Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7449 del 16/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 7449 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CASARUBEA CRISTINA N. IL 09/02/1963
CASARUBEA FRANCESCO N. IL 18/10/1964
CASARUBEA OLGA N. IL 03/03/1969
CASARUBEA MANUELA N. IL 04/09/1975
avverso il decreto n. 135/2010 CORTE APPELLO di PALERMO, del
17/09/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRAZIA
LAPALORCIA;
lette~le conclusioni del PG Dott. R.. A kr / E L

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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 16/10/2013

RITENUTO IN FATTO

1. I ricorsi proposti con unico atto dai difensori procuratori speciali di Cristina, Francesco,
Olga e Manuela CASARUBEA, in proprio e quali eredi di Domenico Casarubea,
riguardano il decreto della Corte d’Appello di Palermo in data 17-9-2012, con il quale è
stato confermato, relativamente alla posizione dei predetti, il decreto emesso dal
tribunale della stessa città il 6/22-10-2008.

della sorveglianza speciale di PS nei confronti, da un lato, di Alessandro Mannino e
Vincenzo Marcianò, dall’altro di Rosario Inzerillo, nonché alla confisca ex art. 2 ter legge
575/1965 nei confronti dei predetti del 20% delle quote della società Las Vegas Bingo
srl, era stata anche disposta la confisca ai sensi degli artt. 3 quater e 3 quinquies legge
575/1965 dell’80% delle quote intestate ai Casarubea della stessa società, operante in
un immobile nella formale titolarità della Edilizia Pecora di Maurizio Pecora &C snc, ma
in realtà riconducibile al mafioso Antonino Rotolo nei cui confronti l’immobile era stato
confiscato.
3. La corte territoriale riteneva, sulla base di intercettazioni ambientali eseguite in un box
annesso al luogo della detenzione domiciliare del Rotolo, avvalorate dagli esiti della
perizia disposta in secondo grado, che le vicende relative alla costituzione della società
e all’acquisizione da parte della stessa della concessione per l’esercizio del gioco del
bingo deponessero per la partecipazione occulta alla compagine sociale dei proposti
Mannino, Marcianò ed Inzerillo mediante l’investimento di capitali illeciti per l’avvio
dell’attività e la conseguente partecipazione agli utili. Infatti: la costituzione della
società era stata seguita dalla stipula del contratto di locazione dell’immobile da
destinare a sala bingo pur in assenza dei requisiti per ottenere la relativa licenza,
conseguita mediante acquisto del ramo di azienda della Almeida srl che comprendeva
tale licenza; gli investimenti per la realizzazione della sala bingo ammontavano a oltre
un milione 100mila euro, non contabilizzati per oltre 500mila euro; il fondo cassa
risultava gestito in modo anomalo con prelievo in contanti di circa tre milioni e mezzo di
euro, il cui utilizzo era indimostrato per circa due milioni. Pertanto la confisca delle
quote di partecipazione nella stessa dei Casarubea era ritenuta giustificata dalla
obiettiva agevolazione che alle attività illecite dei proposti era stata garantita dalla
possibilità di investire i loro capitali, di innegabile origine delittuosa in quanto legati alla
loro attiva e perdurante partecipazione al sodalizio mafioso.
4.

I ricorrenti deducono due motivi di doglianza.

5. Il primo: violazione ed errata applicazione degli artt. 3

quater e 3 quinquies legge

575/1965 in quanto il decreto avrebbe ritenuto la sufficienza ai fini della confisca degli
schemi presuntivi funzionati alla sospensione dall’amministrazione, valorizzando
l’agevolazione dell’attività dei proposti tramite l’esercizio di quella economica confiscata,

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2. Con quest’ultimo provvedimento, oltre all’applicazione e, rispettivamente, alla proroga

senza considerare che la confisca può colpire solo beni frutto di attività illecite o di
reimpiego degli stessi e che la sproporzione tra redditi ed attività economica svolta non
rileva ai fini del citato art. 3

quinquies.

