Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7370 del 14/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 7370 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MARCHESE ORESTE N. IL 16/11/1981
avverso l’ordinanza n. 173/2013 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del
10/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE
DOVERE;
1?ftt/sentite le conclusioni del PG Dott. Aga_. Pktumr,u.

(A,t_ 056-51

Data Udienza: 14/11/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Palermo, sezione per il
riesame, decidendo quale giudice del rinvio a seguito di annullamento di
precedente ordinanza pronunciato dalla Corte di cassazione con sentenza del 3
aprile 2013, ha rigettato l’istanza di riesame proposta nell’interesse di Marchese
Oreste avverso il decreto di sequestro preventivo del cantiere ubicato in via O
Nelson n. 9, in Palermo, adottato il 30.10.2012 dal Giudice per le indagini

Il Collegio distrettuale ha premesso che l’annullamento dell’ordinanza già
intervenuta sull’oggetto era dipeso dal fatto che questa aveva fondato il giudizio
di illegittimità del permesso di costruire rilasciato per i lavori del menzionato
cantiere sulla base di dichiarazioni inutilizzabili perché rese, in qualità di persona
informata dei fatti, da soggetto indagato (Milone Grazia). Ha quindi evidenziato
che già la comunicazione di notizia di reato del 25 ottobre 2012 rappresentava
che le firme apposte dagli eredi Milone sulle richieste di concessione edilizia
relative ai lavori in questione erano palesemente false e che ciò si evinceva dalla
comparazione, operata dagli inquirenti, tra le firme degli stessi eredi Milone
vergate in calce ai documenti d’identità in possesso della polizia giudiziaria e
quelle in calce alle menzionate richieste.
Ad avviso del Tribunale, quindi, le indagini avevano acquisito elementi
sufficienti a ritenere la falsità delle istanze, a prescindere dalle dichiarazioni della
Milone; ed ha ritenuto configurato il fumus commissi delicti, sussistendo altresì
anche per il periculum in mora, posto che al momento dell’intervento della
polizia giudiziaria presso il cantiere i lavori erano appena iniziati.

2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l’imputato a mezzo dei
difensori di fiducia, avv. Antonino Reina ed avv. Antonio Sottosanti.
2.1. Con un primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt.
44 d.p.r. 380/2001, 4 e 5 I. 2248/1865, all. E.
Rileva l’esponente che il Tribunale ha elevato ad oggettivo elemento di reità
la mera congettura della polizia giudiziaria circa la non rispondenza della firma
della Milone a quella posta nell’atto, ritenendola sufficiente ad integrare il fumus
probatorio; ed ha omesso di argomentare in ordine alle ragioni per le quali tale
congettura valga da sola ad integrare il menzionato fumus. La comparazione
della firma non può offrire quell’indizio preciso che vale a supportare la misura
cautelare reale.
2.2. Con un secondo motivo deduce violazione di legge in relazione
all’articolo 324, comma 7 e 309, commi 9 e 10 cod. proc. pen. per aver

2

preliminari presso quel Tribunale.

utilizzato, il Collegio territoriale, la comunicazione di notizia di reato trasmessa
solo nella prima fase del procedimento di riesame e dunque non agli atti del
nuovo giudizio e non oggetto di ostensione alle parti del procedimento. Il
Tribunale, in sede di rinvio, avrebbe dovuto comunicare alle parti la nuova
acquisizione al fascicolo processuale ed innestare un contraddittorio con la
difesa, che a causa dell’omesso avviso dell’acquisizione della comunicazione di
notizia di reato è stata menomata.
CONSIDERATO IN DIRITTO

