Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7408 del 07/02/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 7408 Anno 2013
Presidente: DE ROBERTO GIOVANNI
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Nannola Nicola, nato a Roma il 30/07/1965
avverso l’ordinanza del 22/11/2012 del Tribunale di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito li Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Alfredo
Montagna, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza sopra indicata il Tribunale di Roma, adito ai sensi dell’art.
309 cod. proc. pen., confermava il provvedimento del 31/10/2012 con il quale il
Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale aveva disposto nei
confronti di Nicola Nannola l’applicazione della misura della custodia cautelare in
carcere in relazione al reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73 comma 1 bis
d.P.R. n. 309 del 1990, per avere, in Roma il 06/10/2012, in concorso con

Data Udienza: 07/02/2013

Alberto Santarelli, venduto 4 kg. di sostanza stupefacente del tipo hashish,
contenenti 235 gr. di principio attivo idonei al confezionamento di 9.400 singole
dosi.
Rilevava il Tribunale come le emergenze procedimentali consentissero di
ritenere sussistenti sia i gravi indizi di colpevolezza a carico del Nannola che il
concreto pericolo che lo stesso potesse tornare a commettere reati della stessa
specie di quello oggetto di indagine, esigenza che, anche in ragione del
precedente penale specifico di cui il prevenuto era gravato, non avrebbe potuto
lamentata incompatibilità con il regime carcerario delle condizioni di salute del
prevenuto non potesse essere rappresentata al giudice del riesame, ma dovesse
essere evidenziata al giudice del procedimento principale con una richiesta di
revoca o di sostituzione della misura in corso.
2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso il Nannola, con atto
sottoscritto dal suo difensore avv. Giacomo Marini, il quale, formalmente con un
unico motivo, ha dedotto la violazione di legge ed il vizio di motivazione con
riferimento a tutti i passaggi essenziali dell’ordinanza impugnata, vale a dire in
relazione all’esistenza dei presupposti per l’applicazione e per la scelta della
misura, ed alla compatibilità della custodia in carcere con le precarie condizioni
di salute dell’indagato; il ricorrente si è, altresì, doluto del fatto che il
provvedimento genetico della misura non fosse stato comunicato al suo
difensore.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Ritiene la Corte che il ricorso sia inammissibile.
2. Per ciò che concerne il primo motivo del ricorso, va osservato come, nella
giurisprudenza di legittimità, si sia avuto modo ripetutamente di chiarire che il
requisito della specificità dei motivi implica non soltanto l’onere di dedurre le
censure che la parte intenda muovere in relazione ad uno o più punti determinati
della decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli
elementi che sono alla base delle censure medesime, al fine di consentire al
giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio
sindacato (così, tra le tante, Sez. 3, n. 5020 del 17/12/2009, Valentini, Rv.
245907, Sez. 4, n. 24054 del 01/04/2004, Distante, Rv. 228586; Sez. 2, n.
8803 del 08/07/1999, Albanese, Rv. 214249).

2

essere soddisfatta con l’applicazione della misura degli arresti in casa; e come la

Nel caso di specie il ricorrente si è limitato ad enunciare, in forma molto
indeterminata, il dissenso rispetto alle valutazioni compiute dal Tribunale del
riesame, senza specificare gli aspetti di critidtà di passaggi giustificativi della
decisione, cioè omettendo di confrontarsi realmente con la motivazione della
sentenza gravata: pronuncia con la quale erano stati analiticamente indicati i
presupposti di applicazione della misura cautelare massima, evidenziando come
il soggetto che era stato visto dagli inquirenti nell’atto di consegnare ai due
acquirenti la droga poi rinvenuta e sequestrata, oltre ad essere stato notato alla
davanti all’abitazione del prevenuto, fosse stato riconosciuto, dagli ufficiali di
polizia giudiziaria operanti, nell’indagato al momento di togliersi il casco che
Indossava; come le modalità della condotta, espressione di un’attività di spaccio
svolta in maniera professionale, anche in favore di soggetti giunti a Roma da
altra regione, ed il precedente penale specifico, fossero elementi dai quali poter
desumere la sussistenza del rischio di recidiva di cui all’art. 274 lett. c) cod.
proc. pen.; e come tali dati informativi bastassero a giudicare inidonea a
soddisfare quel bisogno di cautela l’applicazione di una misura da eseguire
nell’abitazione, cioè proprio dove l’indagato deteneva verosimilmente la droga
poi ceduta a terzi (v. pagg. 6-8 ord. impugn.).
3. Costituisce pacifico principio di diritto enunciato dalla giurisprudenza di
questa Corte quello secondo il quale, in tema di misure cautelari personali, le
condizioni di salute dell’indagato incompatibili con lo stato di detenzione non
possano costituire motivo di censura contro l’ordinanza applicativa della misura
coercitiva, ma debbano essere fatte valere in sede di richiesta di revoca o di
sostituzione della misura stessa (così, tra le tante, Sez. 5, n. 48093 del
08/10/2009, Castorina, Rv. 245530; Sez. 6, Sentenza n. 1613/03 del
30/09/2002, Capogna, Rv. 223231).
Di tale criterio ermeneutico il Tribunale di Roma ha fatto corretta applicazione,
chiarendo, con motivazione congrua ed immune da vizi di manifesta illogicità,
come la doglianza difensiva circa un’asserita inconciliabilità delle condizioni di
salute del Nannola con il regime della custodia cautelare in carcere non potesse
essere posta a fondamento dell’istanza di riesame, ma dovesse essere portata
all’attenzione del giudice del procedimento principale, l’unico che, anche
eventualmente disponendo una perizia ai sensi dell’art. 299 comma 4 ter cod.
proc. pen., avrebbe potuto decidere compiutamente, e senza la necessità di
rispettare il breve termine perentorio fissato per la decisione in sede di riesame,
su una richiesta difensiva di revoca o di sostituzione della misura cautelare in
corso.

3

guida di uno scooter poi risultato intestato al Nannola, mezzo fermatosi proprio

4. Quanto all’ultima censura contenuta nel ricorso, va detto che la stessa è
manifestamente infondata, posto che l’art. 293 cod. proc. pen. prescrive che,
dopo l’esecuzione dell’ordinanza di applicazione di una misura cautelare
coercitiva, al difensore di fiducia nominato dal destinatario del provvedimento
vada data solo una prima immediata informazione a cura degli ufficiali giudiziari,
e che allo stesso vada successivamente notificato, a cura della cancelleria del
giudice che procede, un avviso di deposito del provvedimento, della richiesta del
difensore dell’indagato sottoposto a tale misura cautelare, mentre l’omessa
notificazione dell’anzidetto avviso, lungi dal determinare alcuna invalidità o
inefficacia, comporta esclusivamente il mancato decorso del termine di dieci
giorni per poter proporre la richiesta di riesame.
5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento in favore dell’erario
delle spese del presente procedimento ed al pagamento in favore della Cassa
delle ammende di una somma, che si stima equo fissare nell’importo indicato nel
dispositivo che segue.
Alla cancelleria vanno demandati gli adempimenti previsti dall’art. 94 comma 1
ter disp. att. cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter disp.
att. cod. proc. pen.
Così deciso il 07/02/2013

P.M. e degli atti a questa allegati. Nessuna ulteriore comunicazione è prevista al

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