Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7465 del 13/11/2012


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 7465 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: IZZO FAUSTO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da :

1. PERGJECI Ndrec, n. in Albania il 15\9\1988
2. CRETU Anamaria, n. in Albania il 2\7\1987
avverso l’ordinanza del Tribunale della Libertà di
Venezia del 25\5\2012 (n. 618\12);
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Fausto Izzo ;
Udite le conclusioni del Procuratore Generale
Geraci, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

dr. Vincenzo

Data Udienza: 13/11/2012

RITENUTO in FATTO

2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore degli
indagati lamentando :
2.1. il vizio di motivazione laddove il tribunale del riesame aveva ritenuto la
sussistenza di gravi indizi di colpevolezza del delitto associativo, in mancanza
di prova di un vincolo associativo stabile e della preventiva programmazione
dei delitti poi commessi. Inoltre il provvedimento non aveva motivato sulla
presenza del dolo generico e specifico del delitto in questione e sulla
consapevolezza dei ricorrenti di far parte di un’associazione. La mera
consumazione di reati fine non costituiva prova sicura della presenza di una
acordo illecito preventivo e permanente;
2.2. il vizio di motivazione laddove il tribunale del riesame aveva ritenuto la
sussistenza delle esigenze cautelari. Quanto al Pergjeci, incensurato, questi era
stato fermato il 17\11\2011 per ricettazione ed aveva beneficiato degli arresti
domiciliari e successivamente dell’obbligo di dimora. Solo successivamente era
stato attinto dalla misura della custodia in carcere per il delitto associativo ed i
furti. Ebbene la circostanza che il ricorrente, benché consapevole delle ulteriori
indagini in corso, non avesse violato gli obblighi connessi alla misura in atto,
deponeva per la idoneità della stessa a garantire le esigenze cautelari; sicchè
la ritenuta pericolosità era meramente congetturale. Quanto alla Cretu,
anch’essa incensurata e priva di carichi pendenti, la misura custodiale appariva
sproporzionata rispetto al ruolo marginale svolto, tenuto peraltro conto che era
la fidanzata del Pergjeci.
CONSIDERATO in DIRITTO
3. I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.
3.1. Preliminarmente va ricordato quali siano i limiti del sindacato della Corte
di Cassazione in materia cautelare. In particolare è stato più volte ribadito che
“l’ordinamento non conferisce alla Corte alcun potere di revisione degli
elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore
degli indizi, ne’ alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive
degli indagati, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle
misure ritenute adeguate, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito
esclusivo ed insindacabile del giudice cui è stata richiesta l’applicazione delle
misura cautelare e del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità è perciò
circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il
testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro

a

1. Con ordinanza del 23-24\4\2012 il G.I.P. del Tribunale di Padova disponeva
la custodia cautelare in carcere nei confronti di Pergjeci Ndrec, Cretu Anamaria
ed altri per i delitti di associazione per delinquere finalizzata alla commissione
di furti e per la esecuzione di una pluralità di tali delitti.
Con provvedimento del 25\5\2012 il Tribunale di Venezia rigettava la istanza di
riesame proposta dagli indagati limitatamente alla sussistenza dei gravi indizi
del delitto associativo e delle esigenze cautelari.

di carattere negativo, il cui possesso rende l’atto insindacabile: 1) l’esposizione
delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2)
l’assenza nel testo dell’esposizione di illogicità evidenti, ossia la congruenza
delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento” (Cass.

Nel caso di specie ha osservato il Tribunale, quanto ai gravi indizi, che :
– le indagini erano state svolte attraverso servizio di osservazione ed il
posizionamento di un GPS sui veicoli utilizzati agli indagati;
– La Cretu aveva preso in locazione ad Abano Terme una abitazione che era
servita da base per lo svolgimento dell’attività delittuosa e dove veniva
custodita parte della refurtiva;
– per dare un aspetto di insospettabilità, l’abitazione era occupata
preminentemente da due donne, la Cretu e la Ene Andreea Emilia;
– gli indagati avevano una ben precisa distinzione di ruoli, gli uomini, tra cui il
Pergjeci commettevano materialmente i furti, come si evinceva dai tracciati del
GPS, da cui si rilevava la loro presenza nei giorni e negli orari degli atti
delittuosi;
– la Ene accompagnava con un’auto “pulita” una Clio, gli uomini a trasbordare
sulle auto utilizzate per i furti, prima una AUDI, poi una BMW;
– la Cretu gestiva la casa base della banda, ove in sede di perquisizione era
stata rinvenuta numerosa refurtiva ed i passaporti di due indagati irreperibili.
Il Tribunale desumeva da tali elementi di prova i gravi indizi di colpevolezza del
delitto associativo, in quanto dalle modalità della condotta, dalla divisione dei
compiti e dalla reiterazione nel tempo della commissione di delitti della stessa
specie, si evinceva la sussistenza della “societas sceleris”.
Le censure espresse dalla difesa, esprimono solo un dissenso di merito e la
motivazione dell’ordinanza regge al sindacato di legittimità, non apprezzandosi
nelle argomentazioni proposte quei profili di macroscopica illogicità, che soli,
potrebbero qui avere rilievo.
3.2. Quanto alle esigenze cautelari, per il Pergjeci, ha rilevato il Tribunale che
la sua pericolosità si evinceva dal ruolo primario svolto nella organizzazione ed
esecuzione dei furti; per la Cretu, dal rilevante apporto dato all’organizzazione
e dalla assoluta assenza di resipiscenza. Inoltre, la sua incensuratezza era
stata utilizzata proprio per agevolare la commissione dei delitti, in quanto la
“faccia pulita” era stata necessaria per potere concludere l’affitto
dell’abitazione in Abano Terme, base operativa dell’associazione.
Pertanto, non apprezzandosi nelle argomentazioni proposte dalla difesa profili
di macroscopica illogicità della motivazione, che soli, potrebbero qui avere
rilievo, si impone la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Segue, per legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese
processuali, nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla
volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 713 giugno 2000), ciascuno, al versamento a favore della cassa delle ammende
di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro 1000,00 (mille).

3

Sez. 4, Sentenza n. 2050 del 17/08/1996 Cc. (dep. 24/10/1996), Rv. 206104; Cass. Sez.
3, Sentenza n. 40873 del 21/10/2010 Cc. (dep. 18/11/2010), Rv. 248698).

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento
delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di C 1.000,00= in
favore della Cassa delle Ammende.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al
direttore dell’Istituto penitenziario competente, perché provveda a quanto
stabilito dall’art. 94, co. 1°, ter, disp. att. cod. proc. pen.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Così deciso in Roma il 13 novembre 2012

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