Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7396 del 15/05/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 7396 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Gargano Gabriele, nato a Vizzolo Predabissi il 01/12/1981

avverso la sentenza emessa il 28/02/2012 dalla Corte di appello di Milano

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Gioacchino Izzo, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso;
udito per il ricorrente l’Avv. Andrea Omini, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso, e l’annullamento della sentenza impugnata

RITENUTO IN FATTO

Il difensore di Gabriele Gargano ricorre avverso la sentenza del 28/02/2012
della Corte di appello di Milano che, in parziale riforma della pronuncia emessa

Data Udienza: 15/05/2013

dal Tribunale della stessa città in data 01/07/2011, rideterminava in mesi 6 di
reclusione la pena da infliggere al suddetto imputato per il delitto di lesioni
personali, riconoscendogli l’attenuante della provocazione oltre alle circostanze
ex art. 62 bis cod. pen., già ritenute prevalenti sulle aggravanti contestate.

La Corte territoriale, operata una ricostruzione dei fatti secondo le
emergenze istruttorie (il Gargano era stato aggredito con due schiaffi al volto da
tale Maurizio Fradigrada, che lo aveva atteso sotto casa, quindi ne era derivata
una colluttazione nel corso della quale l’imputato aveva colpito con violenza il

due incisivi), escludeva invece che fosse configurabile la scriminante della difesa
legittima, avendo il prevenuto non solo reagito alla altrui offesa iniziale, bensì
partecipato al successivo contrasto fisico «con violenza antagonistica, in un piano
di reciproca volontà di sopraffazione e ritorsione». I giudici di appello
affermavano inoltre che, per la ricorrenza della scriminante di cui all’art. 52 cod.
pen., sarebbe stato necessario contenere la difesa «nei limiti della necessità di
neutralizzare l’aggressione subita, senza eccedere in iniziative offensive che
superano l’ambito di applicazione dell’esimente»: al contrario, nella fattispecie
concreta si era registrata una prima condotta offensiva del Fradigrada piuttosto
modesta (due schiaffi, portati da un soggetto che lo stesso imputato aveva
descritto come “abbastanza brillo”) cui aveva fatto seguito una reazione
oltremodo violenta del Gargano, che doveva ritenersi avesse fatto uso di un
bastone, per quanto poi non rinvenuto.
Con l’odierno ricorso, la difesa deduce:
1. erronea applicazione dell’art. 52 cod. pen., dal momento che la Corte di
appello non avrebbe considerato – al fine di escludere la ravvisabilità
della scriminante ricordata – che «presupposto necessario perché da una
situazione di difesa si passi alla volontaria offesa è che l’originario
aggressore desista dal suo proposito violento», situazione comunque non
verificatasi nel caso di specie (il Fradigrada, dinanzi alla proporzionata
reazione iniziale del Gargano, non interruppe in alcun modo la propria
condotta, ma anzi reiterò i gesti di violenza, derivandone una fase
confusa di scambio di colpi tra i due protagonisti che non valse a
trasformare l’aggredito in aggressore, né consentì all’imputato di calibrare
la propria azione difensiva);
2. erronea applicazione dell’art. 55 cod. pen., avendo la Corte territoriale
escluso una proporzionalità della reazione del Gargano rispetto all’offesa
arrecatagli sul presupposto che l’imputato avrebbe fatto uso di un
bastone, senza tuttavia considerare che – quand’anche il ricorrente
avesse valicato i limiti di operatività della causa di giustificazione invocata

2

contendente al volto, provocandogli la frattura della mandibola e il distacco di

- vi sarebbe stato spazio per applicare la norma in tema di eccesso
colposo, come desumibile da plurime decisioni della giurisprudenza di
legittimità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non può trovare accoglimento.

territoriale, vede il Fradigrada colpire con due schiaffi il Gargano, quindi il
Gargano spintonare l’altro: a quel punto, entrambi «venivano alle mani, dandosi
schiaffi e pugni, e ad un certo punto il Fradigrada veniva colpito dal Gargano sul
viso e cominciava a sanguinare» (v. pag. 2 della sentenza impugnata). In tale
contesto, è assolutamente ineccepibile rilevare – come si legge nella
motivazione della pronuncia oggetto di ricorso – che si trattò di reciproche
violenze, pur dovendosi prendere atto che il primo gesto aggressivo fu ascrivibile
alla persona offesa, elemento correttamente valutato anche ai fini del
riconoscimento, in favore del Gargano, dell’attenuante della provocazione.
La difesa dell’imputato dinanzi a quel primo gesto, tuttavia, non fu limitata a
quanto strettamente necessario per neutralizzare la condotta dell’aggressore,
verosimilmente scomposta e di scarsa capacità offensiva (per le ragioni
parimenti evidenziate dai giudici milanesi), ma si pose su un piano di paritaria e
contrapposta volontà di sopraffazione, peraltro con modalità di assoluta
sproporzione rispetto ai due schiaffi iniziali già ricordati; né va dimenticato che,
se è vero che il Fradigrada raggiunse l’abitazione del Gargano e si avvicinò a lui,
è altrettanto pacifico che questi sapeva dell’arrivo del contendente, di cui era
rimasto in attesa, accettando così l’evenienza di un confronto che ben
immaginava potesse involgere un contrasto fisico violento.
Non vi era pertanto spazio per invocare la scriminante della difesa legittima,
né dunque per ipotizzare un eccesso colposo da parte del Gargano, giacché
l’applicabilità dell’istituto previsto dall’art. 55 cod. pen. presuppone pur sempre
la configurabilità di una causa di giustificazione (qui, come detto, esclusa) dai cui
limiti l’agente abbia colposamente esorbitato.

2. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del Gargano al pagamento
delle spese del presente giudizio di legittimità.

P. Q. M.

3

La ricostruzione della dinamica dell’episodio, come fatta propria dalla Corte

Rigetta il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 15/05/2013.

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