Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 74 del 20/11/2012


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 74 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) DOSI CIRO N. IL 30/08/1973
avverso l’ordinanza n. 15/2012 TRIBUNALE di RAVENNA, del
04/05/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRI…Z=2Q:
lette/yttite le conclusioni del PG Dott. rt

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l

Data Udienza: 20/11/2012

Udit i difensor Avv7

L

Ritenuto in fatto
DOSI Ciro ha proposto appello avverso la sentenza con cui il giudice di pace di
Ravenna lo ha ritenuto responsabile del reato di lesioni colpose in danno di Boschi
Giancarlo, consistite nell’amputazione parziale della falange unguale del secondo
dito della mano destra, determinate da morso del cane di proprietà, privo di
euro 400,00 di ammenda.
Il giudicante, preso atto della contrastante versione dei fatti fornita dalle parti
interessate ( l’imputato sosteneva che il Boschi era stato morso dal suo stesso cane
e tale ricostruzione era avvalorata dalle dichiarazioni rese in qualità di teste dalla
persona alla quale era stato affidato temporaneamente il cane), disponeva perizia
medico- veterinaria al fine di accertare- stante la diversa “stazza” e la diversa
dentatura dei due cani- quale dei due poteva aver causato le lesioni subite dalla
parte offesa.
A fondamento del giudizio di responsabilità venivano posti proprio gli esiti della
Indicata perizia, secondo la quale l’amputazione della falange del dito indice del
Boschi poteva essere stata causata solo da un cane di taglia decisamente più grande
di quello di proprietà del Boschi ed era del tutto compatibile con la mascella,
muscolatura e dentatura di quello dell’imputato. Ciò tenuto anche conto della età del
cane della parte offesa ( tredici anni al momento del fatto, tanto che era deceduto
poco dopo) e delle gravi riferite riportate durante l’aggressione ( per la cui sutura
occorrevano quaranta punti).
Con l’atto di impugnazione il difensore dell’imputato lamentava, sotto più profili, la
contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione fondata sugli esiti di una

museruola, temporaneamente in consegna ad un amico, e condannato alla pena di

perizia medico-veterinaria disposta dal primo giudice ex art. 507 c.p.p.
asseritamente in assenza dei requisiti di assoluta necessità ai fini della decisione.
Il Tribunale di Ravenna con l’ordinanza impugnata ha ritenuto l’inammissibilità della
impugnazione, non essendo la sentenza suscettibile di appello ex at. 37 d.lgs
274/2000 trattandosi di decisione che aveva applicato una pena pecuniaria senza
condanna, neanche generica, al risarcimento del danno.
Il giudicante ha, poi, evidenziato l’impossibilità di riqualificare l’impugnazione ex art.
568, comma 5, c.p.p in ricorso per cassazione attenendo i motivi tutti alla
prospettata necessità di rivalutare le risultanze istruttorie e di non tener conto degli
esiti di una perizia medico-veterinaria disposta dal primo giudice ex art. 507 c.p.p.

L

.r:

Avverso tale ordinanza l’imputato, tramite difensore, ha proposto ricorso per
cassazione, lamentando, con tre motivi strettamente connessi, la violazione di legge
e la manifesta illogicità della motivazione, sul rilievo che il Tribunale, nella qualità di
giudice incompetente, non avrebbe dovuto pronunciare sentenza di inammissibilità
della impugnazione ma, dopo aver correttamente qualificato il mezzo di gravame
avrebbe dovuto, ex art. 568, comma 5, c.p., trasmettere gli atti al giudice

Considerato in diritto
In via preliminare va rilevato che il ricorso è fondato nella parte in cui lamenta che il
Tribunale, nella qualità di giudice incompetente, aveva omesso di riqualificare
l’impugnazione ex art. 568, comma 5, c.p.p. in ricorso per cassazione e di
trasmettere gli atti a questa Corte.
Secondo la giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte ( v. Sezioni unite
ottobre 2001, Bonaventura; 31 ottobre 2001, De Palma; 26 giugno del 2002, Del
Re e da ultimo Sez. III, 30 novembre 2007, Catrini)- che ha modificato
l’orientamento più restrittivo enunciato dalle medesime Sezioni unite con la
sentenza del 26 settembre 1996, Nexi- allorché un provvedimento sia impugnato
dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente
prescritto, il giudice che riceve l’atto deve limitarsi, a norma dell’art. 568 c.p.p.,
comma 5, a verificare l’oggettiva impugnabilità del provvedimento, nonché
l’esistenza di una voluntas impugnationis consistente nell’intento di sottoporre l’atto
impugnato a sindacato giurisdizionale, e quindi trasmettere gli atti, non
necessariamente previa adozione di un atto giurisdizionale, al giudice competente.

competente.

L’ordinanza impugnata va , pertanto, annullata senza rinvio e l’impugnazione
proposta da Dosi Ciro deve essere qualificata come ricorso per cassazione.
Ciò premesso, il ricorso è manifestamente infondato, risolvendosi in una censura di
merito afferente la valutazione dei mezzi di prova che sfugge al sindacato di
legittimità, in quanto la motivazione in proposito fornita dal giudice di merito
appare logica e congruamente articolata.
La deduzione di un vizio di legittimità è solo apparente.

3

I motivi proposti sollecitano una

inammissibile rivalutazione delle risultanze

Istruttorie, con particolare riferimento agli esiti della perizia medico-veterinaria, che,
proprio alla luce della visita diretta del cane dell’imputato e della documentazione
relativa all’altro cane, morto dopo poco tempo i fatti, hanno escluso in maniera
categorica che la dentatura di un cane, come quello della parte offesa, potesse
procurare una lesione del tipo di quella riscontrata al Boschi, del tutto compatibile,
Invece, con la mascella e la dentatura del cane di proprietà dell’imputato.

legittimità di rivalutare il compendio probatorio preso in esame dal giudice di merito,
del quale è stata fornita una lettura non arbitraria e non manifestamente illogica.
E’ principio non controverso, inoltre, che, nel momento del controllo della
motivazione, la Corte di cessazione non è tenuta a stabilire se la decisione di merito
proponga la migliore ricostruzione dei fatti, né a condividerne la giustificazione, ma
deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso
comune e con I limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento.

Né, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, dalla effettuata valutazione delle
risultanze istruttorie può evincersi la superfluità di tale infrazione istruttoria da parte
del giudice ex art. 507 c.p.p., alla luce delle logiche ed argomentate conclusioni del
perito, a fronte di dichiarazioni testimoniali prive di oggettivo riscontro e peraltro
provenienti proprio dalla persona alla quale era stato temporaneamente affidato il
cane e come tale interessata ad un diverso esito della vicenda.

Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa del ricorrente (Corte Cost.,
sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), consegue la condanna del ricorrente medesimo al
pagamento delle spese processuali e di una somma, che congruamente si determina
in cinquecento euro, in favore della cassa delle ammende.

P.Q. M .
annulla senza rinvio l’ ordinanza impugnata e qualificata l’impugnazione proposta da
Dosi Ciro come ricorso per cessazione lo dichiara inammissibile e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 500,00in
favore della cassa delle ammende.
Così deciso nella camera di consiglio in data 20 novembre 2012

Il Consigliere estensore

Il Presidente

La censura è, pertanto, inammissibile perché con essa si chiede al giudice di

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