Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7378 del 06/02/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 7378 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DARNAKH REDOUANE N. IL 06/05/1982
MACHAL MOHAMED N. IL 12/05/1981
avverso la sentenza n. 15725/2012 GIP TRIBUNALE di TORINO, del
19/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO;
lette~ le conclusioni del PG Dott.
Enrico Delehaye, che ha concluso per l’inammissibilità

Uditi difensor Avv.; i

Data Udienza: 06/02/2014

RITENUTO IN FATTO
1. In data 19/02/2013 il Giudice per le indagini preliminari presso il
Tribunale di Torino ha applicato ai sensi dell’art. 444 cod.proc.pen. nei confronti
di Darnakh Redouane la pena di anni 3 mesi 6 di reclusione nonché la multa e
nei confronti di Machal Mohamed la pena di anni 3 mesi 3 di reclusione nonché la
multa in quanto imputati entrambi del reato di cui agli artt.110 cod. pen. e 73
d.P.R. 9 ottobre 1992, n.309 e Darnakh Redouane anche del reato di cui agli
artt. 81,62 n.2,337,582 in relazione all’art. 585,573 cod. pen. Con la medesima

confisca e la distruzione della sostanza stupefacente e di quant’altro in
sequestro, disponendo il dissequestro e la restituzione agli imputati di due
telefoni cellulari non considerati strumentali ai fini della perpetrazione dell’attività
di narcotraffico.
2. Ricorre per cassazione Darnakh Redouane censurando la sentenza
impugnata per omessa motivazione relativamente alla valutazione di congruità
della pena ed in merito all’esatta portata delle circostanze attenuanti.
3. Ricorre per cassazione Machal Mohamed deducendo inosservanza della
norma di cui all’art. 12 sexies d.l. n.306 del 1992 per avere la sentenza
impugnata disposto la confisca di telefoni cellulari ritenendoli strumentali alla
commissione del delitto contestato ad entrambi gli imputati nonostante il
telefono Nokia 3K 130 e la relativa sim con numero 388-8207689 non fossero
riferibili in alcun modo alla condotta contestata, come risulta dai tabulati
telefonici indicati nell’annotazione di polizia giudiziaria del 24/11/2012, e per
avere disposto la confisca del denaro in sequestro non essendovi in atti alcun
elemento che consentisse di ritenere che la somma sequestrata fosse provento
dell’illecito smercio. Il medesimo ricorrente ha depositato motivi nuovi
proponendo questione di legittimità costituzionale dell’art.4

bis

del d.l.

n.272/2005.
3. Il Procuratore Generale, nella persona del dott. Enrico Delehaye, nella sua
requisitoria scritta, ha chiesto che i ricorsi siano dichiarati inammissibili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto da Darnakh Redouane è inammissibile.
1.1. In caso di definizione del giudizio ai sensi dell’art.444 cod.proc.pen. non
è consentito alle parti di presentare motivi concernenti la misura della pena,
salvo che si versi in ipotesi di pena illegale (Sez. 3, n.10286 del 13/02/2013,
Matteliano, Rv. 254980). Inoltre, la sentenza del giudice di merito che applichi la
pena su richiesta delle parti può essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il
profilo della motivazione, soltanto se dal testo della sentenza impugnata appaia
evidente la sussistenza delle cause di non punibilità di cui all’art. 129 cod. proc.
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sentenza il giudice ha ordinato la confisca del denaro in sequestro nonché la

pen. (Sez. 5, n.31250 del 25/06/2013, Fede, Rv. 256359). Ma nel caso qui in
esame il ricorso risulta inammissibile in quanto genericamente formulato,
oltretutto in patente contrasto con il testo del provvedimento impugnato, che ha
fornito adeguata giustificazione dei motivi che hanno condotto all’applicazione
della pena richiesta dalle parti.

2. Tenuto conto della sentenza Corte Cost. n.186 del 13.06.2000 e rilevato
che non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto ricorso

declaratoria di inammissibilità segue, a norma dell’art.616 cod.proc.pen. l’onere
delle spese del procedimento e del versamento di una somma, in favore della
Cassa delle Ammende, determinata, in considerazione delle ragioni di
inammissibilità del ricorso stesso, nella misura di euro 1.500,00.

3. Il ricorso proposto da Machal Mohamed è inammissibile in quanto
manifestamente infondato.
3.1. Il ricorrente si duole della disposta confisca di un telefono cellulare
specificamente indicato nel ricorso. Ma tale motivo di ricorso si pone in palese
contrasto con il testo del provvedimento impugnato, in cui il medesimo bene
risulta dissequestrato e restituito all’avente diritto.
3.2. Inammissibile si presenta anche la censura concernente la disposta
confisca del denaro sequestrato.
3.3. Secondo il ricorrente, non vi sarebbe in atti alcun elemento che
consenta di ritenere che la somma sequestrata sia provento dell’illecito spaccio
di sostanza stupefacente. Trattasi, a ben vedere, di censura in fatto tendente ad
ottenere una diversa valutazione delle emergenze istruttorie, inammissibile in
sede di legittimità a fronte di un provvedimento adeguatamente motivato, in
relazione all’assenza di documentata attività lavorativa dell’imputato e con
riguardo ad una somma di denaro.
3.4. Come è noto, in caso di definizione ai sensi dell’art.444 cod.proc.pen.
del procedimento per il reato di cui all’art.73 T.U. Stup., è possibile procedere
alla confisca del denaro sequestrato, oltre che nei casi previsti dall’art. 240,
comma 2, cod.pen., anche nel caso delle ipotesi di confisca facoltativa previste
dal citato art.240 cod.pen., mentre il denaro è altresì obbligatoriamente
sequestrabile (salvo che venga ritenuta l’ipotesi di cui all’art.73, comma 5, T.U.
Stup.) ex art. 12 sexies del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito nella I. 7
agosto 1992, n. 356, allorquando il condannato non possa giustificarne la
provenienza. Ne consegue che, quando la provenienza della somma di denaro
non sia riconducibile con immediatezza alla condotta come contestata
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senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla

nell’imputazione, permane l’obbligo del giudice che applichi la pena ai sensi
dell’art.444 cod.proc.pen. di motivare le ragioni per cui ritiene di dover disporre
la relativa confisca, quantomeno in ordine al parametro dell’inattendibilità, ove
presenti, delle giustificazioni fornite sulla sua provenienza. E la sentenza
impugnata, come detto, ha fornito congrua motivazione sul punto.
3.5. I motivi nuovi, peraltro proposti su tema non pertinente ai motivi
d’impugnazione, seguono l’inammissibilità dell’impugnazione a norma

4. Tenuto conto della sentenza Corte Cost. n.186 del 13.06.2000 e rilevato
che non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla
declaratoria di inammissibilità segue, a norma dell’art.616 cod.proc.pen. l’onere
delle spese del procedimento e del versamento di una somma, in favore della
Cassa delle Ammende, determinata, in considerazione delle ragioni di
inammissibilità del ricorso stesso, nella misura di euro 1.500,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno a quello della somma di E.1.500,00
(millecinquecento) in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 6/02/2014

dell’art.585, comma 4, cod.proc.pen.

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