Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7506 del 12/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 7506 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MULLIRI GUICLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Trisciuzzi Giulio, nato a Fasano il 21.1.68
imputato art. 2 D.Lgs. 74/00

avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce, sez. dist. di Taranto del 17.5.12
Sentita, in pubblica udienza, la relazione del cons. Guida Mùlliri;
Sentito il P.M., nella persona del P.G. dr. Vito D’Ambrosio, che ha chiesto l’annullamento
senza rinvio della sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione;
avv. Tommaso Savito, che ha insistito per
Sentito il difensore
dell’imputato
l’accoglimento del ricorso o, in subordine, una declaratoria di estinzione per prescrizione;

RITENUTO IN FATTO

1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – L’imputato è accusato di avere
violato l’art. 2 d.lgs 74/00 perché, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore
aggiunto, nella sua qualità di rappresentante della S.r.l. Valle dei Trulli (che commercia latte fresco e
panna), ha indicato, nella dichiarazioni dei redditi, elementi passivi fittizi avvalendosi di 135
fatture emesse a favore della “International Food s.n.c. di Lupi” relative ad operazioni
inesistenti.

Data Udienza: 12/12/2013

Con la sentenza qui impugnata, la Corte d’appello ha ribadito il giudizio di colpevolezza
pronunciato in primo grado limitandosi ad escludere la sussistenza dell’ulteriore contestazione,
secondo cui la condotta sarebbe stata finalizzata all’evasione dell’imposta sui redditi, ed ha
eliminato la relativa pena.

2. Motivi del ricorso – Avverso tale decisione, il condannato ha proposto ricorso,
tramite difensore deducendo violazione di legge e vizio di motivazione.
Con il proprio gravame, il ricorrente punta a confutare la tesi – sostenuta nella sentenza
secondo cui si sarebbe al cospetto di un rapporto diretto tra la ditta dell’imputato e
impugnata
la BMI, una società tedesca fornitrice di latte, mentre la International sarebbe solo una
intermediaria fittizia utile a consentire alla società dell’imputato di acquistare il latte dai
tedeschi al netto dell’IVA. La International, cioè, in tesi di accusa, sarebbe servita solo come
società “cartiera” deputata alla emissione di fatture utili a detrarre gli importi in essi indicati a
titolo di IVA che, di fatto, così, non sarebbe mai stata versata.
La contraria argomentazione difensiva è sostenuta prendendo le mosse da alcuni atti
processuali – allegati al ricorso – e, segnatamente, il processo verbale di constatazione ed i
suoi allegati. Scorrendo tali atti, secondo il ricorrente, si ha contezza, in primo luogo, del fatto
che la Corte non li ha considerati e che, in secondo luogo, ha redatto una motivazione
contrastante con tali dati obiettivi visto che, diversamente, si sarebbe resa conto che la Valle
Trulli, non solsz,ha saldato alla International Food l’importo delle fatture ma che tale somma è
comprensiva dell’Iva.
Il ricorrente si duole della mancata possibilità di documentare il fatto che non sarebbe
stato possibile acquistare latte direttamente dalla società tedesca senza l’intermediazione della
International attribuendo tale vuoto probatorio al diniego di acquisizione, presso l’Ufficio
Dogane di Trento, del contratto di esclusiva tra tale società e la BMI.
Si evidenzia, in ogni caso, che l’affermazione contenuta tra le pagg. 6 e 7 della
sentenza si pone in eclatante contrasto con il prospetto 8 bis, allegato al processo verbale di
constatazione, nel quale sono riprodotte le singole fatture, l’imponibile e VIVA, e che,
confrontando gli importi di imponibile con il valore degli acquisti, si coglie che tali valori sono
superiori al costo affrontato dalla International Food verso la BMI proprio per l’esistenza del
ricarico a seconda del tipo di latte. Confrontando il prospetto di cui all’allegato 8 bis e le
pagine 10 e 13 del p.v.c. ed i bonifici di cui al punto 1 della produzione documentale, si ha
conferma del fatto che i pagamenti della Valle Trulli non corrispondono al prezzo di vendita
della BMI verso la International Food ma sono superiori sia rispetto all’imponibile sia
complessivamente dovendosi aggiungere VIVA
Si soggiunge che, se fosse vero che la International Food è una scatola vuota, come
dicono i giudici, non si spiegherebbe la ragione per la quale sono stati corrisposti ad essa oltre
un milione di euro.
Il ricorrente conclude osservando anche che, a tutto concedere, ove le fatture fossero
soggettivamente false come contestato, si dovrebbe anche concludere che l’elemento
soggettivo che ha caratterizzato l’azione della Valle di Trulli sia stato, non quello della
evasione propria, ma quello di consentire l’evasione del terzo emittente (ipotesi in ogni caso diversa

da quella qui contestata).

Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Motivi della decisione – Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato
e, sostanzialmente, tendente ad ottenere da questa S.C. un nuovo giudizio sui fatti.
Così facendo, però, il ricorrente mostra di equivocare il compito di controllo di questa
S.C.. Peraltro, il ricorrente denuncia anche una presunta erroneità nell’applicazione della legge
che, a ben vedere, si risolve solo in un’ulteriore denuncia di vizio motivazionale. Vi è da
2

4.

La declaratoria di inammissibilità, sancendo la mancata insaturazione di un valido
rapporto di impugnazione, preclude, infine, anche la possibilità, per questa S.C., di dichiarare il
sopraggiungere della causa di estinzione del reato di cui all’art. 157 c.p. (SAL 22.3.05, Bracale, Rv.
231164).

Segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al
versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 €.

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sottolineare sin d’ora, tuttavia che, un vizio motivazionale non dà mai luogo a violazione di
legge se non quando il difetto della motivazione consista nel fatto di non esistere graficamente
o di essere apparente e che la non condivisibilità di una decisione non la rende per ciò solo
illogica.
Il vero è che il provvedimento impugnato non si presta a censure di sorta. Tutte le
questioni qui proposte sono state già affrontate e risolte dalla corte di secondo grado con
argomentazioni aderenti ai dati processuali e, soprattutto, logiche pervenendo coerentemente
alla conclusione che la Valle dei Trulli, nella propria dichiarazioni IVA del 2004, ha utilizzato le
fatture emesse dalla International Food per detrarre gli importi in esse indicati a titolo di IVA
«conseguendo così il risultato di abbattere la somma dovuta per l’IVA a debito, mentre in
realtà, quelle somme imputate all’IVA nelle fatture in questione non sono mai state versate alla
società cartiera e rientravano invece nel prezzo pieno, al netto derIVA, che la Valle dei Trulli
doveva pagare al fornitore estero».
Il lungo argomentare fattuale del ricorrente, per contro, porterebbe alla conclusione
secondo cui sarebbe “inspiegabile” la ragione per la quale alla International Food sia stato
corrisposto oltre un milione di euro (f. 9 ricorso). Si può, quindi, affermare che l’incomprensibilità
denunciata consegue solo dal fatto che il ricorrente nega l’evidenza di una realtà truffaldina
bene evidenziata dai giudici di merito secondo cui si è al cospetto di un tipico caso di c.d.
frode-carosello. Come spiegato chiaramente nella decisione impugnata, il sistema adottato dal
Trisciuzzi sfrutta il regime IVA degli acquisti intracomunitari (secondo cui, chi acquista un bene da un
paese membro delle comunità europea non paga VIVA). Ne consegue che il prezzo pagato al fornitore
estero non è comprensivo di IVA che dovrebbe, invece essere versata dall’acquirente in un
secondo momento. «l’interposizione in tale operazione di un terzo soggetto italiano, che funga
solo da cartaio, serve proprio ad addossare a questi l’onere del versamento dell’IVA che, però,
viene sistematicamente omesso, trattandosi di un soggetto inesistente o comunque privo di
beni aggredibili dal fisco. In tal modo, l’acquirente italiano, in questo caso la Valle dei Trulli,
acquista il latte estero al netto dell’IVA facendo però apparire l’operazione come avvenuta in
Italia ed evitando di accollarsi il costo dell’imposta che, come detto rimane a carico
dell’interposto».
A maggior conforto della bontà della tesi accusatoria, avallata dai giudici di merito,
viene anche ricordato che, non a caso, la International Food non aveva mai presentato
dichiarazioni dei redditi o ai fini IVA ed i suoi due soci, Lupi e Mezzogori erano stati condannati
con sentenza ex art. 444 c.p.p. per violazione dell’art. 5 d.lgs 74/00; il tutto, senza tralasciare
di considerare che la International Food non aveva la capacità economica di pagare quello
che, sulla carta, era il suo fornitore, cioè, la B.M.I..
E’, dunque, anche per tale ragione che, giustamente, la Corte ha disatteso la richiesta di
rinnovazione del dibattimento per provare l’esistenza di un contratto di esclusiva tra la BMI e la
International Food per la vendita del latte in Italia visto che gli elementi obiettivi acquisiti a
riprova della interposizione fittizia della International Food non avrebbero potuto essere scalfiti
da un presunto contratto di esclusiva che – anche ove esistente – potrebbe comunque essere
null’altro che un ulteriore artificio per dare verosimiglianza all’intera condotta fraudolenta.
Come si vede, dunque, la decisione impugnata è ineccepibile e stringentemente logica
mentre è da considerare vano ed inappropriato – vista la sede di legittimità – l’invito del
ricorrente di indurre questi giudici ad una rivisitazione di dati fattuali e processuali già bene
analizzati nella competente sede di merito.

P.Q.M.
Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 €

Così deciso il 12 dicembre 2013

Il esid ente

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