Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7432 del 27/09/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 7432 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SELIS MARIO VINCENZO N. IL 23/01/1961
avverso l’ordinanza n. 20/2012 TRIBUNALE di CHIA VARI, del
16/05/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI;
lette/s ite le conclusioni del PG Dott. e,/ /7 q o ek_
USA.,

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 27/09/2013

„=.

Fatto e diritto
Propone ricorso per cassazione, Selis Mario Vincenzo, avverso la ordinanza in data 16 maggio 2012, con la
quale il Tribunale di Chiavari, quale giudice dell’esecuzione, in sede di rinvio dopo annullamento della
Cassazione, aveva disposto l’applicazione dell’istituto della continuazione tra una serie di condanne
irrevocabili.
Il ricorrente aveva richiesto il riconoscimento della continuazione con riferimento a 12 sentenze di
condanna per numerosissime rapine ed altro, commesse fra il 2004 e il 2007.
Il giudice dell’esecuzione aveva riconosciuto il vincolo della continuazione e, assunto come reato più grave

anch’essi calcolati in misura ridotta per il rito abbreviato.
La pena complessiva veniva fissata in anni 28, mesi 1 e giorni 20 di reclusione, oltre alla multa di € 10.986.
Questa Corte di Cassazione aveva ritenuto, in primo luogo, infondata la doglianza del ricorrente che aveva
sostenuto come, ai fini dell’applicazione della continuazione in sede esecutiva, dovesse applicarsi il criterio,
previsto invece per la fase di cognizione, secondo cui la riduzione per il rito abbreviato deve seguire e non
precedere il calcolo della pena dipendente dagli aumenti per i reati unificati nel vincolo della
continuazione.
È vero invece, ha sostenuto la Cassazione nella sentenza di annullamento con rinvio, che bene aveva fatto il
giudice dell’esecuzione a individuare la pena per il reato base e gli aumenti per continuazione, tutti già
singolarmente ridotti del terzo dovuto al rito abbreviato.
La Cassazione aveva anche ritenuto infondato l’ulteriore motivo di ricorso con il quale la difesa aveva
sostenuto che l’aumento di pena per la continuazione non avrebbe potuto essere superiore ad un terzo
della pena individuata per il reato base, sia pure riconsiderata nella sua entità precedente alla diminuzione
per il rito abbreviato.
Nella sentenza della prima Sezione di questa Corte si è, infatti, posto in evidenza la chiarezza del dato
normativo ricavabile dall’articolo 81 comma quattroc.p. secondo cui, per i recidivi reiterati, l’aumento di
pena per la continuazione “non può essere comunque inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato

più grave”.
Si è, cioè, posto in evidenza che il giudice dell’esecuzione, per il quale pure opera il precetto in questione,
nel fissare l’aumento per i reati in continuazione nei confronti di un recidivo reiterato, non può aumentare
in misura inferiore a un terzo della pena per il reato base: ciò che significa che è tenuto ad aumentare in
misura uguale o superiore a quella di un terzo della pena fissata per il reato base: con il limite complessivo
previsto dai commi uno e tre dell’articolo 81, secondo cui l’aumento in questione non può comunque
produrre un effetto peggiore del cumulo materiale delle pene e non può superare la soglia del triplo della
pena prevista per il reato base.
Infine la Cassazione aveva ritenuto fondato- e in tali limiti operato l’annullamento con rinvio-il motivo di
ricorso con il quale era stata lamentata la violazione del principio del necessario scioglimento- ad opera del
giudice dell’esecuzione che si trovi a valutare la continuazione fra più condanne, tra le quali ve ne sia una o
più che comprenda, al proprio interno, il riconoscimento della continuazione- della continuazione già
riconosciuta in occasione della emissione delle singole sentenze di condanna.
Inoltre il giudice di legittimità aveva censurato la mancata indicazione dei criteri seguiti dal giudice nella
determinazione degli aumenti in continuazione.

1

per la pena base, quello giudicato con sentenza del 13 marzo 2008, del Gup di Lucca, aveva proceduto a
calcolare su tale pena, già ridotta per il rito abbreviato, gli aumenti in relazione a tutti gli altri reati giudicati,

