Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7464 del 13/11/2012

Penale Sent. Sez. 4 Num. 7464 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: IZZO FAUSTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA
PRESSO TRIBUNALE DI CAMPOBASSO
nei confronti di:
1) E.E.
2) C.C.
3) P.P.
4) L.L.
1) X.J.
avverso l’ordinanza n. 45/2012 TRIB. LIBERTA’ di CAMPOBASSO,
del 04/04/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FAUSTO IZZO;
1,9tte/sentite le conclusioni del PG

Data Udienza: 13/11/2012

1. Il Tribunale di Campobasso, su appello cautelare reale del P.M., disponeva
con ordinanza del 26.5.2010 il sequestro preventivo di un immobile in via di
ultimazione, sito in Campobasso, alla via De Luca, per l’edificazione del quale
era stato rilasciato il permesso di costruire n. 171 del 10/7/2006.
Il sequestro era stato applicato nell’ambito del procedimento penale a carico di
E.E. ed altri quali proprietari-venditori di un terreno sul quale, L.L. (amministratore unico della s.r.I “XX – Impresa edile
stradale”), acquirente, e XJ (progettista e direttore dei lavori
medesimi), avevano realizzato un fabbricato, composto da n. 24 appartamenti e
le relative autorimesse, considerato costruito in seguito al rilascio di titolo
abilitativo illecito.
L’illiceità del permesso di costruire veniva dedotta (sulla base di consulenza
tecnica disposta dal P.M.) dalle circostanze che:
a) il rilascio dello stesso si poneva in connessione con una dichiarazione con cui
i fratelli E.E., già nell’atto notarile di vendita dei suoli alla s.r.I “XX”, avevano attestato di essere unici proprietari di alcune particelle
fondiarie, tra quelle costituenti il lotto da edificare, la cui appartenenza, invece,
veniva contestata dalla loro congiunta T.T.. Dalla falsità di tale
attestazione discendeva, nella prospettiva accusatoria – ai fini della
determinazione del rapporto piano- volumetrico del fabbricato da assentire – il
superamento dei limiti di volumetria realizzabili in base alla reale estensione
della proprietà esclusiva e la violazione delle distanze minime di confine del
realizzando fabbricato rispetto alle particelle che non si appartenevano ai
richiedenti;
b) una porzione del piano entro-terra del fabbricato medesimo (destinato ad
autorimesse), risultava ubicato, secondo le previsioni del piano regolatore
generale comunale, in area di rispetto della viabilità principale, ove vigeva il
divieto assoluto di edificare costruzioni anche di carattere provvisorio.
Dal che le ipotesi di reati contestati di cui agli artt. 110, 81,48, 479 e 483 cod.
pen.; artt. 110, 48 e 323 cod. pen.; art. 110 cod. pen., D.P.R. n. 380 del 2001,
artt. 31 e 44, lett. b).
2. Il GIP del Tribunale di Campobasso, successivamente, a seguito della
presentazione di ulteriori elaborati tecnici da parte della difesa (sostanzialmente
una perizia redatta, su incarico del T.A.R., dall’ingegnere Alessio Venuta nell’ambito di
un giudizio promosso dalla s.r.l. XX contro il Comune di Campobasso),

revocava, con provvedimento del 17.1.2011, il sequestro preventivo,
rilevando:
a) l’incertezza in ordine alla titolarità, in capo a T.T., di una
porzione del suolo su cui insisteva parte dell’opera realizzata dalla società Di
C ri stofa ro ;
b) la inconfigurabilità della violazione della fascia di rispetto del nastro
stradale, poiché la strada di riferimento (via Coluto) era stata realizzata in luogo
diverso.

