Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7419 del 29/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 7419 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) PRETESTI FILIPPO N. IL 12/12/1970
avverso la sentenza n. 978/2011 CORTE APPELLO di PALERMO, del
10/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 29/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA LAPALORCIA
J E L LO
Udito il Procuratore Generale in, persona del Dott. R.
che ha concluso per —1(2, /1~LL 1-seEnAD;

Udito, per)a parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv. P. It,iCANbELA;

Data Udienza: 29/11/2012

RITENUTO IN FATTO
1. Filippo PRETESTI ricorre tramite il difensore avverso la sentenza in data 10/2/2012 con
la quale la corte di Appello di Palermo, confermando quella del 1/10/2010 del Tribunale
della stessa sede, sez. dist. di Bagheria, lo aveva riconosciuto responsabile del reato di
tentata violenza privata (capo A) in danno del dipendente Salvatore Longo -che non
aveva regolarizzato e aveva licenziato senza corrispondergli il dovuto-, per avergli
prospettato che, se non avesse desistito dalle azioni legali nei suoi confronti, ‘avrebbe

2. Con il primo motivo si deduceva vizio di motivazione in ordine all’affermazione di
responsabilità basata sulla valorizzazione dell’ammissione del prevenuto di aver avuto il
Longo alle sue dipendenze e di non averlo regolarizzato, mentre tale vicenda riguardava
la vertenza in materia di lavoro, e comunque la versione della p.o. era inattendibile
(come dimostrava l’assoluzione già in primo grado dalla vicenda analoga di cui al capo
B) in quanto mossa da motivi di astio e comunque priva di riscontri.
3. Con il secondo motivo era dedotto il vizio di cui alla lett. d) dell’art. 606 codice di rito in
relazione agli artt. 187 e segg., nonché 191, 192 e 193 cod. proc. pen., per mancata
assunzione di prova decisiva sugli elementi oggettivo e soggettivo del reato.
4.

Il terzo motivo addebita alla sentenza violazione di legge per mancata assoluzione del
prevenuto.

rmA,
5. La quarta doglianza attiene a violazione di legge su
qualificazione del fatt
ome minaccia.
6. Infine con il quinto motivo, il ricorrente deduceva violazione degli artt. 62 bis, 133 e
165 cod. pen. in punto di diniego di attenuanti generiche, alla cui concessione riteneva
non ostativa una precedente condanna, mentre l’imposizione degli obblighi ex art. 165
citato (pena sospesa condizionata alla prestazione di attività non retribuita in favore del
Servizio Sociale di Bagheria per 4 mesi) era ritenuta priva di motivazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1. Manifestamente insussistente è il vizio di motivazione dedotto con il primo motivo.
L’affermazione di responsabilità è stata basata sulle dichiarazioni della p.o.
prudentemente valutate in base alla pacifica regola di giudizio secondo cui tali
dichiarazioni possono, anche da sole, sostenere un’affermazione di penale
responsabilità, ove sottoposte, con esito positivo, al controllo di credibilità oggettiva e
soggettiva. Esse sono state correttamente ritenute confermate dall’ammissione del
prevenuto di aver avuto il Longo alle sue dipendenze e di non averlo regolarizzato,
vicenda che, pur riguardando il contenzioso di lavoro in atto tra le parti, non manca di
esercitare i suoi effetti su quella penale, costituendone la matrice essendo le minacce
del Pretesti finalizzate proprio a far recedere la p.o. dalle sue iniziative legali ìn materia

2

schioccato le dita, sarebbero arrivate trenta persone e sarebbe finita male’.

di lavoro. Né ha il minimo fondamento l’assunto della inattendibilità del Longo basato
sull’assoluzione in primo grado dell’imputato dall’analoga vicenda di cui al capo B),
avendo la corte del territorio argomentato con motivazione immune da vizi logici
l’inidoneità della pronuncia assolutoria ad inficiare il giudizio di credibilità della p.o.,
essendo relativa a fatto distinto, caratterizzato da un diverso compendio probatorio.
2. Il secondo ed il terzo motivo sono affetti da genericità non essendo minimamente
precisato quale sarebbe la prova, decisiva sugli elementi oggettivo e soggettivo del

assoluzione del prevenuto.
3. La quarta doglianza, di violazione di legge sulla qualificazione giuridica del fatto, non
solo non risulta dedotta in appello, ma é comunque manifestamente infondata alla
stregua della ricostruzione del fatto, in chiave di violenza privata e non di minaccia,
condivisa dai giudici di merito.
4. Immuni da vizi sono infine le statuizioni della sentenza investite dal quinto motivo di
gravame. Infatti, a fronte della generica deduzione di violazione degli artt. 62 bis, 133 e
165 cod. pen. in punto di diniego di attenuanti generiche, sul rilievo che una precedente
condanna, non meglio precisata, non sarebbe ostativa alla relativa concessione, la corte
territoriale ha valorizzato la presenza di plurimi precedenti, per ricettazione, furto,
violazione dell’obbligo di assistenza ai feriti, nonché la gravità del fatto (ritenendo
altresì congrua ed equa la pena alla luce della personalità e dell’intensità dolo), mentre
l’imposizione degli obblighi

ex art. 165 citato (pena sospesa condizionata alla

prestazione di attività non retribuita in favore del Servizio Sociale di Bagheria per 4
mesi), ritenuta dal ricorrente priva di motivazione, risulta per contro adeguatamente
giustificata dal richiamo all’entità, caratteristiche e conseguenze del fatto, posto in
essere dal datore di lavoro che, dopo non aver regolarizzato il dipendente e averlo
privato delle sue spettanze, lo aveva pure minacciato affinché rinunciasse alle iniziative
giudiziarie intraprese a tutela dei suoi diritti.
5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso seguono le statuizioni di cui all’art. 616
cod. proc. pen. determinandosi in C 1000, in considerazione della natura delle
doglianze, la somma da corrispondere alla cassa ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di C 1000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 29-11-2012

DEPOSITATA IN CANCELLERIA

reato, non assunta, ed essendo aspecifico l’addebito di violazione di legge per mancata

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