Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7406 del 27/09/2013
Penale Sent. Sez. 5 Num. 7406 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: SABEONE GERARDO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MELLONE COSIMO N. IL 04/10/1955
avverso la sentenza n. 1246/2011 CORTE APPELLO di LECCE, del
11/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/09/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GERARDO SABEON E
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. gltiDtA
che ha concluso per D
4 < A.Ukt4.44 41. 4". Ihí Udito, per la parte civile, l'Avv Z
Uditi difensor Avv. 142 f/149 Data Udienza: 27/09/2013 RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Lecce, con sentenza dell'Il ottobre 2012, ha
confermato la sentenza del Tribunale di Lecce del 13 gennaio 2011 con la quale
Mellone Cosimo era stato condannato per il delitto di tentato furto aggravato. mezzo del proprio difensore, lamentando:
a) una motivazione illogica in merito alla valutazione degli indizi di colpevolezza;
b) una erronea applicazione della legge penale, con riferimento alla mancata concessione una seconda volta della sospensione condizionale della
pena con l'obbligo di prestazione di un'attività non retribuita in favore della
collettività in quanto subordinata al mancato consenso del condannato. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è da accogliere parzialmente.
2. Quanto al primo motivo, che non può essere accolto, si osserva, come
ribadito costantemente da questa Corte (v. a partire da Sez. VI 15 marzo 2006
n. 10951 fino a Sez. V 6 ottobre 2009 n. 44914), che pur dopo la nuova
formulazione dell'articolo 606 cod.proc.pen., lettera e), novellato dalla Legge 20
febbraio 2006, n. 46, art. 8, il sindacato del Giudice di legittimità sul discorso
giustificativo del provvedimento impugnato deve essere volto a verificare che la
motivazione della pronunzia:
a) sia "effettiva" e non meramente apparente, ossia realmente idonea a
rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione
adottata;
b) non sia "manifestamente illogica", in quanto risulti sorretta, nei suoi
punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori
nell'applicazione delle regole della logica;
c) non sia internamente contraddittoria, ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche
tra le affermazioni in essa contenute;
1 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a d) non risulti logicamente "incompatibile" con "altri atti del processo"
(indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno
del ricorso per Cassazione) in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente
inficiata sotto il profilo logico.
Al Giudice di legittimità resta, infatti, preclusa, in sede di controllo sulla
motivazione, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di merito, perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità
esplicativa.
Queste operazioni trasformerebbero, infatti, la Corte nell'ennesimo
Giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare funzione assegnatale
dal legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione dei
provvedimenti adottati dai Giudici di merito rispetti sempre uno standard di
intrinseca razionalità e di capacità di rappresentare e spiegare l'iter logico
seguito dal Giudice per giungere alla decisione.
Nella specie la Corte di Appello ha logicamente fatto discendere dal
complesso delle indagini istruttorie la penale responsabilità dell'imputato per i
fatti ascritti e così come contestati.
A ciò si aggiunga, in punto di diritto e in via generale, come in tema di
ricorso per cassazione, quando ci si trovi dinanzi a una "doppia pronuncia
conforme" e cioè a una doppia pronuncia (in primo e in secondo grado) di eguale
segno (vuoi di condanna, vuoi di assoluzione), l'eventuale vizio di travisamento
dei fatti possa essere rilevato in sede di legittimità, ex articolo 606
cod.proc.pen., comma 1, lett. e), solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti
(con specifica deduzione) che l'argomento probatorio asseritamente travisato sia
stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione
del provvedimento di secondo grado (v. Cass. Sez. IV 10 febbraio 2009 n.
20395).
Il che non è neppure accaduto nel presente giudizio, nel quale i Giudici del
merito hanno vagliato e giudicato concordemente il medesimo materiale
probatorio.