RITENUTO in FATTO

4. Avverso tale ordinanza di rigetto proponeva ricorso per cassazione il
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Campobasso.
Con sentenza del 17\11\2011 la III sezione di questa Corte annullava con
rinvio il provvedimento del Tribunale.
Osservava la Corte che l’amministrazione non aveva il compito di effettuare
complessi e laboriosi accertamenti diretti a ricostruire tutte le vicende
riguardanti il regime della proprietà dell’immobile in relazione al quale veniva
richiesto il rilascio del titolo abilitante, ed anzi, in ossequio al principio generale
del divieto di aggravamento del procedimento amministrativo, la stessa P.A.
poteva semplificare ed accelerare tutte le attività di verifica sul titolo prodotto,
valorizzando gli elementi documentali forniti dalla parte interessata. La
funzione autorizzatoria richiede un livello di istruttoria che comprende
l’acquisizione di tutti gli elementi sufficienti a dimostrare la sussistenza di un
qualificato collegamento soggettivo tra chi propone l’istanza ed il bene giuridico
oggetto dell’autorizzazione, senza poter prescindere dal considerare i
presupposti di fatto e di diritto che comunque possono incidere sulla
disponibilità dell’area da edificare da parte del richiedente. In sostanza la P.A.
non deve spingersi a ricercare di ufficio eventuali elementi preclusivi, limitativi
o estintivi del titolo di disponibilità allegato dal richiedente ma, qualora nel
corso del procedimento vi siano state acquisizioni da cui possa, fondatamente,
dedursi la sussistenza di tali elementi non poteva esimersi dal vagliarle e dal
dare conto della effettuata valutazione nel provvedimento conclusivo.
Osservava ancora la Corte che nella vicenda oggetto del ricorso il Tribunale,
pronunziandosi in un procedimento incidentale avente ad oggetto, per la sua
natura, non l’accertamento della responsabilità degli indagati, bensì la mera
configurabitità del fumus dei reati ipotizzati, aveva escluso l’esistenza di tale
fumus omettendo di indicare, in una situazione di pur riconosciuta incertezza
del regime proprietario di alcune particelle immobiliari (quelle rivendicate da
T.T.), quali fossero gli elementi sufficienti, allo stato al fine di
dimostrate la sussistenza di un’esatta delimitazione (nell’estensione e nei confini)
della proprietà dell’area interessata dall’edificazione nei suoi riflessi sul corretto
esercizio detto ius aedificandi.
Per quanto atteneva, poi, alla contestata edificazione di parte del fabbricato in
una zona di rispetto di strada pubblica, il Tribunale non aveva chiarito quale
fosse la effettiva situazione giuridica, accertamento questo rilevante in quanto:
a) in presenza di un vincolo di inedificabilità assoluta, esso avrebbe durata
quinquennale e, dopo la scadenza, l’edificabilità delle aree non più vincolate
sarebbe stata ammessa solo entro i limiti previsti dalla normativa vigente per
l’attività edilizia nei Comuni sprovvisti degli strumenti urbanistici generali
(assimilabilità alle cc.dd. zone bianche); b) in presenza di una mera imposizione di
distanze, solo conformativa della proprietà, la traslazione di fatto della strada
avrebbe imposto una conseguente modificazione delle previsioni di piano, che
non potevano ritenersi implicitamente correlata alla mutata situazione di fatto,
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3. Avverso tale provvedimento proponeva appello ex art. 322 bis c.p.p. il P.M.
ed il Tribunale, con ordinanza del 30 marzo 2011, respingeva il gravame,
prestando adesione alle argomentazioni svolte dal GTP.

ma doveva introdursi con la procedura delle varianti di piano prescritta dalla
legislazione urbanistica della Regione Molise.

6. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica di
Campobasso, lamentando :
6.1. la violazione di legge ed il vizio di motivazione, laddove il giudice di
merito, aveva attribuito rilevanza alla situazione di fatto relativamente al titolo
di proprietà dei terreni, piuttosto che ai dati catastali;
6.2. la violazione di legge ed il vizio di motivazione, in relazione alla ritenuta
caducazione del vincolo di inedificabilità nella zona di rispetto. Infatti la
variante al P.R.G., deliberata il 11\12\2000 (n. 82) di eliminazione del vincolo
non era stata approvata dalla Regione Molise. Pertanto il vincolo di non
edificabilità doveva ritenersi ancora vigente.

CONSIDERATO in DIRITTO
7. Il ricorso è inammissibile.

