Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7410 del 16/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 7410 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Monopoli Sergio, nato a Quarona, il 26/5/1946;

avverso la sentenza del 25/5/2011 della Corte d’appello di Genova;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Gioacchino Izzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 25 maggio 2011 la Corte d’appello di Genova confermava la
condanna alla pena di giustizia di Monopoli Sergio per il reato di bancarotta
documentale commesso nella sua qualità di amministratore di fatto della Oigres s.r.I.,
dichiarata fallita il 15 giugno 2000.

Data Udienza: 16/10/2013

2. Avverso la sentenza ricorre a mezzo del proprio difensore l’imputato deducendo vizi
motivazionali della stessa, nonché la violazione degli artt. 192 e 197 bis c.p.p.
In particolare il ricorrente lamenta carenze argomentative in merito alla riconosciuta
qualifica in capo all’imputato di amministratore di fatto della fallita, senza che sia stata
accertata la continuità della sua presunta partecipazione alla gestione della società o
l’effettivo contenuto dei poteri di direzione e di organizzazione in concreto esercitati.
Non di meno la Corte territoriale avrebbe totalmente ignorato in proposito che il

risultando dunque impossibile che egli avesse partecipato alla gestione della stessa in
quel periodo. In realtà l’attribuzione della qualifica in oggetto troverebbe nella
motivazione della sentenza esclusiva giustificazione nelle dichiarazioni rese
dall’amministratore di diritto, nei confronti del quale si era proceduto separatamente
con il rito del patteggiamento e che pertanto è stato sentito nel presente procedimento
ai sensi dell’art. 197 bis c.p.p. Ma tali dichiarazioni, secondo il ricorrente, sarebbero
state illegittimamente utilizzate ai fini dell’integrazione della prova delle circostanze
sopra individuate, atteso che non avrebbero trovato i necessari riscontri richiesti a tal
fine dal terzo comma dell’art. 192 c.p.p., se non con riguardo ad un’unica transazione
economica, elemento che risulterebbe insufficiente a sostenere l’accusa di sistematica
compartecipazione alla gestione della fallita, la cui prova sarebbe invece necessaria
per la configurabilità della qualifica di amministratore di fatto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è parzialmente fondato e deve essere accolto nei limiti di seguito illustrati.
Con i motivi d’appello – peraltro esaurientemente riassunti nella sentenza impugnata l’odierno ricorrente aveva contestato l’acquisizione di evidenze sufficienti a dimostrare
la continuità dell’ingerenza dell’imputato nella gestione della fallita funzionale al
riconoscimento in capo al medesimo della qualifica di amministratore di fatto.
Due erano i capisaldi della tesi difensiva: la carenza di riscontri sul punto alle
dichiarazioni eteroaccusatorie rese dall’amministratore di diritto Infantino Alberto
(assunte ai sensi dell’art. 197-bis c.p.p. e dunque probatoriamente valutabili
esclusivamente secondo le regole poste dal terzo comma dell’art. 192 del codice di
rito) e il fatto che nell’ultima fase di vita della fallita il Monopoli risultava essere stato
detenuto e dunque di fatto impedito a partecipare alla gestione della società.
Sul primo rilievo la Corte territoriale ha replicato evidenziando come le dichiarazioni
dell’Infantino avevano trovato puntuale riscontro documentale nella missiva di uno dei
fornitori della fallita rinvenuta dal curatore, dalla quale si evinceva che la stessa aveva

Monopoli già un anno prima del fallimento della società era stato incarcerato,

sempre intrattenuto rapporti esclusivamente con l’imputato. La sentenza impugnata è
rimasta invece silente sull’altra circostanza rimessa alla sua valutazione e che
analogamente era stata ignorata dal giudice di prime cure.

2. Con riguardo all’attribuzione all’imputato della qualifica di amministratore di fatto
sulla base delle dichiarazioni dell’Infantino la motivazione della sentenza impugnata
deve ritenersi non manifestamente illogica e coerente al compendio probatorio di

eccepisce l’inutilizzabilità in parte qua delle suddette dichiarazioni.
2.1 In proposito deve innanzi tutto essere ribadito che la nozione di amministratore di
fatto postula effettivamente l’esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri
tipici inerenti alla qualifica od alla funzione; nondimeno, “significatività” e “continuità”
non comportano necessariamente l’esercizio di “tutti” i poteri propri dell’organo di
gestione, ma richiedono l’esercizio di un’apprezzabile attività gestoria, svolta in modo
non episodico od occasionale. L’accertamento degli elementi sintomatici di tale
gestione o cogestione societaria costituisce oggetto di apprezzamento di fatto che è
insindacabile in sede di legittimità, se sostenuto da motivazione congrua e logica