3. Quanto al secondo motivo, viceversa, si osserva che l'articolo 165
cod.pen., secondo comma, prevedeva, nel testo in vigore prima della L. n. 145
del 2004, l'obbligo per il Giudice, nel concedere una seconda sospensione
condizionale della pena, di subordinarla all'adempimento di uno degli obblighi
previsti dal primo comma (cioè adempimento delle restituzioni, pagamento della
2 ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal Giudice di somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o di provvisionale,
pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno, eliminazione delle
conseguenze dannose o pericolose del reato secondo le modalità indicate dal
giudice), salvo che ciò fosse impossibile.
La legge n. 145 del 2004 per un lato ha previsto, in alternativa
all'imposizione di uno dei predetti obblighi, la possibilità, sulla non opposizione
dell'imputato, di subordinare il beneficio alla prestazione di attività non retribuita alla durata della pena sospesa; per l'altro ha soppresso la possibilità di esonero
dall'imposizione di uno degli obblighi per l'impossibilità dell'adempimento.
La nuova normativa è, quindi, più favorevole per l'imputato
consentendogli di beneficiare della sospensione condizionale della pena
scegliendo che essa sia subordinata a una condizione da lui ritenuta meno
gravosa di ciascuna di quelle che il Giudice avrebbe dovuto altrimenti
obbligatoriamente applicare a sua scelta (v. Cass. Sez. I 30 novembre 2005 n.
47291).
Occorre, tuttavia, osservare che la possibilità, in astratto, di applicare, il
beneficio della sospensione condizionale della pena subordinatamente all'obbligo
di prestazione di attività non retribuita a favore della collettività, non può
prescindere dalla "non opposizione" dell'imputato, prevista dall'articolo 165
cod.pen., primo comma, e non esclusa dal disposto dell'articolo 165 cod.pen.,
secondo comma, il quale si limita a disporre l'obbligatorietà della subordinazione
del beneficio ad uno degli obblighi di cui al primo comma, fermo rimanendo che
la soluzione alternativa della subordinazione ad una prestazione non retribuita a
favore della collettività non deve trovare l'opposizione dell'imputato, al quale,
pertanto, la legge riserva in modo non equivoco e con carattere di esclusività la
valutazione del carattere "più favorevole" del suddetto obbligo rispetto agli altri
dalla legge previsti (v. Cass. Sez. H 26 ottobre 2006 n. 38783).
Non opposizione che non risulta nel caso di specie non potendo la stessa,
contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale, neppure farsi
discendere dalla richiesta di concessione della sospensione condizionale una
seconda volta.
In altri termini, la non opposizione del condannato deve risultare da una
espressa manifestazione di volontà dello stesso alla effettuazione dell'attività non
retribuita in favore della collettività e in ogni caso trattasi di atto proprio del
condannato e non ricavabile da atti espressi dal difensore come, viceversa,
affermato nell'impugnata sentenza ("attraverso il suo difensore, ha chiesto la
3 a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore seconda sospensione condizionale della pena senza tenere affatto conto dell'art.
165, secondo comma comma spesso dimenticato nella pratica").
Nella presente fattispecie sussisterebbero gli estremi di cui agli articoli
164 ultimo comma e 163, primo comma cod.pen. (complessiva pena detentiva
non superiore ad anni due di reclusione: mesi otto di reclusione per la pregressa
condanna del 1978 ed altri mesi otto di reclusione per l'impugnata sentenza) per
cui, non potendo questa Corte di legittimità operare le necessarie valutazioni in essere annullata con rinvio per le valutazioni, nel senso dianzi esposto, circa
l'applicazione al condannato della sospensione condizionale della pena
subordinata alla effettuazione di attività non retribuita in favore della collettività.
P.T.M.
La Corte, annulla la sentenza impugnata limitatamente al diniego della
sospensione condizionale della pena, con rinvio ad altra Sezione della Corte di
Appello di Lecce per nuovo esame.
Rigetta nel resto il ricorso. Così deciso in Roma il 27 settembre 2013. fatto e soggettive sulla persona del ricorrente, la sentenza impugnata deve