7.1. Va premesso che ai sensi dell’art. 325 c.p.p. il ricorso per cassazione
contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è
ammesso solo per violazione di legge. Questa Corte di legittimità, con
orientamento consolidato, ha precisato che in tale nozione sono da
comprendere sia gli “errores In iudicando” che “in procedendo”, sia quei vizi
della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo, posto a
sostegno del provvedimento, o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi
di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere
comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (cfr. ex plurimis, Cass. Sez. U,
Sentenza n. 25932 del 29/05/2008 Cc. (dep. 26/06/2008), Rv. 239692).

Va pertanto valutare la compatibilità delle doglianze formulate dal P.M. con il
giudizio cautelare reale in cassazione.

7.2. Orbene il Tribunale ha rilevato, quanto alla titolarità del terreno per il
quale era stato concesso il permesso di costruire, che fin dal 1987, da una
perizia redatta dall’ing. Marrone, era risultato che le particelle 568, 570 e 571
erano eccedenti rispetto alla zona di possesso della De Ciantis, per tale motivo
non le aveva ricomprese negli atti di vendita. Di contro, da documentazione
fotografica era stato attestato che fin dal 1975 tali particelle erano state in
possesso del E.E. che ivi aveva edificato strutture adibite a deposito ed
attività commerciali. Conseguiva da ciò che il E.E. e gli altri, negli atti di
vendita alla “XX s.r.l.”, non avevano dichiarato il falso in ordine alla
titolarità delle particelle che di fatto a loro appartenevano.
Pertanto, se è vero che la P.A. ha l’obbligo, prima di provvedere al rilascio del
titolo abilitativo edilizio, di verificare la sussistenza, in capo al richiedente, della
legittimazione soggettiva a richiederlo, essa però non deve spingersi gli
accertamenti fino a ricostruire le vicende relative al regime di proprietà
dell’immobile in relazione al quale viene richiesto il rilascio del titolo abilitante.
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5. Con ordinanza del 4\4\2012 il Tribunale di Campobasso, giudicando in sede
di rinvio, rigettava nuovamente l’appello del P.M.

(cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5633 del 17/11/2011 Cc. (dep. 14/02/2012), Rv.
251884).

Nel caso di specie dalla motivazione del provvedimento del Tribunale si rileva
che tale verifica è stata fatta dall’ente comunale ed il giudice di merito, con
coerente e logica motivazione ha dato atto della adeguatezza delle verifiche
effettuate circa la titolarità dei fondi in relazione al rapporto piano-volumetrico.
Le censure formulate dal ricorrente, pertanto sono inammissibili, in quanto
segnalano un vizio di motivazione piuttosto che la violazione di legge.
relativa alla costruzione di parte del fabbricato in area di rispetto.
Sul punto ha osservato il Tribunale che dalle dichiarazioni del dirigente del
settore urbanistico comunale, arch. Paola Lozzi, era emerso che il vincolo di
inedificabilità assoluto era decaduto per lo spostamento del tracciato della
strada pubblica. Pertanto, essendo diventata la zona oggetto di edificazione,
una c.d. “zona bianca”, con destinazione semiresidenziale, nessuna violazione
della zona di rispetto si era consumata.
Sul punto il P.M. ha osservato che la variante al Piano Regolatore non era
stata approvata dalla Regione Molise, per cui il vincolo doveva ritenersi ancora
vigente. Tale censura è priva di autosufficienza non solo dal punto di vista
documentale, ma anche come allegazione di fatto. Invero il P.M. non precisa se
la Regione ha rigettato la variate comunale ovvero semplicemente non l’abbia
approvata. La circostanza è rilevante in quanto, ai sensi dell’art. 25, co. 2°,
della legge 46 del 1985, il silenzio regionale equivale ad assenso.
Pertanto, appare coerente quanto fatto dal Tribunale che si è affidato alle
parole del dirigente del Settore Urbanistica del Comune di Campobasso, il
quale ha riferito circa la conformità urbanistica della costruzione, non essendo
stata violata alcuna zona di rispetto.
Consegue da quanto detto la manifesta infondatezza della censura del P.M. su
tale punto e la coerenza della decisione del Tribunale il quale ha rilevato
l’assenza del “fumus commissi delicti”, rigettando l’appello del P.M.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma il 13 novembre 2012
Il Consigliere estensore

Il Presidente

7.3. Analoghe considerazione devono esser fatte in ordine alla doglianza

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