Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7437 del 11/12/2012


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 7437 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO
Plit~~12ffitritiztILDI MILANO
nei confronti di:
1) VIVALDO ANTONIO N. IL 02/11/1983 * C/
avverso la sentenza n. 1367/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
23/09/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO
9,
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. te4 t4am:
che ha concluso per

Udito, per
Udi dife r Avv.

ivile, l’Avv

Data Udienza: 11/12/2012

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Milano, con sentenza del 11/3/2010, condannò
Vivaldo Antonio, per il delitto di cui all’art. 73, commi 1 e ibis del d.P.R. n.
309/1990, in concorso con Tolotta Stefano (separatamente giudicato) alla
pena stimata di giustizia.
1.1. La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 23/9//2011,
per non avere commesso il fatto.
2. Avverso quest’ultima statuizione il Procuratore Generale della
Repubblica presso la Corte d’appello di Milano proponeva ricorso per
Cassazione.
2.1. Con l’unitaria censura illustrata il ricorrente denunzia violazione
della lett. e) dell’art. 606, cod. proc. pen.
La Corte territoriale, secondo l’assunto impugnatorio, inopinatamente
separando gli elementi di giudizio, era giunta alla conclusione assolutoria
attraverso motivazione illogica.
Anche ad ammettere che l’imputato avesse fornito plausibile spiegazione della
destinazione della non irrilevante somma di denaro (il giorno dopo avrebbe
dovuto pagare il meccanico), peraltro in banconote di piccolo taglio, ciò non
implicava affatto giustificazione della provenienza del denaro, ammontante ad
C. 1.360,00; né l’imputato era stato in grado di fornire tracce documentali o
apprezzabili indizi d’una lecita acquisizione, salvo a voler credere, tout court,
che si ebbe a trattare di dazione della madre, per un pagamento che si
sarebbe dovuto saldare solo il giorno dopo.
Incongruamente la condotta del Vivaldo era stata reputata di mera
connivenza. Invece, nel senso d’una attiva collaborazione all’attività di spaccio
perpetrata dal coimputato, militavano più elementi non evidenziati dalla Corte
milanese: il Tolotta, seduto sul sedile anteriore destro (il Vivaldo si trovava
seduto sul divano posteriore dell’autovettura), era munito di vistoso bilancino
di precisione e, con addosso occultate varie bustine di stupefacente, si fermò,
sempre a bordo dell’autovettura, per contattare l’acquirente, liberandosi delle
bustine tenute in mano all’arrivo della Polizia.
A parere del ricorrente una situazione di tal fatta doveva far escludere il
convincimento circa ruolo meramente passivo del Vivaldo, il quale, peraltro,
come solitamente si riscontrava nello spaccio al minuto, deteneva il denaro

1

accogliendo l’impugnazione, assolse il predetto imputato dal reato ascrittogli

derivante dall’illecita attività, sì da dissociarlo dal possesso dello stupefacente,
in caso di controlli da parte delle forze dell’ordine.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. il ricorso è fondato.
attraverso il quale la Corte territoriale,

ribaltando la decisione di primo grado, ha concluso per l’inadeguatezza, e,
comunque, insufficienza, del quadro probatorio a carico dell’imputato Vivaldo
Antonio appare manifestamente illogico e, in parte contraddittorio, in
relazione alle acquisizioni processuali.
L’errore principe, causa, ad un tempo, delle altre letture insoddisfacenti
della vicenda, deve identificarsi nella parcellizzazione e conseguente vaglio
disancorato dei singoli indizi, i quali, solo se, valutati, come la legge e la
logica impongono, nel loro insieme appaiono univoci.
Andando ad un esame analitico occorre rilevare che il possesso della
somma di denaro, costituita da banconote di piccolo taglio, rinvenuta nella
disponibilità dell’imputato ed ammontante ad C. 1.360,00, resta del tutto
ingiustificato: l’imputato, che non allega di svolgere proficua attività
lavorativa, adduce che il denaro (che, secondo il potere d’acquisto di un
salariato medio non può considerarsi affatto denaro da tasca), proveniente
dalla di lui madre, gli sarebbe servito, ma solo il giorno dopo, per pagare
pretesi lavori di meccanica. La situazione di fatto era tale da far ritenere che il
Vivaldo avesse ruolo qualitativamente diverso dalla mera connivenza non
punibile: il coimputato, seduto sul sedile anteriore destro, reggeva in mano un
bilancino, avendo l’immediata disponibilità di varie bustine contenente
stupefacente, che rea intento a cedere, previa contrattazione, agli avventori
che si avvicinavano. Nessuna ragionevolezza sarebbe rinvenibile nella
condotta del Vivaldo, che, per mero spirito di connivente contiguità, si fosse
posto In quella situazione. Peraltro, è abbastanza usuale e logico, che nello
spaccio su strada, siccome ha ricordato il ricorrente, il detentore dello
stupefacente deleghi ad un sodale la funzione di cassa, per ovvie ragioni.
Ciò posto s’impone l’annullamento dell’impugnata sentenza, con rinvio ad
altra sezione della Corte d’appello di Milano per nuovo vaglio, alla luce delle
superiori osservazioni.

P.Q.M.

2

Il percorso motivazionale

Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Milano.

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