Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7444 del 03/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 7444 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE LUCA CORRADO N. IL 07/05/1967
avverso l’ordinanza n. 5265/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 14/12/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRAZIA
LAPALORCIA;
ITE
le tehentita le conclusioni del PG Dott. A. ex ( -4

&C), oLutt,C\

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Data Udienza: 03/10/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con provvedimento in data 14-12-2012 il Tribunale di Sorveglianza di Roma, a seguito di
annullamento con rinvio, da parte della prima sezione penale di questa corte (sentenza 6-62012), di un precedente provvedimento di accoglimento del reclamo del detenuto Corrado DE
LUCA avverso il decreto ministeriale della giustizia 14-7-2011 applicativo del regime di
sottoposizione al trattamento di cui all’art. 41 bis ord. pen., rigettava il proposto reclamo.

violazione di legge per introduzione, quale parametro di valutazione dei presupposti normativi
di applicazione del regime speciale, del ruolo apicale -nella specie ritenuto non sussistente- del
detenuto all’interno del sodalizio, che si era riverberata

sull’iter

argomentativo del

provvedimento rendendolo solo apparente.
3. Con il provvedimento impugnato il giudice del rinvio desumeva la pericolosità del De Luca
dalle sue condanne per appartenenza ad associazione di tipo camorristico e per omicidio,
attestanti risalente e continuativa appartenenza, con ruolo qualificato, a clan camorristico,
dalla sua latitanza per circa quattro anni significativa di ruolo di rilievo e comunque di interesse
strategico per l’associazione, dai contatti con Antonio e Mario Iovine, esponenti di spicco del
sodalizio, nonché dal dato sintomatico rappresentato dall’atteggiamento ossequioso tenuto nei
suoi confronti dagli altri detenuti, dei quali costituiva punto di riferimento, non potendo quindi
escludersi che la cattura di Antonio Iovine, sottoposto a regime carcerario differenziato,
potesse rendere il De Luca, ove sottoposto a regime detentivo ordinario, punto di riferimento
anche degli appartenenti al clan in stato di libertà.
4. Ricorre De Luca tramite il difensore deducendo con unico motivo violazione di legge e
mancanza di motivazione.
4.1 II ricorrente, dopo aver stigmatizzato il superamento dei limiti del controllo di legittimità da
parte della sentenza di annullamento, che non solo aveva dettato criteri di interpretazione della
vicenda, ma l’aveva valutata nel merito alla stregua del solo compendio documentale alla base
del decreto applicativo del regime speciale, trascurando le censure e produzioni poste nel
reclamo, censurava il provvedimento del tribunale di sorveglianza in sede di rinvio per aver
collegato la ricorrenza dei requisiti per la sottoposizione al regime speciale alla sola condanna
per reati ex art. 4 bis 0.P., e in particolare per reato associativo commesso fino al 1996 (con
asserito ruolo qualificato, mentre in realtà De Luca era stato condannato quale mero
partecipante, ruolo al quale si riferiva pure la successiva condanna non irrevocabile), senza
reputare necessari, ed individuare, elementi idonei a far ritenere la sussistenza di collegamenti
con l’associazione esterna. Infatti la persistente appartenenza al sodalizio (il decreto
ministeriale aveva genericamente citato dichiarazioni di collaboratori di giustizia senza indicarli
nominativamente), gli incontri con gli esponenti latitanti del gruppo e l’atteggiamento
ossequioso dei compagni di detenzione erano dati tutti sprovvisti di qualunque motivazione,

2

2. L’annullamento dell’ordinanza di accoglimento del reclamo era stato determinato da

che si rivelava quindi non solo apparente, ma tale da trarre addirittura le proprie premesse da
elementi inesistenti.
4.2 II provvedimento aveva trascurato, sempre secondo il ricorrente, tanto che l’unica
condanna irrevocabile per associazione camorristica riguardava un periodo fino al 1996
nell’articolazione facente capo al Venosa (con la quale non potevano più esservi collegamenti
posto che il De Luca l’aveva abbandonata per restare nel clan dei casalesi in contrasto con il
predetto Venosa), quanto che il nome dell’imputato non figurava nelle liste di Vincenzo

tribunale dato che quelle liste indicavano i percettori di somme da parte del clan e quindi tutti
i soggetti intranei allo stesso. Né si era tenuto conto che dal 1999 de Luca si era trasferito a
Roma dove gestiva un ristorante i cui acquisti di mozzarelle dallo Iovine erano regolarmente
fatturati.
Si chiedeva quindi l’annullamento dell’ordinanza.
5. Con requisitoria scritta il PG presso questa corte ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso sui seguenti rilievi.
5.1 Premesso che la modifica legislativa che ha inasprito la disciplina dell’art. 41 bis, è stata
sottoposta con esito positivo a vaglio di costituzionalità (Corte Cost. n. 190/2010), il requirente
ha osservato che, nell’ottica del sindacato di legittimità circoscritto al vizio di violazione di
legge, il ricorso è privo di fondamento allorchè il tribunale abbia dato conto, con congrua
motivazione, dell’attualità della pericolosità del detenuto, della persistenza di collegamenti con
la criminalità organizzata, della sussistenza di gravi motivi di ordine e sicurezza pubblica,
dimostrando la concreta capacità del predetto di mantenere tali contatti nonostante lo stato di
detenzione. Nella specie, a fronte di sufficiente motivazione su tali aspetti nel provvedimento
impugnato, il ricorso attacca, inammissibilmente, il giudizio di fatto formulato dal giudice di
merito e sollecita questa corte a sovrapporsi ai contenuti di tale giudizio, mentre, nella
materia, il ricorso per cassazione è proponibile solo per violazione di legge, vizio che, pur
ricomprendendo il caso di motivazione priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e
logicità, non ricorre nella specie.
Invero, sempre secondo il PG, posto che il tribunale ha ritenuto a) la perdurante operatività del
sodalizio di riferimento, b) il ruolo di rilievo svolto in esso dal condannato, c) la permanente
adesione dello stesso ai modi esistenziali anteriori alla detenzione, elementi idonei ad
esprimere l’alto livello di pericolosità del De Luca, il ricorrente si è limitato a non condividere il
valore segnaletico delle circostanze valorizzate nel decreto ministeriale e richiamate nel
provvedimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

3

Schiavone sequestrate il 13-12-2004, elemento erroneamente ritenuto non decisivo dal

2. Il tribunale di sorveglianza nell’esprimere il giudizio di pericolosità del De Luca ha
indicato una serie di elementi idonei a sostenere la conclusione dell’esistenza di
collegamenti con l’associazione.
3. Ci si riferisce, oltre che alle condanne del De Luca per partecipazione ad associazione di
tipo camorristico e per omicidio, attestanti risalente e continuativa appartenenza, con
ruolo qualificato, anche se non apicale, a clan camorristico, altresì a) alla sua latitanza
per circa quattro anni, significativa di ruolo di rilievo e comunque di interesse strategico

