Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 742 del 24/10/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 742 Anno 2017
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: TUTINELLI VINCENZO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CAROSI MAURO nato il 04/03/1970 a ALBANO LAZIALE

avverso la sentenza del 15/10/2015 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO TUTINELLI;

Data Udienza: 24/10/2016

v

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
La CORTE APPELLO di ROMA, con sentenza in data 15/10/2015,
parzialmente riformando la sentenza pronunciata dal TRIBUNALE di VELLETRI, in
data 16/06/2011, nei confronti di CAROSI MAURO confermava la condanna in
relazione al reato di cui alli art. 628 CP.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo i seguenti motivi:
-violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta
responsabilita’.
verbale di arresto.
-violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla affermata
responsabilità, sia con riferimento ai canoni di valutazione probatoria, sia con
riferimento alla regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio.
-violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla affermata
sussistenza dell’aggravane di cui all’art.628 comma 3 n. 1 cod pen. e alla
mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Tali motivi sono ribaditi ed ulteriormente illustrati in sede di memoria
depositata il 30 settembre 2016.
I motivi proposti sono inammissibili.
Quanto al primo, al secondo e al terzo motivo di ricorso, che possono essere
esaminati congiuntamente, deve osservarsi che, secondo il costante
insegnamento di questa Suprema Corte, esula dai poteri della Corte di
cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di
merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di
una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze
processuali (per tutte: Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402, Dessimone, riv.
207944; tra le più recenti: Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 – 06/02/2004, Elia,
Rv. 229369).
I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile
ricostruzione dei fatti mediante una valutazione atomistica e separata di singoli
aspetti probatori secondo criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal
giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha
esplicitato le ragioni del suo convincimento.
Con particolare riferimento al secondo motivo di ricorso, deve poi osservarsi
che il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un’informazione
inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova
decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione quando la decisione
impugnata abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di

-travisamento del fatto in relazione alla versione resa dal teste Malizia nel

#

cosiddetta “doppia conforme”, essere superato il limite costituito dal devolutum
con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per
rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati
probatori non esaminati dal primo giudice (Sez. 4, n. 19710 del 03/02/2009,
P.C. in proc. Buraschi, Rv. 243636; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano,
Rv. 257499; Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013 – 29/01/2014, Capuzzi, Rv.
258438). Nel caso di specie, poi, la questione è ulteriormente svolta in fatto,
senza valutare specificamente la motivazione fornita dalla Corte d’appello a

all’effettivo contenuto del provvedimento stesso. Sotto tale aspetto e anche con
riferimento all’articolazione dei rimanenti motivi di ricorso-che risultano
sostanzialmente la riproposizione dei medesimi motivi di appello, il ricorso risulta
essere aspecifico. Tra i requisiti del ricorso per cassazione vi è anche quello,
sancito a pena di inammissibilità, della specificità dei motivi : il ricorrente ha non
soltanto l’onere di dedurre le censure su uno o più punti determinati della
decisione impugnata, ma anche quello di indicare gli elementi che sono alla base
delle sue lagnanze. Nel caso di specie il ricorso è inammissibile perché privo dei
requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) c.p.p. in quanto, a fronte di
una motivazione della sentenza impugnata ampia e logicamente corretta, non
indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo
al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio
sindacato.
Quanto al quarto motivo di ricorso, deve rilevarsi che la consapevolezza
dell’uso dell’arma non risulta essere stata elemento contestato in sede di appello
e, comunque, sussiste nel provvedimento impugnato specifica valutazione che di
fatto si richiama al provvedimento di primo grado operando una relatio in questa
sede non oggetto di contestazione né sotto il profilo della legittimità né sotto il
profilo dell’adeguatezza della motivazione della sentenza del giudice di primo
grado.
Quanto alla omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche, la
mancata concessione delle stesse è giustificata da motivazione esente da
manifesta illogicità, che, pertanto, è insindacabile in cassazione (Cass., Sez. 6,
n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato
da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel
motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in
considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o
rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti
decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale

pagina 3-4 del provvedimento impugnato evidenziando così di non rapportarsi


valutazione (Sez. 2, n.3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n.
34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244).
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati
i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal
ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che
ritiene equa, di euro duemila a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.

spese processuali e della somma di euro duemila alla cassa delle ammende.
Così deciso il

10/2016

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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