Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 745 del 24/10/2016
Penale Ord. Sez. 7 Num. 745 Anno 2017
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: TUTINELLI VINCENZO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CABRAS TITO nato il 20/12/1966 a TALANA
avverso la sentenza del 12/06/2015 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO TUTINELLI;
Data Udienza: 24/10/2016
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
La CORTE APPELLO di FIRENZE, con sentenza in data 12/06/2015,
confermava la condanna alla pena ritenuta di giustizia pronunciata dal
TRIBUNALE di LIVORNO, in data 23/11/2011, nei confronti di CABRAS TITO in
relazione al reato di cui alli art. 628 CP.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo i seguenti motivi:
– vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilita’.
-violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al trattamento
circostanze attenuanti generiche e alla eccessività della pena.
I motivi così proposti risulta inammissibili.
Deve infatti rilevarsi che, nella formulazione dei motivi, il ricorrente
ripropone in sostanza i medesimi motivi di appello, senza nemmeno prendere in
considerazione l’articolato tenore della motivazione che, punto per punto,
confutava-con argomentazioni logiche, congrue, coerenti con il contenuto del
fascicolo processuale- le valutazioni in fatto così proposte. Sotto tale aspetto, il
ricorso risulta essere aspecifico. Tra i requisiti del ricorso per cassazione vi è
infatti anche quello, sancito a pena di inammissibilità, della specificità dei motivi
: il ricorrente ha non soltanto l’onere di dedurre le censure su uno o più punti
determinati della decisione impugnata, ma anche quello di indicare gli elementi
che sono alla base delle sue lagnanze. Nel caso di specie il ricorso è
inammissibile perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c)
c.p.p. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata ampia e
logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura
formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi
mossi ed esercitare il proprio sindacato.
Per altro verso, con specifico riferimento al primo motivo di ricorso, deve
ricordarsi che, secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, esula
dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto
posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva,
riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la
mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione
delle risultanze processuali (per tutte: Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402,
Dessimone, riv. 207944; tra le più recenti: Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 06/02/2004, Elia, Rv. 229369).
I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile
ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal
giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha
esplicitato le ragioni del suo convincimento.
sanzionatorio, con specifico riferimento alla mancata concessione delle
Con riferimento al secondo motivo di ricorso, la mancata concessione delle
circostanze attenuanti generiche è giustificata da motivazione esente da
manifesta illogicità, che, pertanto, è insindacabile in cassazione (Cass., Sez. 6,
n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato
da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel
motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in
considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o
rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti
valutazione (Sez. 2, n.3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n.
34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244).
Infine, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle
diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella
discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la
pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne
discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad
una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia
frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del
30/09/2013 – 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie non ricorre. Invero, una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla
quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per
circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla
misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto
dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: ‘pena
congrua’, ‘pena equa’ o ‘congruo aumento’, come pure il richiamo alla gravità del
reato o alla capacità a delinquere (Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv.
245596)
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati
i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal
ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che
ritiene equa, di euro duemila a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila alla cassa delle ammende.
Così deciso il 24/10/2016
decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale