Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7373 del 14/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 7373 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI CILLO ATTILIO N. IL 29/11/1960
nei confronti di:
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
avverso l’ordinanza n. 79/2010 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del
31/01/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;
lette/entitg le conclusioni del PG Dott. G’1 1,0 tio-ttit t’ e (A t., Q

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Data Udienza: 14/01/2014

Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza in data 31.01.2012 la Corte di Appello di Bologna rigettava
la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione avanzata da Attilio Di Cullo.
La Corte territoriale osservava che Di Cillo era stato sottoposto alla misura
della custodia cautelare in carcere in forza di ordinanza resa dal G.i.p. presso il
Tribunale di Reggio Calabria in data 7.11.2000, per il reato di cui all’art. 73, d.P.R.
n. 309/1990; e che il G.i.p. presso il Tribunale di Bologna – individuato quale

in data 17.11.2009 (divenuta irrevocabile il 17.12.2009) aveva mandato assolto il
richiedente.
Tanto premesso la Corte di Appello ha rilevato che l’istanza non poteva
trovare accoglimento, giacché la condotta posta in essere dal Di Cillo risultava
connotata da colpa grave, direttamente funzionale alla emissione ed al
mantenimento dell’ordinanza cautelare. La Corte di Appello ha rilevato che al
richiedente era stato contestato l’acquisto di sostanza stupefacente da tale Cosimo
Filopanti; che il quadro indiziario si componeva di alcune conversazioni telefoniche
e tra presenti oggetto di captazione; e che non era revocabile in dubbio che i
colloquianti fossero effettivamente da individuare nel Di Cillo e nel Filopanti.
2. Avverso la richiamata ordinanza ha proposto ricorso per cassazione Di
Cillo Attilio, a mezzo del difensore.
Con il primo motivo la parte deduce violazione di legge e difetto di
motivazione. L’esponente rileva che le intercettazioni relative alle conversazioni
intercorse tra Di Cillo e Filopanti sono in gran parte incomprensibili; e considera che
anche ove dovesse ritenersi che il primo agisse come compratore ed il secondo
come venditore della droga, tale contatto intercorso tra i due soggetti non consente
di qualificare la condotta del Di Cillo come gravemente colposa. Al riguardo, il
ricorrente osserva che Di Cillo è soggetto tossicodipendente e che tale condizione
venne prospettata dalla difesa già nel corso della esecuzione della misura cautelare.
Ritiene, pertanto, che la condotta del Di Cillo possa essere qualificata come colposa
se del caso con riguardo alla emissione della ordinanza cautelare, ma non in
riferimento al mantenimento della cautela. Il deducente osserva che Filopanti, già
nel corso dell’interrogatorio reso il 16.12.2000, aveva affermato di non aver mai
venduto droga a Di Cillo; e sottolinea che Filopanti era stato ritenuto collaboratore
di giustizia attendibile, sin dall’inizio della sua collaborazione.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 cod.
proc. civ. Osserva che il Procuratore Generale ed il Ministero dell’economia e della
Finanze avevano chiesto l’accoglimento della domanda e che la Corte contenesse
nel minimo l’indennizzo. Ritiene che, in assenza di contrasto tra le parti in ordine al
diritto alla riparazione da parte dell’esponente, la Corte di Appello avrebbe dovuto
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autorità giudiziaria territorialmente competente dalla Suprema Corte – con sentenza

accogliere la richiesta; e considera che la decisione impugnata si pone in contrasto
con il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, di cui all’art. 112
cod. proc. civ.
3.

Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha chiesto che la

Suprema Corte, voglia rigettare il ricorso. La parte rileva che la Corte di merito ha
valorizzato il tenore delle conversazioni telefoniche intercettate, intercorse tra Di
Cillo e Filopanti; ed osserva che, al riguardo, non rilevano le dichiarazioni rese dal

Cillo. L’esponente sottolinea poi la manifesta infondatezza del secondo motivo di
ricorso, atteso che la delimitazione del devoluto discende dall’oggetto della richiesta
e non dalle richieste delle controparti.
4. La difesa del ricorrente ha depositato memoria, ribadendo che Di Cillo
non ha posto in essere alcun comportamento ostativo al riconoscimento
dell’indennizzo, in riferimento al mantenimento della custodia cautelare.
Considerato in diritto
5. Il ricorso è destituito di fondamento, per le ragioni di seguito esposte.
5.1 Con riguardo al primo motivo di ricorso, giova rilevare che, in tema di
riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice di merito, per valutare se chi l’ha
patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve
apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori disponibili,
con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante o
macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, fornendo
del convincimento conseguito una motivazione che, se adeguata e congrua, è
incensurabile in sede di legittimità. Al riguardo, il giudice deve fondare la sua
deliberazione su fatti concreti e precisi, esaminando la condotta tenuta dal
richiedente sia prima che dopo la perdita della libertà personale, al fine di stabilire,
con valutazione “ex ante” – e secondo un iter logico motivazionale del tutto
autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta
integri estremi di reato ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato,
ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua
configurabilità come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di
“causa ad effetto” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 34559 del 26/06/2002,
dep. 15/10/2002, Rv. 222263).
Condotte rilevanti in tal senso possono essere di tipo extraprocessuale
(grave leggerezza o trascuratezza tale da avere determinato l’adozione del
provvedimento restrittivo) o di tipo processuale (autoincolpazione, silenzio
consapevole sull’esistenza di un alibi) che non siano state escluse dal giudice della
cognizione.

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Filopanti, alla polizia giudiziaria, laddove aveva escluso di aver ceduto droga al Di

A tal fine, nei reati contestati in concorso, va apprezzata la condotta che si
sia sostanziata nella consapevolezza dell’attività criminale altrui e, nondimeno, nel
porre in essere una attività che si presti sul piano logico ad essere contigua a quella
criminale (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 4159 del 09/12/2008, dep. 28/01/2009, Rv.
242760).
5.2 L’ordinanza impugnata si colloca coerentemente e puntualmente
nell’alveo del suddetto quadro interpretativo. La Corte di Appello di Bologna, dopo
aver considerato che il G.i.p. presso il Tribunale di Bologna aveva mandato assolto

il Di Cillo, ritenendo non provata l’effettiva cessione della droga, ha rilevato che i
contatti intercorsi tra Di Cillo e Filopanti, relativi ad un trattativa finalizzata
all’acquisto di droga, integravano la colpa grave ostativa al riconoscimento
dell’indennizzo, giacché Di Cillo aveva tenuto un comportamento percepibile
dall’autorità giudiziaria come contiguo rispetto all’attività criminale altrui.
Segnatamente, la Corte territoriale ha evidenziato che il comportamento posto in
essere dal richiedente era direttamente funzionale sia all’emissione che al
mantenimento del presidio cautelare nei confronti del Di Cillo. Sul punto, il Collegio
ha valorizzato, oltre al contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate, la
conversazione tra presenti, nel corso della quale Di Cillo appariva come acquirente
di sostanze stupefacenti; ed ha considerato che non è mai stato neppure
adombrato che Di Cillo fosse consumatore di sostanze psicotrope. Sulla scorta di
tali rilievi il giudice della riparazione, sviluppando un ragionamento che risulta
immune da censure rilevabili in sede di legittimità, ha quindi ritenuto che il predetto
comportamento, secondo una valutazione “ex ante”, giustificasse l’adozione ed il
mantenimento della custodia cautelare in carcere. E’ poi appena il caso di
considerare che la Corte di Appello ha pure chiarito che le dichiarazioni del
Filopanti, il quale aveva dichiarato di non aver in realtà ceduto droga al Di Cillo, se
pure avevano mosso il giudice del merito alla pronuncia assolutoria nei confronti del
richiedente, non valevano ad elidere la rilevanza, in riferimento alla fase cautelare,
dei contatti oggettivamente intercorsi tra Di Cillo ed il potenziale fornitore di droga.
5.3 n secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Invero, la Corte regolatrice ha da tempo chiarito che non sussiste violazione
dell’art. 112 cod. proc. civ., nel caso in cui la Corte di merito respinga la richiesta di
riparazione, nonostante l’Avvocatura dello Stato ed il Procuratore generale presso la
Corte d’appello abbiano chiesto l’accoglimento della richiesta di riparazione. Ciò in
quanto l’istituto della riparazione per ingiusta detenzione, pur dovendosi inquadrare
in prevalenza nell’ambito di una procedura civilistica, investe tuttavia interessi di
evidente natura pubblicistica, la cui sorte non può essere affidata esclusivamente
all’attività delle parti; e posto mente al fatto che si tratta di materia della quale le
parti stesse non possono disporre e nella quale la decisione, sia sull'”an” che sul
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”quantum” della ripartizione, spetta esclusivamente al giudice (Cass. Sez. 4,
Sentenza n. 1029 del 08/07/1994, dep. 21/09/1994, Rv. 199549). Si osserva che
la giurisprudenza di legittimità ha altresì considerato che il riconoscimento
dell’indennizzo per ingiusta detenzione non si fonda su un rapporto di natura
privata con il quale le parti regolano contenuti e tutela, anche in sede
giurisdizionale, di diritti e obblighi, ma sulla compensazione da parte dello Stato
della privazione temporanea del bene primario della libertà ad opera dello Stato

all’indennizzo è compito del giudice della riparazione, il quale vi provvede
accertando le condizioni legislativamente previste, tra cui l’assenza di dolo o colpa
grave, indipendentemente dalla eventuale non opposizione dell’amministrazione
tenuta al pagamento (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 3152 del 13/10/1999,
dep. 04/05/2000, Rv. 216466).
5.3.1 L’applicazione dei richiamati principi di diritto al caso di specie
conduce ad evidenziare l’infondatezza del motivo di doglianza in esame. Deve,
infatti, osservarsi che del tutto legittimamente – ed anzi doverosamente, per quanto
sopra considerato – la Corte di Appello di Bologna ha scrutinato la fondatezza della
richiesta di riparazione per ingiusta detenzione, giungendo al motivato rigetto della
domanda, pure a fronte delle conclusioni adesive rassegnate dal Procuratore
generale territoriale e dalla amministrazione costituita in giudizio.
6. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma in data 14 gennaio 2014.

stesso, poi rivelatasi ingiusta; con la conseguenza che il riconoscimento del diritto

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