Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7494 del 20/11/2012


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 7494 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) DE NUNTIS SANDRO N. IL 07/04/1977
avverso la sentenza n. 2261/2008 CORTE APPELLO di ROMA, del
04/10/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. it ;ro
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che ha concluso per J I;.
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 20/11/2012

1. Con sentenza del 4 ottobre 2011 la Corte d’appello di Roma ha confermato
la sentenza dal Tribunale di Roma pronunziata in data 26 giugno 2007, che
condannava: a) De Nuntis Sandro alla pena di mesi otto di reclusione,
ritenendolo responsabile dei reati di cui agli artt. 337 e 582 c.p., per aver
usato violenza, in data 15 settembre 2005, nei confronti del sovrintendente
Bartolomeo Russo, mentre questi interveniva per bloccarlo dopo che aveva
tentato di sottrarre il distintivo di segnalazione dall’auto di servizio a bordo
della quale si trovava l’agente scelto Annamaria Di Giovine, cagionando al
predetto agente lesioni giudicate guaribili in cinque giorni; b) Arata Farias
Carlos Daniel alla pena di mesi sette di reclusione, ritenendolo responsabile dei
medesimi reati, per aver usato violenza nei confronti dell’agente Di Giovine,
mentre costei, nella medesima circostanza sopra indicata, tentava di bloccarne
l’intervento a sostegno dell’amico, cagionando alla predetta Di Giovine lesioni
giudicate guaribili in cinque giorni.
2. La Corte d’appello, condividendo le conclusioni raggiunte dal Giudice di
prime cure, ha evidenziato come il giudizio di responsabilità nei confronti
dell’imputato si sia basato sulle concordi deposizioni rese dal sovrintendente
Russo e dall’agente scelto Di Giovine, sì come riscontrate, oltre che dalle
risultanze del verbale di arresto, dalle certificazioni mediche acquisite agli atti,
che hanno consentito di ricostruire la vicenda storico-fattuale oggetto della
regiudicanda nei seguenti termini: a) la sera del 15 settembre 2005 la
pattuglia di polizia giunse presso un esercizio pubblico di viale Tirreno, in
Roma, poiché erano state segnalate molestie all’interno del locale, in danno
degli avventori e della cassiera; b) all’arrivo della pattuglia, il De Nuntis,
all’esterno del locale, assunse un atteggiamento provocatorio offendendo il
Russo; c) quando quest’ultimo fece ingresso nel locale per verificare quanto
accaduto, il De Nuntis si avvicinò alla Di Giovine, rimasta alla guida
dell’autovettura di servizio, e, dopo averla offesa, approfittando del finestrino
abbassato, tentò di impossessarsi del distintivo di segnalazione manuale, posto
sul sedile destro dell’autovettura; d) il Russo, uscito dal locale ed accortosi del
tentativo di sottrazione del distintivo, tentò di bloccare il De Nuntis, che
tuttavia reagì colpendolo con calci e pugni, tanto da farlo cadere per terra; e)
proprio in quel frangente l’Arata, mantenutosi in disparte sino a quel momento,
intervenne in soccorso dell’amico, bloccando il Russo alle spalle per consentire
al De Nuntis di liberarsi, e nella colluttazione che ne seguì sfilò un orologio dal
polso del Russo; f) datosi alla fuga, l’Arata venne poi inseguito e bloccato a
breve distanza dalla Di Giovine, reagendo nell’occasione con violenza, tanto da
colpirla con un calcio al fianco destro; g) bloccati, infine, con l’ausilio di altri
agenti, i due venivano arrestati e successivamente liberati dal P.M. in
applicazione dell’art. 121 disp. att. c.p.p..
3. Avverso la predetta sentenza della Corte d’appello di Roma ha proposto
ricorso per cassazione il difensore di Sandro De Nuntis, deducendo un unico
motivo basato sulla mancanza e manifesta illogicità della motivazione in
relazione agli artt. 337, 582, 585 e 576 c.p., per avere la Corte d’appello
omesso di procedere ad un vaglio critico delle doglianze prospettate in sede di

