04/06/2003, dep. 25/09/2003, Grasso Rv. 226799; Sez. 6, n. 45441
del 07/10/2004, dep. 24/11/2004, Fanara, Rv. 230755; Sez. 1, n. 19867 del
04/05/2005, dep. 25/05/2005, Cricchio, Rv. 232601).
Relativamente alle regole da seguire, questo Collegio ritiene che, alla stregua del
condivisibile orientamento espresso da questa Corte, dell’art. 273 c.p.p., comma

1-bis, nel delineare i confini del libero convincimento del giudice cautelare con il
richiamo alle regole di valutazione di cui all’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, pone un
espresso limite legale alla valutazione dei “gravi indizi”.

4.2. Si è, inoltre, osservato che, in tema di misure cautelari personali, quando
sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del
provvedimento emesso dal Tribunale del riesame riguardo alla consistenza dei
gravi indizi di colpevolezza, il controllo di legittimità è limitato, in relazione alla
peculiare natura del giudizio e ai limiti che ad esso ineriscono, all’esame del
4

cautelari personali, per gravi indizi di colpevolezza devono intendersi tutti quegli

contenuto dell’atto impugnato e alla verifica dell’adeguatezza e della congruenza
del tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indizianti
rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano
l’apprezzamento delle risultanze probatorie (tra le altre, Sez. 4, n. 2050 del
17/08/1996, dep. 24/10/1996, Marseglia, Rv. 206104; Sez. 6, n. 3529 del
12/11/1998, dep. 01/02/1999, Sabatini G., Rv. 212565; Sez. U, n. 11 del
dep.

02/05/2000,

Audino,

Rv.

215828;

Sez.

2,

n.

9532

del

22/01/2002, dep. 08/03/2002, Borragine e altri, Rv. 221001; Sez. 4, n. 22500
del 03/05/2007, dep. 08/06/2007, Terranova, Rv. 237012), senza che possa
integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa e, per il
ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze delle indagini (tra le altre,
Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, dep. 12/12/1994, De Lorenzo, Rv. 199391; Sez.
1, n. 1496 del 11/03/1998, dep. 04/07/1998, Marrazzo, Rv. 211027; Sez. 1, n.
6972 del 07/12/1999, dep. 08/02/2000, Alberti, Rv. 215331). Il detto limite del
sindacato di legittimità in ordine alla gravità degli indizi riguarda anche il quadro
delle esigenze cautelari, essendo compito primario ed esclusivo del giudice della
cautela valutare “in concreto” la sussistenza delle stesse e rendere un’adeguata
e logica motivazione (Sez. 1, n. 1083 del 20/02/1998, dep. 14/03/1998,
Martorana, Rv. 210019).
Peraltro, secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, in
tema di misure cautelari, “l’ordinanza del tribunale del riesame che conferma il
provvedimento impositivo recepisce, in tutto o in parte, il contenuto di tale
provvedimento, di tal che l’ordinanza cautelare e il provvedimento confermativo
di essa si integrano reciprocamente, con la conseguenza che eventuali carenze
motivazionali di un provvedimento possono essere sanate con le argomentazioni
addotte a sostegno dell’altro” (Sez. 2, n. 774 del 28/11/2007, dep. 09/01/2008,
Beato, Rv. 238903; Sez. 6, n. 3678 del 17/11/1998, dep. 15/12/1998,
Panebianco R., Rv. 212685).

5. Tanto premesso è quindi possibile affrontare i plurimi profili di doglianza
esposti nell’unico motivo di ricorso, che, per comodità espositiva, possono essere
trattati separatamente.