Comunque la corte territoriale, sotto

quest’ultimo profilo, non aveva considerato che i Casarubea avevano ricavato la somma
di C 1.456.000 dalla cessione del 50% della Kursaal, documentata anche se non
dichiarata al fisco, somma idonea a giustificare la lecita provenienza degli investimenti
non contabilizzati (C 561.728) e dei versamenti dei soci (C 327.101). Inoltre le

trascurandosi che da esse risultava che l’80% delle quote di Las Vegas Bingo era di
esclusiva proprietà dei ricorrenti senza essere frutto di illecite attività o di reimpiego di
tale frutto, mentre la circostanza che il 20% fosse stato ritenuto di pertinenza dei
proposti Mannino, Marcianò ed Inzerillo non costituiva automaticamente indizio della
provenienza illecita delle quote dei ricorrenti.
6. Con il secondo motivo si eccepiva che il decreto che aveva disposto la confisca era stato
depositato oltre il termine, ritenuto perentorio, di un anno da quello che aveva disposto
la sospensione dall’amministrazione, nonchè il mancato rispetto del termine di quindici
giorni previsto dall’art. 3 quinquies comma 2.
7. Il PG presso questa corte, dr. R. Aniello, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto dei
ricorsi.
8. In ordine al secondo motivo, trattato preliminarmente, il PG osservava che il termine di
un anno era stato rispettato in quanto il provvedimento di sospensione
dall’amministrazione era stato depositato il 23-10-2007 e quello di confisca il 22-102008, mentre quello di quindici giorni era stato correttamente ritenuto non perentorio
dalla corte territoriale sulla scorta di un indirizzo giurisprudenziale di questa corte
(Cass. 3232/2012, De Stefano).
9. Sul primo motivo l’organo requirente negava che la corte del territorio avesse ancorato
la conferma della confisca all’esistenza dei requisiti propri della sospensione
dall’amministrazione in quanto, pur avendo fatto riferimento all’agevolazione alle
attività illecite degli indiziati di mafia, aveva evidenziato che attraverso la società Las
Vegas Bingo si era data a costoro la possibilità di investire i loro capitali di innegabile
origine delittuosa in quanto legati alla loro partecipazione al sodalizio mafioso. Inoltre la
corte territoriale aveva valorizzato la sproporzione tra il reddito dei Casarubea e
l’attività svolta per dedurne, sulla base della perizia, l’impossibilità di costoro di disporre
delle somme immesse nella società, la provenienza delle quali dai tre proposti era stata
desunta dal contenuto delle intercettazioni, interpretate con motivazione non
manifestamente illogica e comunque non apparente.
10.1 difensori dei ricorrenti hanno presentato memoria con motivi aggiunti pervenuta in
cancelleria il 3-10-2013.

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intercettazioni non erano state oggetto di compiuta valutazione in tal modo

11.Con il primo motivo si deducono i vizi sub b) ed e) art. 606 codice di rito in relazione
all’art. 3 quinquies, comma 1, per motivazione apparente in quanto dalla premessa
della riservatezza della partecipazione di Marcianò, Mannino ed Inzerillo neraffare del
bingo’ mantenuta anche all’interno del sodalizio, si era tratta la conclusione,
logicamente e giuridicamente incompatibile, che la successiva espansione dell’attività
economica della Las Vegas Bingo fosse in stretta derivazione causale con la forza
derivante dal vincolo associativo dei suoi soci occulti. Inoltre, mentre si era soltanto