RITENUTO IN FATTO

CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso non è volto a rilevare mancanze argomentative e illogicità ictu
°agi percepibili, bensì ad ottenere un non consentito sindacato su scelte
valutative compiutamente giustificate dal giudice di appello, che ha
adeguatamente ricostruito la vicenda oggetto dell’imputazione.
La Corte territoriale, infatti, sulla base di quanto specificamente esposto in
narrativa, ha preso in esame tutte le deduzioni difensive ed è pervenuta alla
decisione impugnata attraverso un esame completo ed approfondito delle
risultanze processuali.
Nel condividere il significato complessivo del quadro probatorio posto in risalto
dal Tribunale, la Corte di merito ha disatteso la diversa ricostruzione
prospettata dalla difesa, concludendo nel senso della piena legittimità
dell’operato dei pubblici ufficiali, intervenuti a seguito della segnalazione di
comportamenti astrattamente integranti ipotesi di reato, al fine di accertarli ed
interromperne la permanenza, e, ciò nonostante, fatti oggetto di condotte
aggressive in occasione del tentativo di impossessamento di un bene
appartenente alla pubblica amministrazione.
Pienamente legittimo, dunque, è stato ritenuto l’intervento dalle forze di Polizia
compiuto per bloccare l’imputato e procedere alla sua identificazione in
occasione del tentativo di sottrazione del distintivo di segnalazione, intervento
cui fece seguito una reazione violenta per opporsi al compimento di atti
doverosi dei pubblici ufficiali, sino a procurare lesioni personali ad entrambi,
mentre erano in corso le relative operazioni di polizia (Sez. 6, n. 3970 del
13/01/2010, dep. 29/01/2010, Rv. 245855; Sez. 2, n. 41419 del 18/09/2009,
dep. 28/10/2009, Rv. 245243).
Del tutto insussistenti nel caso di specie devono ritenersi, inoltre, sulla base di
quanto or ora esposto, i presupposti per la configurabilità della causa di
giustificazione prevista dall’art. 4 del D. Lgt. 14 settembre 1944, n. 288, la cui
applicazione richiede un’attività ingiustamente persecutoria del pubblico
ufficiale, il cui comportamento fuoriesca del tutto dalle ordinarie modalità di
esplicazione dell’azione di controllo e prevenzione demandatagli nei confronti
del privato destinatario (Sez. 6, n. 23255 del 15/05/2012, dep. 13/06/2012,
Rv. 253043).

gravame, in quanto l’imputato avrebbe solo cercato di entrare in possesso
della paletta d’ordinanza che era stata subito recuperata dall’altro agente,
ponendo in essere dunque non un reato, quanto piuttosto un gesto avvertito
dall’agente Russo come intollerabile. Nel corso della successiva colluttazione,
peraltro, il De Nuntis si sarebbe divincolato, non accettando l’idea di essere
ammanettato o portato via per qualcosa che non aveva compreso, e
percependo, al contempo, l’illegittimità della condotta tenuta dal pubblico
ufficiale. Nel caso di specie, pertanto, non si sarebbe in presenza di un atto
d’ufficio o di servizio al quale il ricorrente si è opposto, quanto invece al
cospetto di un comportamento ingiusto od arbitrario posto in essere dal
pubblico ufficiale, e dunque idoneo, come tale, ad integrare gli estremi della
non punibilità, ai sensi del Dec. Leg. Luog. n. 288/1944.

6. Il ricorso è dunque inammissibile e, a norma dell’art. 616 c.p.p., il ricorrente
va condannato ai pagamento delle spese del procedimento ed al versamento di
una somma, che si ritiene equo determinare in euro 1.000,00, in favore della
Cassa delle ammende,
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, lì, 20 novembre 2012.

5. La Corte d’appello, pertanto, ha compiutamente esposto le ragioni per le
quali ha ritenuto sussistenti gli elementi richiesti per la configurazione del
delitto de quo, ed ha evidenziato al riguardo gli aspetti maggiormente
significativi, dai quali ha tratto la conclusione che la ricostruzione della difesa
era in realtà priva di ogni aggancio probatorio e si poneva solo quale mera
ipotesi alternativa, peraltro smentita dal complesso degli elementi di prova
processualmente acquisiti.
La conclusione cui è pervenuta la sentenza impugnata riposa, in definitiva, su
un quadro probatorio giudicato completo ed univoco, e come tale in nessun
modo censurabile sotto il profilo della congruità e della correttezza logica.
In questa Sede, invero, a fronte di una corretta ricostruzione del compendio
storico-fattuale, sì come ampiamente descritta in narrativa, non può ritenersi
ammessa alcuna incursione nelle risultanze processuali per giungere a diverse
ipotesi ricostruttive dei fatti oggetto della regiudicanda, dovendosi la Corte di
legittimità limitare a ripercorrere l’iter argomentativo svolto dal giudice di
merito per verificarne la completezza e la insussistenza di vizi logici ictu °cui/
percepibili, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle
acquisizioni processuali.

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