5.1. Quanto al primo profilo (errata valutazione del giudice del riesame nel
ritenere non ammissibile dinanzi ad esso l’istanza motivata da esigenze di salute,
in quanto la stessa avrebbe dovuto essere rivolta al GIP), è orientamento
pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che, in tema di impugnazioni
avverso provvedimenti applicativi di misure cautelari personali, le condizioni di
5

22/03/2000,

salute dell’indagato incompatibili con lo stato di detenzione non possono
costituire motivo di censura contro l’ordinanza impositiva della misura coercitiva,
ma debbono essere fatte eventualmente valere davanti al giudice competente ex
art. 279 cod. proc. pen., in sede di richiesta di revoca o di sostituzione della
misura, formulata ai sensi dell’art. 299 cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 48093 del
08/10/2009 – dep. 16/12/2009, Castorina, Rv. 245530; Sez. 6, n. 1613 del

impugnazione del provvedimento che riconosca la compatibilità dello stato di
salute con la carcerazione.
La tesi difensiva, dunque, pur suggestiva, non convince, atteso che le doglianze
afferenti allo stato di salute, proprio perché impongono una valutazione,
sovente, di tipo tecnico, risultano incompatibili con i ristretti tempi di valutazione
e decisori imposti dalla legge al giudice del riesame, donde, correttamente, il
tribunale del riesame ha correttamente motivato sul punto, evidenziando che le
questioni afferenti alle condizioni di salute devono essere sottoposte al vaglio del
GIP e non del giudice del riesame, così ponendosi in linea con l’orientamento
pacifico di questa Corte.

5.2. Quanto al secondo profilo (violazione del disposto dell’art. 299, comma 4ter c.p.p., per non aver il tribunale provveduto a nominare un perito per disporre
gli accertamenti medici del caso), osserva il Collegio quanto segue.
La norma richiamata (art. 299, comma 4-ter, cod. proc. pen.) così prevede: «4ter. In ogni stato e grado del procedimento, quando non è in grado di decidere
allo stato degli atti, il giudice dispone, anche di ufficio e senza formalità,
accertamenti sulle condizioni di salute o su altre condizioni o qualità personali
dell’imputato. Gli accertamenti sono eseguiti al più presto e comunque entro
quindici giorni da quello in cui la richiesta è pervenuta al giudice. Se la richiesta
di revoca o di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere è
basata sulle condizioni di salute di cui all’articolo 275, comma 4-bis, ovvero se
tali condizioni di salute sono segnalate dal servizio sanitario penitenziario, o
risultano in altro modo al giudice, questi, se non ritiene di accogliere la richiesta
sulla base degli atti, dispone con immediatezza, e comunque non oltre il termine
previsto nel comma 3, gli accertamenti medici del caso, nominando perito ai
sensi dell’articolo 220 e seguenti, il quale deve tener conto del parere del medico
penitenziario e riferire entro il termine di cinque giorni, ovvero, nel caso di
rilevata urgenza, non oltre due giorni dall’accertamento. Durante il periodo
compreso tra il provvedimento che dispone gli accertamenti e la scadenza del
termine per gli accertamenti medesimi, è sospeso il termine previsto dal comma
6
l’-)1

30/09/2002 – dep. 15/01/2003, Capogna G, Rv. 223231), salvo poi procedere ad

3». Secondo l’autorevole insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, ove il
giudice non ritenga di accogliere, sulla base degli atti, la richiesta di revoca o di
sostituzione della custodia cautelare in carcere basata sulla prospettazione di
condizioni di salute incompatibili con lo stato di detenzione o comunque tali da
non consentire adeguate cure inframurarie, è tenuto a disporre gli accertamenti
medici del caso, nominando un perito secondo quanto disposto dall’art. 299,

Femia, Rv. 212755). Tale principio, seguito dalla dominante giurisprudenza (Sez.
4, n. 16524 del 15/02/2013 – dep. 11/04/2013, Mafrica, Rv. 254846), è stato in
qualche isolata decisione disatteso dalle Sezioni semplici, ritenendosi che la
previsione di cui all’art. 299, comma quarto-ter, cod. proc. pen. impone al
giudice la nomina del perito solo se sussiste un apprezzabile “fumus” e cioè se
risulti formulata una chiara diagnosi di incompatibilità con il regime carcerario, o
comunque si prospetti una situazione patologica tale da non consentire adeguate
cure in carcere (v., da ultimo: Sez. 2, n. 8462 del 14/02/2013 – dep.
21/02/2013, Foraci, Rv. 255236).
Si pone, peraltro, il problema di valutare se tale obbligo sussista, in particolare,
per il giudice della cautela (come sembrerebbe desumersi dalla collocazione
sistematica dell’art. 299 cod. proc. pen.) ovvero sia estensibile al giudice del
riesame. Ritiene il Collegio che la soluzione non possa che essere la prima.
Ed invero, che il giudice del riesame non abbia l’obbligo di disporre accertamenti
finalizzati alla verifica della compatibilità dello stato detentivo con le condizioni di
salute dell’indagato, costituisce ovvia conseguenza logica del richiamato principio
secondo cui le condizioni di salute dell’indagato incompatibili con lo stato di
detenzione non possono costituire motivo di censura contro l’ordinanza
applicativa della misura coercitiva, ma devono essere fatte valere in sede di
richiesta di revoca o di sostituzione della misura stessa.
Ciò per almeno un duplice ordine di ragioni.
Da un lato, perché l’accertamento sanitario cui si riferisce l’art. 299, comma 4ter, cod. proc. pen. impone una valutazione di tipo tecnico incompatibile con i
ristretti tempi di valutazione e decisori imposti dalla legge al giudice del riesame
(la stessa norma, infatti, stabilisce che gli accertamenti, al massimo, sono
eseguiti entro quindici giorni da quello in cui la richiesta è pervenuta al giudice,
termine questo assolutamente incompatibile con il termine di dieci giorni entro
cui, a pena di inefficacia della misura, il tribunale del riesame deve decidere, in
base al combinato disposto del comma 9 e 10 dell’art. 309 cod. proc. pen.).
Dall’altro, perché, ai sensi dell’art. 91 disp. att. cod. proc. pen., i provvedimenti
“concernenti le misure cautelari” (tra cui rientrano quelli in tema di revoca e
7

comma 4 ter, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 3 del 17/02/1999 – dep. 10/03/1999,

sostituzione delle misure, cui si riferisce l’art. 299 cod. proc. pen.) sono adottati,
per quanto qui di interesse, “nel corso degli atti preliminari al dibattimento”, a
seconda della competenza, dal tribunale in composizione collegiale o
monocratica, dalla corte di assise, dalla corte di appello o dalla corte di assise di
appello, non rientrando dunque nella competenza del giudice del riesame
disporre gli accertamenti sulle condizioni di salute dell’indagato.

stesso tribunale del riesame si spinge nell’ordinanza impugnata a valutare come
la documentazione prodotta, pur indicativa di varie patologie, non dimostrasse la
sussistenza di condizioni particolarmente allarmanti, indicative
dell’incompatibilità con il regime carcerario, giustificazione, quest’ultima,
comunque sufficiente (secondo la più recente giurisprudenza in materia: v. la già
citata Sez. 2, n. 8462 del 14/02/2013 – dep. 21/02/2013, Foraci, Rv. 255236)
per rigettare la richiesta.
Nessuna “inversione” del procedimento valutativo si è dunque verificata nel caso
in esame, in quanto il tribunale del riesame ha, correttamente, proceduto alla
valutazione l’idoneità della custodia carceraria a soddisfare le esigenze cautelari
e, successivamente, pur non essendovi tenuto, ha valutato la rilevanza delle
condizioni di salute dell’interessato, ciò che esclude la configurabilità del
prospettato vizio di motivazione.

6.

Il ricorso, conseguentemente, deve essere complessivamente rigettato, con

condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone, inoltre, che copia del presente provvedimento sia trasmessa al
Direttore dell’Istituto Penitenziario competente, a norma dell’art. 94, comma 1
ter, disp. att. c.p.p.
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2013

Il Consigl re est.

Il Pr» dente

Peraltro, per quanto non fosse necessario in relazione a quanto esposto, lo

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