l’origine illecita di tali capitali era a sua volta meramente congetturale posto che dalle
intercettazioni risultava che Mannino non aveva sborsato neppure un euro e Marcianò
era dovuto ricorrere ad un prestito per procurarsi la somma di C 37.000, né la corte
territoriale aveva indicato da quali elementi di fatto avesse tratto la conclusione della
presenza di illeciti investimenti ad opera dei soci occulti.
12. Con il secondo motivo aggiunto si lamenta violazione di legge per essere stata ritenuta
di provenienza illecita, perché oggetto di evasione fiscale, l’intera somma conseguita da
Francesco Casarubea per la cessione della sua partecipazione nella Kursaal, mentre
evasa al fisco era solo la plusvalenza ricavata dalla alienazione, pari al 27% con
conseguente illecito amministrativo e non necessariamente illecito penale.
13.11 terzo motivo censura con lo stesso vizio il provvedimento impugnato per aver
sottoposto a confisca l’intera partecipazione dei Carubea e non soltanto la quota
corrispondente alla somma ritenuta frutto o reimpiego di attività illecita, pur essendosi
dato atto che i predetti avevano investito nella società risorse lecite contabilizzate e
traccia bili.
14. Con il quarto motivo aggiunto si deducono i vizi sub b) e d) dell’art. 606 cod. proc. pen.
per non essere stata fatta applicazione dei criteri e principi per contro applicati con
riguardo alla confisca inerente alla società che gestiva il bar all’interno della sala bingo.
15. I ricorrenti riprospettano da ultimo le questioni sull’inosservanza del termine di un anno
e di quello di quindici giorni antecedenti all’udienza osservando come il decreto che
aveva disposto la sospensione dall’amministrazione temporanea recasse la data del 18
ottobre 2007 e quello relativo alla confisca fosse stato depositato il 22-10-2018 (rectius
2008), essendo del pari rimasto inosservato quello di quindici giorni.
16.Con atto apparentemente unito ai motivi aggiunti in quanto privo dell’indicazione della
data del deposito o del pervenuto in cancelleria, i difensori hanno sollevato questione di
legittimità costituzionale dell’art. 3 quater in relazione all’art. 3 Cost. (e ad altre norme
costituzionali) e all’art. 13 CEDU in mancanza di previsione di un sindacato
giurisdizionale sull’applicazione della sospensione provvisoria dall’amministrazione, che
costituisce il presupposto della confisca ex art. 3 quinquies.

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ipotizzato che soci occulti avessero investito i loro capitali nella Las Vegas Bingo,

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’esame delle doglianze deve muovere, secondo quanto correttamente evidenziato nella
requisitoria scritta del PG, dal secondo motivo di ricorso che, investendo la natura dei
termini che scandiscono le fasi della procedura della sospensione temporanea
dall’amministrazione dei beni e della successiva confisca, esige trattazione prioritaria.
2. Le questioni prospettate con tale motivo sono prive di fondamento.

mesi tra il decreto che ha disposto la sospensione temporanea e quello che ha
deliberato la confisca in quanto il primo provvedimento risulta depositato il 23-10-2007,
il secondo il 22-10-2008, mentre i ricorrenti, ponendo a raffronto elementi non
omogenei, hanno tenuto conto della data del primo decreto, 18 ottobre 2007, invece
che di quella successiva del deposito.
4.

Non ricorre, in secondo luogo, il vizio di violazione di legge, pure dedotto con il secondo
motivo, per mancato rispetto del termine di quindici giorni di cui all’art. 3 quinquies,
comma 2, L. 575/1965, trattandosi di termine ordinatorio secondo quanto già ritenuto
dalla corte territoriale che si è allineata all’indirizzo giurisprudenziale di questa corte
fondato sull’interpretazione testuale e sistematica della norma. La natura ordinatoria del
termine in questione è avvalorata, alla stregua di tale indirizzo, da un lato dalla
mancata previsione di conseguenze sanzionatorie in caso di inosservanza, che contrasta
con il principio regolatore dei termini perentori, dall’altro dall’orientamento
giurisprudenziale di questa corte -da cui è possibile trarre, a contrario, argomenti a
favore della tesi qui condivisa- che ha stabilito la perentorietà soltanto del termine di
due anni previsto dall’art. 2 ter L. 575/1965 e, di conseguenza -non essendo state
ravvisate ragioni per derogare a tale disciplina in presenza di due provvedimenti aventi
entrambi natura ablatoria di diritti costituzionalmente garantiti-, di quello di un anno
stabilito dagli artt. 3 quater e 3 quinquies stessa legge, affermando, in sostanza, che il
rispetto di tali termini è necessario -e quindi, per quanto qui interessa, sufficiente- ad
assicurare in entrambi i casi la validità ed efficacia del provvedimento di confisca (Cass.
Sez. U. 36/2000; Cass. 10237/2003).

