Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7395 del 15/05/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 7395 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Matarrelli Luciano, nato ad Oria il 23/08/1949

avverso la sentenza emessa il 21/11/2011 dalla Corte di appello di Milano

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ‘ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Gioacchino Izzo, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso;
udito per il ricorrente l’Avv. Alessandro Renna, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso, e l’annullamento della sentenza impugnata

RITENUTO IN FATTO

1. Il 21/11/2011, la Corte di appello di Milano confermava la sentenza
emessa dal Tribunale di Voghera in data 18/06/2004 nei confronti di Luciano

Data Udienza: 15/05/2013

Matarrelli; l’imputato era stato condannato ad anni 3 di reclusione, oltre a pene
accessorie di legge, per fatti di bancarotta fraudolenta per distrazione e
documentale correlati alla gestione della s.a.s. Edilmata, dichiarata fallita nel
1997 e di cui egli era stato legale rappresentante.
La Corte territoriale, disattendendo i motivi di gravame presentati
nell’interesse dell’appellante, osservava che non era possibile una derubricazione
dell’addebito di bancarotta documentale in quello di cui all’art. 217 legge fall.,
segnalando che in ogni caso deve ritenersi sufficiente la prova del dolo generico,

doveva intendersi evidente la consapevolezza in capo a chi ne fosse responsabile
della conseguente incidenza della condotta sulle possibilità di ricostruzione del
movimento degli affari, in pregiudizio delle ragioni dei creditori. I giudici di
secondo grado segnalavano altresì che «la logica interrelazione tra i fatti
distrattivi e la mancanza di riscontri contabili rende insostenibile la tesi che le
carenze documentali siano riconducibili a mera trascuratezza dell’imputato».
Di una questione di costituzionalità sollevata dalla difesa, concernente la
eccessiva severità delle norme incriminatrici in tema di bancarotta, la Corte di
appello di Milano rilevava la manifesta infondatezza (implicando questioni di
politica legislativa, tenendo conto che pure all’esito di recenti riforme del diritto
fallimentare le previsioni sanzionatorie di cui all’art. 216 legge fall. non erano
state modificate) e comunque l’inammissibilità (giacché non era stata comunque
indicata la norma costituzionale in ipotesi violata).

2. Il Matarrelli propone personalmente ricorso per Cassazione, articolato in
quattro motivi.
2.1 Il ricorrente lamenta inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 216
legge fall., deducendo insussistenza dei fatti di bancarotta contestati, in quanto
per la presunta bancarotta documentale sarebbe stata accertata una condotta
meramente omissiva, mentre non sarebbe comunque emersa la prova di episodi
di distrazione o di occultamento di beni. L’imputato lamenta altresì carenza di
motivazione in punto di elemento psicologico, non risultando dimostrato da
alcuna acquisizione istruttoria che egli agì con il dolo necessario alla
configurazione dei delitti in rubrica.
2.2 Con il secondo motivo, il ricorrente si duole della mancata derubricazione
del reato di bancarotta documentale in quello di bancarotta semplice, rilevando
che non sarebbe stato comunque accertato dai giudici di merito se vi sia stata
obiettiva difficoltà od impossibilità, per gli organi della procedura concorsuale, di
ricostruzione del movimento degli affari sociali. Analizzando le differenze fra i
due reati appena ricordati, anche in punto di elemento psicologico, nel ricorso si

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e che – in un contesto di mancanza pressoché totale delle scritture contabili –

lamenta che all’imputato sarebbe al più addebitabile una omessa tenuta delle
scritture, indicativa di imprudenza e trascuratezza nella gestione dell’attività
imprenditoriale.
2.3 Con il terzo motivo, viene nuovamente sollecitata la proposizione della
questione di legittimità già prospettata ai giudici di appello: muovendo dalla
presa d’atto di una notevole disparità nelle previsioni sanzionatorie di cui all’art.
216 legge fall. rispetto a quelle contemplate in altre norme incriminatrici (ad
esempio, il delitto ex art. 388 cod. pen.), il Matarrelli segnala violazioni dei