sodalizio, d) all’atteggiamento ossequioso significativamente tenuto nei suoi confronti
dagli altri detenuti, idoneo a dimostrarne il ruolo di punto di riferimento dei reclusi, con
conseguente possibilità che la cattura di Antonio Iovine, sottoposto a regime carcerario
differenziato, lo rendesse, in caso di sottoposizione a regime detentivo ordinario, punto
di riferimento anche degli affiliati in stato libertà.
4. Ciò posto, è innegabile che le censure mosse nel ricorso, sotto l’apparente deduzione
del vizio di violazione di legge -anche sotto il profilo della motivazione inesistente o
apparente-, investono in realtà, come osservato dal PG requirente, il giudizio di fatto
formulato dal giudice di merito, sollecitando questa corte a sovrapporsi ai contenuti di
esso, mentre, in subiecta materia, il ricorso per cassazione è proponibile solo per
violazione di legge, vizio che, pur ricomprendendo il caso di motivazione priva dei
requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità, non ricorre nella specie alla stregua
dell’iter argomentativo coerente e non manifestamente illogico seguito nel
provvedimento impugnato che ha concluso per l’alto livello di pericolosità del De Luca
argomentando dalla perdurante operatività del sodalizio di riferimento, dal ruolo di
rilievo svolto in esso dal condannato, dalla permanente adesione di questi ai modi
esistenziali anteriori alla detenzione.
5. A fronte di ciò il ricorrente, dopo aver inammissibilmente attaccato perfino la sentenza
di annullamento di questa corte, ha da un lato censurato il provvedimento del tribunale
di sorveglianza per aver ravvisato i requisiti per la sottoposizione al regime speciale
nell’unica condanna per reato associativo commesso fino al 1996 (partecipazione con
ruolo qualificato, anche se non apicale), senza considerare l’ulteriore condanna, per
quanto non irrevocabile (12-6-2012 Tribunale di Santa Maria Capua Vetere), per lo
stesso reato di partecipazione commesso in epoca successiva, dall’altro tentato di
svalutare, sotto il profilo della sussistenza di collegamenti con l’associazione esterna, il
dato della persistente appartenenza al sodalizio perché asseritamente basato su
dichiarazioni di collaboratori di giustizia che il decreto ministeriale non aveva indicato
nominativamente, nonché quello degli incontri con gli esponenti latitanti del gruppo e
quello dell’atteggiamento ossequioso dei compagni di detenzione, in quanto sarebbero
basati su dati inesistenti.

4

per l’associazione, c) ai contatti con Antonio e Mario Iovine, esponenti di spicco del

6. Il ricorrente non ha però tenuto conto che tali dati sono frutto di informazioni pervenute
al ministero dalla DDA e dalla DNA, che l’art. 41 bis espressamente annovera tra le
informazioni utilizzabili dal ministro della giustizia ai fini della sospensione delle regole
del trattamento penitenziario, trascurando inoltre che il giudizio di pericolosità che
giustifica la sottoposizione a regime carcerario speciale non è equiparabile ad un
giudizio di condanna, del quale non richiede quindi lo stesso livello probatorio. Senza
contare che ha pure del tutto obliterato la valenza sintomatica di immanenti legami con

da appoggi dell’associazione, dall’altro significativa dell’importanza riconosciuta al suo
ruolo all’interno della stessa.
7.

Risultano quindi assolti tanto l’onere a carico dell’Amministrazione di indicare i positivi
elementi che fondano il pericolo di collegamenti con l’associazione mafiosa di
provenienza quanto il dovere, per il tribunale di sorveglianza, di valutare, in sede di
reclamo, gli indici di pericolosità qualificata prospettati e di motivare sulla sussistenza
delle ragioni che legittimano la sospensione del trattamento (Cass. 41316/2009).

8. Gli ulteriori elementi richiamati dal ricorrente (il passaggio ad altra articolazione del
clan, la mancata presenza del suo nominativo nelle liste di Vincenzo Schiavone
sequestrate il 13-12-2004, gli acquisti di mozzarelle dallo Iovine regolarmente fatturati)
attengono del pari al motivato giudizio di fatto formulato dal giudice di merito e si
risolvono inammissibilmente nella sollecitazione a questa corte a sovrapporsi ai
contenuti di tale giudizio.
9. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso seguono le statuizioni di cui all’art. 616
cod. proc. pen. determinandosi in C 1000, in considerazione della natura delle
doglianze, la somma di spettanza della cassa ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di C 1000 in favore della Cassa delle Ammende.
Roma, 3.10.2013

l’associazione attribuita alla sua lunga latitanza, da un lato necessariamente assicurata

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