5. Ciò sulla considerazione che la tassatività della connessione temporale tra
sequestro/sospensione temporanea dall’amministrazione dei beni e confisca risponde
alla logica del sistema intesa a limitare il protrarsi di una situazione d’incertezza, alla
quale corrisponde la compressione di diritti oggetto di tutela costituzionale (Cass. Sez.
u. 36/2000).
6. Esigenza che invece non ricorre nel caso del termine di quindici giorni antecedente la
scadenza di quello della sospensione temporanea di cui all’art. 3 quinquies, comma 2,
citato, il cui mancato rispetto, essendone la

ratio ravvisabile nella necessità di

instaurare il contraddittorio con la parte interessata, è destinato a restare privo di
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3. Va in primo luogo evidenziato il rispetto, nella specie, del termine perentorio di dodici

ricadute sulla validità ed efficacia del provvedimento di confisca, sempre che, s’intende,
come nella specie, il contraddittorio risulti regolarmente instaurato con la correlativa
realizzazione dell’esercizio del diritto di difesa, e il provvedimento ablatorio intervenga
nel termine massimo di un anno dal sequestro o dalla sospensione temporanea
dall’amministrazione dei beni.
7. Anche il primo motivo di gravame è infondato.
8. Con ragione l’organo requirente ha escluso che la corte del territorio abbia ancorato la

dall’amministrazione. Infatti il giudice di secondo grado, pur avendo richiamato
l’agevolazione prestata dalla Las Vegas Bingo srl alle attività illecite degli indiziati di
mafia, presupposto della sospensione dall’amministrazione -così tra l’altro
evidenziandone la sussistenza-, non ha mancato di dar conto, con chiaro riferimento al
presupposto della confisca, che, attraverso la predetta società, si era reso possibile ai
predetti di investire i loro capitali, di innegabile origine delittuosa in quanto legati alla
partecipazione al sodalizio mafioso.
9. Muovendo dal rilievo della partecipazione occulta alla Las Vegas Bingo dei tre proposti
(Marcianò, Inzerillo e Mannino) nella misura del 20%, che risulta pacificamente dalle
intercettazioni, il provvedimento impugnato ha valorizzato una serie di dati sintomatici
di indubbio rilievo a sostegno della conclusione che l’assunzione dell’iniziativa
imprenditoriale della gestione della sala bingo era stata tutta interna a ‘cosa nostra’ che
aveva favorito il rilascio della relativa concessione, mentre Marcianò era intervenuto
presso Rotolo per la locazione dell’immobile e Mannino ne aveva seguito i lavori di
adattamento.
10. Dati che, provenienti dalle intercettazioni, da indagini investigative e dalle dichiarazioni
del Puccio, consentivano la precisa ricostruzione delle sospette scansioni modali e
temporali che avevano portato dalla costituzione della società, alla locazione da parte
della stessa dell’immobile, da destinare al gioco del bingo, riferibile ad Antonino Rotolo,
seguita dalla sublocazione dello stesso alla Almeida, di cui era titolare il Puccio, che in
poco tempo aveva ottenuto, grazie alla disponibilità dei locali, il rilascio della licenza per
l’esercizio del gioco di cui sopra -che la Las Vegas Bingo non aveva i requisiti per
conseguire- e, sempre in stretta successione temporale, aveva ceduto a quest’ultima
società il ramo d’azienda comprensivo della licenza per l’esercizio di quel gioco,
rendendola così definitivamente operativa, nel giro di pochi mesi, in quel settore.
11. Nel quadro delineato risulta tutt’altro che improprio o stonato il riferimento, da parte
della corte territoriale, alla sproporzione tra la capacità economico-finanziaria dei
Casarubea e il denaro immesso nella società, di cui con ragione si è esclusa la
possibilità di provenienza dai ricorrenti, tenuto anche conto dei risultati della perizia
contabile disposta in secondo grado che aveva evidenziato la mancata parziale
contabilizzazione degli investimenti effettuati (che ammontavano a oltre un milione e
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conferma della confisca all’esistenza dei requisiti propri della sospensione