3.1. Il secondo motivo va trattato prioritariamente, avendo esso natura
pregiudiziale.
Si tratta di motivo manifestamente infondato. Il ricorrente quale premette che la
menzionata comunicazione è stata acquisita “nella prima fase di questo
procedimento di riesame”; quindi lamenta la mancata conoscenza della stessa.
L’affermazione è palesemente contraddittoria, considerato che gli atti trasmessi
al Tribunale per il riesame sono posti nella disponibilità delle parti (cfr. art. 324,
co. 6 cod. proc. pen.). E poiché quegli atti continuano a rappresentare la base
documentale del giudizio al quale è chiamato nuovamente il Tribunale per il
riesame a seguito di annullamento di una prima ordinanza, non vi è alcuna
ragione normativa o sostanziale che imponga al medesimo – come invece
postula il ricorrente – di “comunicare alle parti la nuova acquisizione al fascicolo
processuale”; che giammai può dirsi ‘nuova’.
3.2. Il primo motivo è, all’inverso, infondato.
In sede di riesame di misure cautelari reali, pur essendo precluso il sindacato sul
merito dell’azione penale, il giudice deve verificare la sussistenza del
presupposto del “fumus commissi delicti” attraverso un accertamento concreto,
basato sulla indicazione di elementi dimostrativi, sia pure sul piano indiziario,
della sussistenza del reato ipotizzato (Sez. 6, n. 35786 del 21/06/2012 – dep.
18/09/2012, Buttini e altro, Rv. 254394)
Il sindacato in sede di legittimità non può quindi che avere ad oggetto l’esistenza
e l’adeguatezza della motivazione con la quale il provvedimento impugnato
manifesta la valutazione operata dal Tribunale per il riesame, il quale deve
rappresentare in modo puntuale e coerente le concrete risultanze processuali e
la situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti e dimostrare la
congruenza dell’ipotesi di reato prospettata rispetto ai fatti cui si riferisce la
misura cautelare reale sottoposta al suo esame.
3.3. Orbene, nel caso che occupa non v’è alcun dubbio che, ove false le firme
apposte in calce alle richieste di concessione edilizia, sussistano gravi indizi del

q:,

reato ipotizzato [art. 44 lett. b) d.p.r. 380/2001]; ciò non è neppure contestato

3

3. Il ricorso è infondato, nei termini di seguito precisati.

dal ricorrente. La possibilità di affermare tale falsità in sede cautelare non
pretende una prova che abbia la medesima ‘forza’ dimostrativa che si richiede
per l’affermazione di responsabilità in esito ad un giudizio di merito. E’ sufficiente
che quella possa ritenersi come altamente probabile; la giurisprudenza di
legittimità formalizza tale assunto enunciando il principio per il quale “al fine di
giustificare il sequestro preventivo non è necessario fornire la prova circa la
sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, essendo sufficiente accertare il
“fumus” in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato ipotizzato e

n. 4704 del 29/09/1995 – dep. 24/10/1995, Flachi ed altri, Rv. 202615; vd.
anche Sez. 4, n. 23944 del 21/05/2008 – dep. 12/06/2008, P.M. in proc. Di
Fulvio, Rv. 240521, che puntualizza come al giudice sia demandata una
valutazione sommaria in ordine al “fumus” del reato ipotizzato relativamente a
tutti gli elementi della fattispecie contestata, e può quindi rilevare anche il difetto
dell’elemento soggettivo del reato, purchè lo stesso emerga “ictu oculi”).
E’ pertanto improprio il richiamo al requisito della ‘certezza’ operato dal
ricorrente. Per contro, correttamente il Tribunale ha assunto il dato emergente
dalla comunicazione di notizia di reato della P.G. come elemento sufficiente ad
offrire concretezza all’ipotesi accusatoria in punto di materialità del reato.
Trattasi di motivazione congrua, immune da censure formulabili in sede di
legittimità.

4. Segue al rigetto del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così d iso in Roma, nella camera di consiglio del 14/11/2013.
Il Consi I

Il Presidente

estensore

Pietro Antonio Sirena

Salvati r- overe

Q
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
N Sezione Penale

verificare la corrispondenza di tali elementi all’ipotesi astratta di reato” (Sez. 1,

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