Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7385 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 7385 Anno 2014
Presidente: DE ROBERTO GIOVANNI
Relatore: FIDELBO GIORGIO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:
1) Pasquale Bassu, nato ad Orgosolo (NU) il 27.2.1939;
2) Michele Bassu, nato ad Orgosolo (NU) il 1.6.1974;
avverso la sentenza del 20 febbraio 2013 emessa dalla Corte d’appello di
Cagliari – Sezione distaccata di Sassari;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere dott. Giorgio Fidelbo;
udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, dott. Alfredo Pompeo
Viola, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso;
udito l’avvocato Cecilia Bassu, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 28/11/2013

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza emessa il 29 marzo 2011 il Tribunale di Nuoro

condannava Michele Bassu alla pena di sette anni di reclusione ed euro
30.000 di multa per il reato di coltivazione di circa 1.041 piantine di canapa
indiana (art. 73 comma 1 e 80 comma 2 d.P.R. 309/1990), mentre assolveva

mesi di reclusione in ordine al reato di violazione colposa di cose sottoposte a
sequestro (art. 335 c.p.), essendo stato nominato custode di parte del
materiale rinvenuto sul luogo della coltivazione (tubo di polietilene, varia
tubatura e quattro impianti a goccia), materiale che non è stato più rinvenuto.
La Corte d’appello, sull’impugnazione degli imputati, ha ritenuto provata
la responsabilità di Michele Bassu per il reato di illecita coltivazione, in quanto
è risultato che uno dei mozziconi di sigaretta rinvenuto nei pressi della
piantagione di manjuana

aveva la stesso DNA di un altro mozzicone di

sigaretta fumato dall’imputato nel cortile della sua casa rurale, ma ha
rideterminato la pena in anni cinque di reclusione ed euro 20.000 di multa,
facendo applicazione della sanzione prevista dall’art. 73 d.P.R. 309/1990
prima della novella di cui alla legge n. 49 del 2006, essendo i fatti stati
commessi il 28.6.2005; ha, infine, confermato la condanna nei confronti di
Pasquale Bassu, rigettando il suo appello.
Tuttavia, nel dispositivo la rideterminazione della pena è stata riferita alla
posizione di Pasquale Bassu anziché a quella di Michele Bassu.

2. L’avvocato Cecilia Bassu, nell’interesse degli imputati, ha proposto
ricorso per cassazione.
Con il primo motivo, comune ad entrambi gli imputati,

rileva la

mancanza di coerenza tra motivazione e dispositivo, chiedendo l’annullamento
della sentenza in quanto sulla base del dispositivo risulta un inammissibile
aumento della pena nei confronti di Pasquale Bassu, peraltro in assenza
dell’impugnazione del pubblico ministero, e una pena illegale applicata a
Michele Bassu.
Con riferimento alla posizione di Michele Bassu deduce:

2

dallo stesso reato Pasquale Bassu, che invece condannava alla pena di tre

- la violazione degli artt. 25 Cost. e 2 c.p. per la mancata applicazione
dell’art. 73 d.P.R. nella formulazione antecedente alla riforma del 2006, in
quanto il reato contestato risulta commesso fino al 28.6.2005;
– la violazione dell’art. 133 c.p. in relazione al trattamento sanzionatorio e
al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche;
– il vizio di motivazione in relazione alla mancanza di elementi di prova

certa quella utilizzata dai giudici di merito e costituita dall’esame dei
mozziconi di sigaretta, esame che, secondo la difesa, sarebbe stato condotto
ponendo in comparazione la sigaretta fumata dall’imputato non solo con i
mozziconi rinvenuti nella piantagione, ma con quattro mozziconi di sigarette
che si trovavano all’interno dell’abitazione dei Bassu, e che per questo erano
facilmente a questi riferibili; su questo aspetto, come su altri riguardanti lo
svolgimento della consulenza tecnica, i giudici di appello non hanno fornito
risposte;
– violazione dell’art. 157 e seg. c.p., perché la Corte d’appello avrebbe
dovuto dichiarare la prescrizione del reato, avvenuta il 28.12.2012.
In ordine alla posizione di Pasquale Bassu deduce il vizio di motivazione
con riferimento alla mancata risposta sull’eccezione difensiva relativa alla
mancata correlazione tra quanto contestato nel capo di imputazione e la
sentenza, evidenziando come i giudici di merito non siano pervenuti ad una
motivazione coerente neppurArdine ai beni affidati in custodia all’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Preliminarmente, deve disporsi la correzione dell’errore materiale
contenuto nel dispositivo della sentenza d’appello, nei termini già indicati nel
provvedimento correttivo informale in data 22.2.2013 a firma del presidente
del collegio dott. Mariano Brianda: pertanto, la rideterminazione della pena
deve intendersi riferita a Michele Bassu e non a Pasquale Bassu.

4. Per il resto deve rilevarsi che entrambi i reati contestati agli imputati
sono prescritti, essendo stati commessi tra giugno e agosto del 2005.
Nella specie, trova applicazione il nuovo e più favorevole regime di
prescrizione, in quanto la sentenza di primo grado è stata emessa il 29 marzo

3

circa la responsabilità per il reato di coltivazione, non potendo ritenersi prova

2011, epoca in cui la novella di cui alla legge n. 251/2005 era già entrata in
vigore e il procedimento non era pendente in appello (art. 10 legge n.
251/2005).
Per quanto riguarda la posizione di Michele Bassu, considerato che il reato
di cui all’art. 73 d.P.R. 309/1990 è stato commesso il 28.6.2006 e facendo
riferimento alla pena precedente alla modifica di cui alla legge n. 49 del 2006

sette anni e sei mesi è ad oggi trascorso, per cui il reato e da ritenere
prescritto (28.12.2012).
Lo stesso vale per la posizione di Pasquale Bassu, che risulta aver
commesso il reato di cui all’art. 335 c.p. in data 24.8.2005, sicché lo stesso
termine di prescrizione è scaduto il 24.2.2013.
Ne consegue che, ai sensi dell’art. 129 comma 1 c.p.p., la sentenza
impugnata deve essere annullata non potendosi procedere nei confronti degli
imputati per la suddetta causa di estinzione del reato e dovendosi escludere
che i gravami siano fondato su motivi inammissibili all’origine, stante i
contenuti delle censure mosse, il cui argomentare, però, consente di
escludere la prova evidente dell’insussistenza del fatto, sia sotto il profilo
oggettivo che soggettivo.
P. Q. M.

Disposta la correzione dell’errore materiale contenuto nel dispositivo della
sentenza impugnata nei termini indicati nel provvedimento correttivo in data
22.2.2013, annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i reati sono
estinti per prescrizione.
Così deciso il 28 novembre 2013

Il Consig i re estensore

– come esattamente ritenuto dalla Corte d’appello – il termine massimo di

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