100mila euro e non erano stati contabilizzati per oltre 500mila euro), accompagnata
dalla presenza di rilevanti uscite per cassa contante carenti di prova della destinazione
(il fondo cassa era risultato gestito in modo anomalo con prelievo in contanti di circa tre
milioni e mezzo di euro, il cui utilizzo era indimostrato per circa due milioni).
12. Le anomale vicende tramite le quali la Las Vegas, grazie alle iniziative ed influenze
esercitate per l’avvio dell’attività dai soci occulti -uno dei quali in contatto diretto con il
Rotolo che aveva fornito la disponibilità dell’immobile-, aveva realizzato la gestione del

fratelli Casarubea non potevano disporre, sono state quindi valorizzate -con giudizio
incensurabile in questa sede che consente la deduzione, in subiecta materia, del solo
vizio di violazione di legge-, per concludere che vi fosse motivo di ritenere -conclusione
supportata dal contenuto delle intercettazioni interpretato con motivazione non
manifestamente illogica e comunque non apparente, e dagli esiti della perizia contabileche i tre proposti avessero immesso altre cospicue risorse, oltre quelle relative
all’acquisizione della partecipazione del 20% del capitale sociale, frutto delle loro illecite
attività, da cui erano derivati il successivo espandersi dell’impresa e il conseguente
reimpiego dei capitali illeciti.
17.La memoria con motivi nuovi a firma dei difensori dei ricorrenti, pervenuta nella
cancelleria di questa sezione il 3-10-2013, è tardiva, in quanto non rispettosa del
termine di 15 giorni anteriori all’odierna udienza. La circostanza che detti motivi fossero
stati inoltrati a mezzo posta con spedizione, risultante dalla busta, in data 28-9-2013, è
irrilevante essendo tale mezzo di trasmissione non consentito in quanto l’art. 585,
comma 4, cod. proc. pen. (cui si raccorda l’art. 611, ultima parte, stesso codice) detta
una disposizione diversa da quelle -di stretta interpretazione e rispondenti ad una ratio
differente da quella sottesa alla norma citata- di cui agli artt. 582, comma 2 e 583,
comma 1, stesso codice, relative alla presentazione dell’impugnazione, prevedendo il
citato art. 585, comma 4, esclusivamente il deposito dei motivi aggiunti -non anche
l’invio per posta- nella cancelleria del giudice dell’impugnazione, con la conseguenza
che il rischio che detti motivi, inviati per posta, giungano in cancelleria oltre il termine,
è a carico di chi si avvale di tale mezzo (Cass., Sez. VI, 7534/1995, Piliarvu; Cass.
3784/1994, Celone).
13.11 collegio è conseguentemente esonerato dall’obbligo di prendere in esame sia i motivi
nuovi (Cass. 18453/2012), sia l’ulteriore atto a firma dei difensori, privo di data tanto
del deposito quanto del pervenuto, con cui è stata sollevata una questione di
costituzionalità dell’art. 3 quater più volte citato, atto che, presumibilmente allegato alla
memoria con motivi nuovi, è stato a sua volta tardivamente presentato.
14. Non si ritiene di sollevare d’ufficio la relativa questione in quanto, a tacer d’altro,
irrilevante nel presente procedimento nel quale il provvedimento di sospensione

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gioco del bingo, in sinergia con l’immissione nell’attività di rilevanti capitali di cui i

temporanea dall’amministrazione dei beni non era stato oggetto di autonoma
impugnazione, né è stato investito da doglianze con il ricorso.
15. Al rigetto dei gravami segue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

P. Q. M.

Roma, 16-10-2013

Il consigliere est.

Il Presidente

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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