(ex

multis Sez. 5, n. 43388 del 17 ottobre 2005, Carboni, Rv. 232456).
2.3 Non è dunque in discussione il principio richiamato dal ricorrente, ma lo sono
invece le implicazioni che lo stesso ne ha tratto con riferimento al caso di specie.
Infatti, la prova della continuità del coinvolgimento del Monopoli nella gestione della
fallita è costituita, secondo la linea argomentativa seguita dalla Corte territoriale, dalle
dichiarazioni rese dall’amministratore di diritto nel dibattimento di primo grado nella
sua qualità di testimone assisto avendo egli in precedenza patteggiato la pena con
riguardo al medesimo reato contestato all’imputato. L’aver individuato nella
documentazione relativa ai rapporti intrattenuti dallo stesso con un fornitore un valido
ed esauriente riscontro a tali dichiarazioni appare in tal senso corretto sul piano logico,
nonché in linea con i principi costantemente affermati da questa Corte con riguardo
all’applicazione del terzo comma dell’art. 192 c.p.p.
2.4 Va infatti ribadito, non solo che i riscontri esterni alla chiamata di correità richiesti
dalla menzionata disposizione devono essere individualizzanti, nel senso che devono
avere ad oggetto direttamente la persona dell’incolpato e devono possedere idoneità
dimostrativa in relazione allo specifico fatto a questi attribuito (Sez. 3, n. 3255/10 del
10 dicembre 2009, Genna, Rv. 245867), ma altresì come non sia richiesto che gli
stessi riscontri abbiano lo spessore di una prova “autosufficiente”, perchè, in caso
contrario, la chiamata non avrebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su
tali elementi esterni e non sulla chiamata in correità (Sez. 4, n. 5821/05 del 10
dicembre 2004, Alfieri ed altri, Rv. 231301).

riferimento, sfuggendo alle censure sollevate dal ricorrente, che sostanzialmente

2.5 In tal senso non può quindi dubitarsi che la menzionata documentazione
costituisca un riscontro individualizzante (atteso che la ditta fornitrice della fallita ha
per l’appunto certificato di aver costantemente contrattato proprio con l’imputato), nè
che presenti un’intrinseca attitudine alla conferma del coinvolgimento del Monopoli
nella gestione della società e cioè dell’oggetto della affermazione resa dal teste
assistito. Non era invece necessario, come evidenziato, che la missiva in questione,
per assurgere a valido riscontro del racconto dell’Infantino, risultasse altresì idonea ad

pretendere il contrario equivarrebbe a richiedere che il documento costituisse
l’autonoma e compiuta prova che quest’ultimo aveva assunto l’amministrazione di
fatto della fallita.
2.6 Deve dunque concludersi che legittimamente la Corte territoriale ha utilizzato le
dichiarazioni dell’amministratore di diritto e le ha poste a fondamento della prova della
responsabilità dell’imputato.

3. Non può invece che convenirsi con il ricorrente circa il difetto di riscontro da parte
dei giudici d’appello all’altro rilievo sollevato con i motivi d’appello. Infatti, come già
accennato, la sentenza ha taciuto sull’eventuale rilevanza della detenzione del
Monopoli nell’anno che proceduto il fallimento della società.
L’omissione non è di poco conto ai fini della tenuta argomentativa del provvedimento
impugnato, atteso che la Corte territoriale – e pervero il Tribunale in precedenza – non
1’4
si è pa.r.itata di evidenziare le ragioni per cui la condotta incriminata debba ritenersi

commessa prima dell’incarcerazione del Monopoli o dopo il suo rilascio (se avvenuto
prima del fallimento), né di confutare la veridicità della circostanza. Sul piano logico la
stessa ritenuta attendibilità dell’Infantino potrebbe dover essere rivalutata alla luce
dell’accertamento dell’effettivo periodo di detenzione subito dall’imputato, mentre
quantomeno richiederebbe idonea giustificazione l’eventuale affermazione per cui la
condotta imputata possa essere stata consumata dal carcere. La sentenza deve
dunque essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Genova
per nuovo esame. In tal senso il giudice del rinvio, ferma l’utilizzabilità delle
dichiarazioni dell’Infantino, qualora volesse ribadire l’affermazione di responsabilità
dell’imputato, dovrà pertanto rendere adeguata motivazione sulle ragioni per cui su
tali conclusioni non incida l’eventuale periodo trascorso dal Monopoli in detenzione nei
mesi precedenti il fallimento della Oigres.

P.Q.M.

evidenziare anche la non occasionalità dell’attività di gestione del Monopoli, giacchè

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di
Genova per nuovo esame.

Così deciso il 16/10/2013

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