Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7436 del 15/11/2012


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 7436 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) MONGELUZZO FIMINO, N. IL 25/8/1973,
avverso la sentenza n. 409/2010 pronunciata dal Tribunale di Avellino del
20/1/2011;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Salvatore Dovere;
udite le conclusioni del P.G. Dott. Mario Fraticelli, che ha chiesto l’annullamneto
con rinvio della sentenza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Avellino in data 20.1.2012, con sentenza resa con
motivazione contestuale, ha condannato Mongeluzzo Fimino alla pena di euro
3.200 di ammenda per il reato di cui all’art. 116, co. 13 CdS.
Il 27.5.2009 una pattuglia dei CC. aveva fermato per un controllo il
Mongeluzzo mentre era alla guida di un’autovettura circolante sulla pubblica via,
verificando che lo stesso era sprovvisto di patente di guida perché revocata con
decreto prefettizio del 27.9.2004, notificato al Mongeluzzo 1’8.10.2004.

3. Avverso tale decisione ricorre per cassazione nell’interesse del
Mongeluzzo il difensore di fiducia, avvocato Giuseppina Di Crescenzo.
3.1. Si deduce la nullità del decreto di citazione a giudizio. Questo venne
notificato all’imputato a mezzo agente postale, che consegnò l’atto a Mongeluzzo

Data Udienza: 15/11/2012

Annalisa, sorella dell’imputato, indicandola quale convivente del medesimo. Tale
stato di convivenza, rileva l’esponente, era insussistente, giacchè la donna ha
una propria residenza e non è nello stato di famiglia del fratello Fimino. In
secondo luogo l’agente postale ha omesso di far seguire alla notificazione
eseguita con le modalità sopra ricordate l’invio di una successiva raccomandata
al destinatario dell’atto, come imposto dalla legge n. 890/1982 per il caso che il
piego raccomandato venga consegnato a soggetto diverso dal destinatario
dell’atto da notificare.
4. Il

ricorso è manifestamente infondato e pertanto non merita

accoglimento.
4.1. Vale ricordare che, ai fini delle notificazioni, per familiare convivente
non si intende soltanto coloro che vivono stabilmente con il destinatario dell’atto
e quindi anagraficamente facciano parte della sua famiglia, ma anche quelle che,
per altri motivi, si trovino al momento della notificazione nella casa di abitazione
del medesimo, purché le stesse, per la qualifica declinata all’agente notificatore,
rappresentino a quest’ultimo una situazione di convivenza, sia pure di carattere
meramente temporaneo, che legittima nell’agente notificatore medesimo il
ragionevole affidamento che l’atto perverrà all’interessato (Cass., Sez. 3,
21.11.2007, n. 200. Cfr. anche Cass., Sez. 4, 4.6.2008, n. 27549; id., Sez. 4,
9.5.2006, n. 30863; id., Sez. 4, 12.1.2006, n. 14752; id., Sez. 1, 17.3.2005, n.
19035).
Fermo restando il fatto che le attestazioni dell’agente postale fanno fede fino
a querela di falso, le deduzioni del ricorrente non valgono quindi a dare
dimostrazione dell’esistenza di un vizio nella procedura di notificazione. Questa
Corte ha affermato che “in tema di notificazioni, nel caso in cui la notifica del
decreto che dispone il giudizio sia effettuata a mani dl persona convivente, come
tale indicata nella relazione dell’ufficiale giudiziario, l’eccezione di nullità fondata
sull’inesistenza del rapporto di convivenza può essere accolta solo quando il
deducente fornisca una prova rigorosa in tal senso. A tal fine è inidonea la
produzione di certificati anagrafici con indicazioni difformi dall’attestazione
contenuta nella relata di notifica, considerando che la convivenza rileva anche se
temporanea, e che la relativa nozione è comunque diversa da quella di
coabitazione (Cass. Sez. 5, sent. n. 7399 del 06/11/2009, Capano, Rv. 246092).
4.2. Con riferimento al secondo profilo di nullità del decreto di citazione a
giudizio evidenziato dal ricorrente, va ricordato che l’art. 7, u.c. della legge
890/1982 dispone che ove il piego sia stato consegnato ad uno dei soggetti
abilitati a riceverlo per il destinatario dell’atto, l’agente postale dà notizia

2

al

CONSIDERATO IN DIRITTO

destinatario medesimo dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera
raccomandata.
L’eventuale nullità verificatasi a seguito della asserita omissione dell’invio
della raccomandata prevista dalla norma appena ricordata ha regime intermedio,
secondo il principio affermato dalle SU., secondo il quale “in tema di
notificazione della citazione dell’imputato, la nullità assoluta e insanabile prevista
dall’art. 179 cod. proc. pen. ricorre soltanto nel caso in cui la notificazione della
citazione sia stata omessa o quando, essendo stata eseguita in forme diverse da
da parte dell’imputato; la medesima nullità non ricorre invece nei casi in cui vi
sia stata esclusivamente la violazione delle regole sulle modalità di esecuzione,
alla quale consegue la applicabilità della sanatoria di cui all’art. 184 cod. proc.
pen.” (Cass. S.U., sent. n. 119 del 27.10.2004, Palumbo, rv. 229539). Con la
medesima decisione si è anche precisato che l’imputato che intenda eccepire la
nullità assoluta della citazione o della sua notificazione, non risultante dagli atti,
non può limitarsi a denunciare la inosservanza della relativa norma processuale,
ma deve rappresentare al giudice di non avere avuto cognizione dell’atto e
indicare gli specifici elementi che consentano l’esercizio dei poteri officiosi di
accertamento da parte del giudice.
Trattandosi di nullità a regime intermedio verificatasi negli atti preliminari al
giudizio, quella lamentata dall’odierno ricorrente non può essere eccepita o
rilevata dopo la deliberazione della sentenza di primo grado. In ogni caso,
formulata la censura per esser stata fatta la notifica a mani di persona che si
assume non essere convivente con il destinatario dell’atto ed omesso l’invio della
raccomandata prevista dall’art. 7, u.c. I. 890/1982, il ricorrente non ha offerto
alcuna indicazione degli elementi dai quali trarre la certezza che egli non abbia
avuto cognizione dell’atto, comunque ricevuto al domicilio.
5. Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore
della cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di
euro 500,00 (cinquecento/00) a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 500,00 a favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15/11/2012.

quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto

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