parametri che – pur non essendo stati evocati espressamente – risultavano con
chiarezza desumibili dal contenuto delle argomentazioni difensive.
2.4 Con il quarto ed ultimo motivo, il ricorrente invoca, in caso di ritenuta
configurabilità della ipotesi di bancarotta semplice, l’oramai maturata
prescrizione dell’addebito.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve qualificarsi inammissibile, giacché fondato su motivi che
riproducono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del
gravame: detti motivi debbono perciò considerarsi non specifici, in quanto il
difetto di specificità del motivo – rilevante ai sensi dell’art. 581, lett. c), cod.
proc. pen. – va apprezzato non solo in termini di indeterminatezza, ma anche
«per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione
impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che
quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza
cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591, comma 1, lett.
c), cod. proc. pen., all’inammissibilità dell’impugnazione» (Cass., Sez. II, n.
29108 del 15/07/2011, Cannavacciuolo). L’iterazione delle doglianze mosse dal
ricorrente è nel caso di specie del tutto avulsa dalle indicazioni offerte dalla Corte
di appello nell’atto di disattendere le questioni medesime, già prospettate;
questioni, peraltro, che presuppongono tesi manifestamente infondate.
1.1 Per escludere la ravvisabilità nella fattispecie del delitto di bancarotta
documentale, infatti, il Matarrelli sostiene che parrebbero emergere soltanto
comportamenti omissivi, che non avrebbero comunque impedito la ricostruzione
del patrimonio sociale (ammettendo però che il curatore vi sarebbe riuscito “con
qualche difficoltà”) e che non avrebbero infine determinato alcun pregiudizio
grave per i creditori. A riguardo, è ben possibile che anche una condotta
negativa – con la scelta consapevole di non tenere le scritture contabili

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principi di ragionevolezza ed uguaglianza, ai sensi degli artt. 3 e 97 Cost.,

obbligatorie da parte di chi vi sarebbe tenuto per legge – concretizzi l’elemento
materiale del reato de quo,

peraltro configurabile «non solo quando la

ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari del fallito si renda
impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state tenute, ma anche
quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati
da difficoltà superabili solo con particolare diligenza» (Cass., Sez. V, n. 10423
del 22/05/2000, Piana, Rv 218383); inoltre, il delitto in parola non postula
affatto che un pregiudizio per i creditori si produca davvero, né che il soggetto

La giurisprudenza di questa Corte è oramai consolidata, infatti, nel senso che
«l’integrazione del reato di bancarotta fraudolenta documentale di cui alla
seconda ipotesi della legge fall., art. 216, comma primo, n. 2, richiede il dolo
generico, ossia la consapevolezza che la confusa tenuta della contabilità renderà
o potrà rendere impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio, in
quanto la locuzione “in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del
patrimonio o del movimento degli affari” connota la condotta e non la volontà
dell’agente, sicché è da escludere che essa configuri il dolo specifico […].. In
altri termini la stessa giurisprudenza esclude che sia necessaria la specifica
volontà indirizzata ad ottenere l’effetto di impedire quella ricostruzione» (Cass.,
Sez. V, n. 30337 del 23/05/2012, Scaramelli).
1.2 Nella motivazione della sentenza appena richiamata si legge altresì che
la costante esegesi di legittimità sottolinea come la differenza tra la bancarotta
fraudolenta documentale e quella semplice, prevista dall’art. 217, comma
secondo, legge fall., «consista nell’elemento psicologico che, nel primo caso,
viene individuato nel dolo generico, costituito – come evidenziato – dalla
coscienza e volontà della irregolare tenuta delle scritture con la consapevolezza
che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio
dell’imprenditore e, nel secondo caso, dal dolo o indifferentemente dalla colpa,
che sono ravvisabili quando l’agente ometta, rispettivamente, con coscienza e
volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture» (v. anche, sul punto,
Cass., Sez. V, n. 48523 del 06/10/2011, Barbieri): discrimine correttamente
rispettato anche dalla Corte di appello di Milano nel caso oggi in esame, laddove
si segnala che «la logica interrelazione tra i fatti distrattivi e la mancanza di
riscontri contabili rende insostenibile la tesi che le carenze documentali siano
riconducibili a mera trascuratezza dell’imputato». La necessità di escludere la
derubricazione del reato di bancarotta fraudolenta documentale contestato al
Matarrelli impedisce al contempo di ritenere maturati i termini per una eventuale
prescrizione dell’addebito, ove diversamente e meno gravemente qualificato.

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attivo sia stato animato da quell’intento.

1.3 Manifestamente infondata è infine la questione di legittimità
costituzionale paventata dall’imputato, in quanto concernente scelte di politica
legislativa sul trattamento sanzionatorio da riservare a condotte costituenti reato
ed offensive di beni giuridici affatto diversi.

2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del Matarrelli al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla

versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di C 1.000,00,
così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 15/05/2013.

volontà del ricorrente (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al

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