Il giudice dell’esecuzione procedeva dunque, in sede di rinvio, ad individuare la pena per il reato base, già
diminuita per il rito abbreviato, nonché l’aumento per ciascun reato satellite, anch’esso già diminuito per il
rito abbreviato, e perveniva alla individuazione della pena complessiva, col criterio moderatore di cui
all’articolo 78 cp, di anni 30 di reclusione ed euro 5620 di multa.
Deduce il ricorrente la illegittimità del computo eseguito dal giudice dell’esecuzione che, dando attuazione
dei principi della sentenza di annullamento della Cassazione, era pervenuto ad un risultato più sfavorevole
rispetto al primo giudice investito.
Inoltre, denuncia la violazione degli articoli 442 e 671 cpp in ragione del fatto che il riconoscimento della
avrebbe dovuto portare ad un risultato uguale o, addirittura, più sfavorevole.(Cass. n. 2884 del 1995, rv
201748).
In terzo luogo lamenta la violazione dell’articolo 81 quarto comma cp, norma che, secondo il ricorrente,
dovrebbe comportare un limite nella determinazione dell’aumento per continuazione pari a un terzo della
pena per il reato base ( sent. Cass.n. 9313 del 2011).
Inoltre il difensore ricorda la giurisprudenza di legittimità (sentenza n. 2007 del 2010) secondo cui la
diminuzione per il rito abbreviato deve seguire e non precedere il calcolo della pena per il reato continuato.
In conclusione, il ragionamento del difensore avrebbe portato ad individuare la pena complessiva nella
misura massima di anni 14 e giorni 28 di reclusione oltre la multa.
Il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il ricorso è infondato deve essere rigettato.
A norma dell’articolo 627 comma tre cpp, il giudice di rinvio si uniforma alla sentenza della Corte di
cassazione per ciò che concerne ogni questione di diritto con essa deciso.
Nel caso di specie, come sopra posto in evidenza, la prima Sezione di questa Corte, con la sentenza del 20
ottobre 2011, di annullamento con rinvio, ha fissato il principio- mutuato dalla sentenza n. 42316 del 2010
alla quale ha operato un richiamo- secondo cui , in sede di esecuzione, sotto ogni profilo – sia
relativamente al delitto base, che ai reati satellite – la riduzione dell’art. 442 c.p.p., comma 2, precede (e
non segue) la somma degli addendi della sanzione finale da irrogare per il reato continuato e, pertanto, a
fortiori, necessariamente, pure, precede la eventuale applicazione del criterio moderatore nel caso che la
succitata somma ecceda il limite del cumulo giuridico.
Inoltre , nella stessa sentenza, è stato affermato il principio in base al quale l’articolo 81 quarto comma cp
fissa il limite “minimo” ( un terzo della pena per il reato più grave) e non il limite “massimo” per l’aumento
di pena che il giudice dell’esecuzione deve stabilire, nell’applicare la continuazione al recidivo reiterato.
Due sono, dunque, i principi di diritto enunciati dalla Cassazione a fondamento della statuizione di rigetto
dei correlati motivi di ricorso, e in relazione di essi, avendo, oltretutto, il giudice del rinvio realizzato un
perfetto allineamento, non è più ammessa una nuova doglianza, da parte del difensore dell’impugnante,
che valga a riaprire la discussione sul tema.
In altri termini vanno dichiarate inammissibili le censure con le quali il ricorrente nuovamente ripropone la
già dibattute questioni sul momento in cui debba essere calcolata la diminuzione dovuta al rito abbreviato,
da parte del giudice dell’esecuzione, e quella sulla interpretazione dell’articolo 81 quarto comma c.p.
Restano da esaminare le doglianze a proposito del fatto che il calcolo del giudice dell’esecuzione avrebbe
comportato un risultato più sfavorevole rispetto alla decisione del primo giudice dell’esecuzione investito e
comunque non più favorevole rispetto al cumulo giuridico operato dal pubblico ministero.
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continuazione tra più reati oggetto di un cumulo giuridico di pene ad opera del pubblico ministero, non

# a

Sotto il primo profilo deve osservarsi che la doglianza risulta del tutto generica, non richiamando alcuna
violazione di legge specifica.
D’altra parte è evidente che il risultato conseguito dinanzi al primo giudice dell’esecuzione non si è mai
consolidato ed anzi, proprio in accoglimento dell’impugnazione dell’imputato, quel provvedimento è stato
annullato e non può costituire termine di comparazione per rivendicare un risultato non modificabile in
peggio in sede di impugnazione.
In ordine alla seconda questione deve osservarsi, come già posto in evidenza nella sentenza di
annullamento con rinvio, che il limite massimo nella determinazione degli aumenti per continuazione, oltre
a quello stabilito nel comma uno dell’articolo 81 c.p. (il triplo della pena fissata per il reato base) è dato dal
cumulo materiale delle pene, essendosi in tal senso espressamente pronunciato il legislatore con l’articolo
81 comma tre c.p.
Anche la giurisprudenza di questa Corte ha osservato che il giudice dell’esecuzione può determinare la pena
in applicazione della disciplina del reato continuato in misura inferiore o eguale alla somma delle pene
inflitte in sede di cognizione, con le singole sentenze prese in considerazione (Sez. 1, Sentenza n. 12894 del
07/03/2008 Cc. (dep. 26/03/2008) Rv. 239655).
Nel caso di specie, il cumulo delle pene derivanti dalle condanne, come effettuato dal pubblico ministero
nel provvedimento citato a pagina quattro della sentenza di annullamento della Cassazione, pari ad anni 30
di reclusione, non risulta ovviamente superato in peggio ma solo uguagliato dal cumulo giuridico operato in
sede di continuazione.
Tale conclusione appare in linea con la giurisprudenza sopraccitata, alla quale si presta piena adesione,
ritenendosi non condivisibile — perché non in linea col dettato normativo e neppure imposto da
considerazioni di ordine sistematico- il diverso principio, evocato dal ricorrente, secondo cui il cumulo
giuridico delle pene derivante dalla continuazione dovrebbe risultare sempre inferiore al cumulo delle
pene derivante dalla applicazione degli artt. 73 e 78 cp.
Si tratta di una affermazione isolata nella giurisprudenza che, al contrario, con costanza osserva che il
giudice dell’esecuzione, nel riconoscere la continuazione criminosa, è tenuto, per il computo degli aumenti
di pena, a non applicare una pena che “superi” la somma delle singole condanne (Sez. 1, Sentenza n. 48833
del 09/12/2009 Cc. (dep. 21/12/2009 ) Rv. 245889; Conformi, sotto tale specifico profilo, N. 31429 del
2006 Rv. 234887, N. 12704 del 2008 Rv. 239376; Rv. 239376, Rv. 234887).
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso il 27 settembre 2013
Il Presidente

il Cons. est.

(

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