Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7445 del 03/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 7445 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI MELFI
nei confronti di:
SASSANELLI NICOLA N. IL 15/07/1978
inoltre:
POLISENO DAMIANO N. IL 06/04/1982
avverso la sentenza n. 13/2013 TRIBUNALE di MELFI, del
05/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO;
lette/spite le conclusioni del PG Dott. t2t .0 vci_JAIL2

Udit i difensor Avv.;

Data Udienza: 03/10/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Melfi, con sentenza del 05/01/2013 ha applicato, ai sensi dell’art. 444 cod.
proc. pen., a Damiano Poliseno e a Michele Desiderato la pena richiesta, in relazione ai reati
di tentato furto aggravato e porto ingiustificato di un coltello a serramanico, concedendo la
sospensione condizionale in relazione alla posizione del secondo. Con ordinanza del
09/10/2013, è stata disposta la correzione di errore materiale, fra l’altro, della stessa
decisione, sostituendo al nome “Desiderato Michele” il nome “Sassanelli Michele”.
2. È stato proposto ricorso per cassazione nell’interesse del Poliseno, cui ha fatto seguito una

3. Ha proposto ricorso per cassazione anche il Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Melfi, il quale, in relazione alla posizione del Sassanelli, ha rilevato: che
quest’ultimo, al momento dell’arresto e, successivamente, dinanzi al Tribunale, aveva
dichiarato di chiamarsi Michele Desiderato, nato a Bari in data 02/12/1977; che il P.M. aveva
prestato il proprio consenso alla richiesta di applicazione della pena, in quanto, sulla scorta
degli atti del fascicolo delle indagini preliminari e della certificazione del casellario giudiziario,
Michele Desiderato risultava incensurato; che con successiva comunicazione di notizia di
reato del NORM della Compagnia dei Carabinieri di Venosa, datata 07/01/2013, era emerso
che il prevenuto aveva fornito false generalità tanto alla P.G. che all’Autorità giudiziaria e
che, in realtà, egli doveva essere identificato in Nicola Sassanelli; che dal certificato del
casellario giudiziario emergeva che a carico del Sassanelli sussistevano numerosissimi
precedenti penali, molti dei quali specifici.
Il ricorrente ha, quindi, aggiunto che, se le generalità del Sassanelli non fossero state
maliziosamente taciute, il P.M. non avrebbe prestato il proprio consenso al raggiungimento
di un accordo, in quanto: sarebbe stata contestata la recidiva specifica, reiterata
infraquinquennale ed a pena eseguita, che si sarebbe aggiunta alle ritenute aggravanti; non
si sarebbe concordato con il giudizio di equivalenza delle circostanze; si sarebbe individuata
una diversa pena base.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso del P.M. è fondato.
È certamente esatto che, in tema di patteggiamento le parti, sia quella privata che pubblica,
una volta intervenuti l’accordo e la ratifica motivata, non possono più recedere
dall’irretrattabile patteggiamento e non possono proporre questioni che trovano una
preliminare soluzione e la necessaria sintesi nella transazione. (Sez. 5, n. 627 del
05/02/1999, Peressotti, Rv. 213520). Così come appare condivisibile il principio in forza del
quale, poiché il patteggiamento, quale negozio processuale, ha carattere formale, le
eventuali divergenze fra la dichiarazione resa e la volontà del dichiarante sono del tutto
irrilevanti e non valgono ad invalidare l’atto, non potendo trovare applicazione nei confronti
degli atti processuali di natura negoziale i principi che regolano la rilevanza dell’errore nei
negozi di diritto sostanziale. Il regime della nullità degli atti processuali è, infatti, informato

1

formale dichiarazione di rinuncia all’impugnazione.

al criterio della rigida tassatività, per cui la divergenza tra volontà e dichiarazione, in quanto
non prevista come causa di nullità, non può assumere rilevanza (Sez. 6, n. 3560 del
25/11/1993 – dep. 20/01/1994, Arvieri, Rv. 197720).
E, tuttavia, la presentazione della richiesta di applicazione della pena, se comporta l’implicita
rinunzia delle parti a far valere eccezioni e difese di natura sostanziale e processuale nei
limiti, rispettivamente, degli artt. 129 e 179 cod. proc. pen., lascia impregiudicate eccezioni
attinenti alla richiesta medesima e al consenso prestato (Sez. 4, n. 16832 del 11/04/2008,
Karafi e altro, Rv. 239543).

fisiologicamente connessa all’esame degli atti processuali e superata dalla manifestazione di
volontà, ma una volontà espressa sulla base di atti esattamente percepiti e tuttavia non
corrispondenti alla realtà, per effetto del dolo dell’imputato.
Ne discende che deve ritenersi inesistente la volontà di una della parti processuali, nel senso
che si registra un deficit assoluto di volontà, rispetto ad uno degli imputati, identificato in
altri per effetto del dolo dello stesso.
Il vizio sopra evidenziato rende invalido l’accordo su di essa concluso tra le parti e ratificato
dal giudice, comportando l’annullamento senza rinvio della sentenza che l’abbia recepito
(Sez. 3, n. 1883 del 22/09/2011 – dep. 18/01/2012, La Sala, Rv. 251796).
2. Il ricorso del Poliseno è invece inammissibile per intervenuta rinuncia, ai sensi dell’art.
591, comma 1, lett. d) cod. proc. pen.
3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende
che, valutata l’entità della vicenda processuale, appare equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Sassanelli Nicola e dispone
trasmettersi gli atti al Tribunale di Potenza per l’ulteriore corso. Dichiara inammissibile il
ricorso di Poliseno Damiano, che condanna al pagamento delle spese processuali e della
somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 03/10/2013

Il Componente estensore

Il Presidente

Ora, nella specie, non ricorre un’ipotesi di colposa, erronea percezione della realtà,

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