Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7363 del 09/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 7363 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da :
FAZIO NUNZIO ANTONINO N. IL 22.06.1965
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI CALTANISETTA in data 11 ottobre 2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI;
sentite le conclusioni del PG in persona della dott.ssa Maria Giuseppina Fodaroni che ha chiesto
dichiararsi inammissibile il ricorso e per il ricorrente l’avvocato Filippo Mazzara Bologna che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 11 ottobre 2012 la Corte d’appello di Caltanissetta, in parziale
riforma della sentenza resa dal Tribunale di Nicosia in data 12 ottobre 2010, appellata
dall’ imputato, riconosceva allo stesso la circostanza attenuante ad effetto speciale di
cui al comma V dell’art. 73 d.P.R. n. 309/1990 e per l’effetto rideterminava la pena in
anni tre e mesi otto di reclusione.
Il Fazio era stato tratto a giudizio per rispondere di plurime violazioni del citato art. 73
per aver acquistato ed offerto in vendita sostanza stupefacente del tipo cocaina.
2. Avverso tale decisione propone ricorso a mezzo del proprio difensore l’imputato
deducendo la nullità della sentenza per violazione di norme processuali ex art. 606,
comma 1 lett. b) e c) c.p.p. in relazione agli artt. 178 e ss. e 552 c.p.p.; la nullità della
sentenza per violazione di norme processuali ex art. 606, comma 1 lett. c) c.p.p. in
relazione agli artt. 125 e 267 c.p.p.; la nullità della sentenza per violazione di norme
processuali ex art. 606, comma 1 lett. c) c.p.p. in relazione all i art. 195 c.p.p.; la nullità
della sentenza per violazione di norme processuali ex art. 606, comma 1 lett. c) c.p.p.
in relazione all i art. 495 comma 4 bis c.p.p.; la nullità della sentenza per violazione di
norme processuali ex art. 606, comma 1 lett. c) c.p.p. in relazione agli artt. 192 e 546
c.p.p.; la nullità della sentenza per violazione di norme processuali ex art. 606, comma
1 lett. b) c.p.p. in relazione all’ art. 133 c.p.

3.

CONSIDERATO IN DIRITTO
E’ stato recentissimamente adottato, nelle forme della decretazione d’urgenza, un
articolato intervento normativo (il d.l. 23 dicembre 2013, n. 146 in G.U. n. 300 del 23
dicembre 2013) riguardante tra l’altro i reati concernenti le sostanze stupefacenti.

Data Udienza: 09/01/2014

In particolare l’art. 2 lett. a) del decreto- significativamente rubricato ai fini di quanto si
rileverà in prosieguo “Delitto di condotte illecite in tema di sostanze stupefacenti o
psicotrope di lieve entità”- modifica il quinto comma dell’art. 73 d.P.R. n. 309/1990,
che prevede pene inferiori per i reati in materia di stupefacenti configurati nello stesso
articolo, qualora i fatti contestati possano essere considerati di lieve entità in forza dei
parametri contemplati nello stesso comma.
La fattispecie in questione prima del suddetto intervento era stata qualificata dalla
giurisprudenza di legittimità come circostanza attenuante ad effetto speciale e non già
come titolo autonomo di reato, essendosi a riguardo posto in rilievo come nella stessa
siano valorizzati elementi (come i mezzi, la modalità, le circostanze dell’azione, la
qualità e quantità delle sostanze) che non altererebbero l’obiettività giuridica e la
struttura di quelle previste nei precedenti commi dell’art. 73, ma si limiterebbero ad
attribuire alle medesime una minore carica offensiva (cfr. ex plurimis, Sez. Un., n.
9148 del 31 maggio 1991, Parisi, Rv. 187930, ribadita dalle stesse Sezioni Unite, anche
a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 4-bis, L. n. 49 del 2006, Sentenza, n.
35737 del 24 giugno 2010, Rv. 247910).
Nella disposizione in questione la novella ha inserito innanzi tutto una clausola di
sussidiarietà («salvo che il fatto non costituisca più grave reato»). In secondo luogo,
pur conservando l’originaria descrizione del nucleo caratterizzante la fattispecie
materiale, ha provveduto ad inserirla tra due proposizioni e cioè «chiunque commette
uno dei fatti previsti dal presente articolo» ed «è punito con le pene», quest’ultima
destinata a sostituire la precedente formula «si applicano le pene». Infine è stato
rimodulato il limite massimo edittale della pena detentiva, abbassato da sei a cinque
anni di reclusione.
Ciò posto osserva la Corte: deve ritenersi che con le apportate modifiche il legislatore
ha inteso mutare la qualificazione giuridica della fattispecie, trasformando quella che
era considerata – come sopra ricordato- una circostanza attenuante in un titolo
autonomo di reato, come può desumersi, in primo luogo, dalla stessa interpretazione
letterale della norma.
Rilevano a tal proposito, oltre alla citata rubricazione dell’art. 2, in primo luogo,
l’ambito di applicazione della norma che è segnato in negativo dalla configurabilità di un
«più grave reato», espressione da cui può desumersi che il fatto considerato dal quinto
comma dell’art. 73 costituisca esso stesso già un “reato”.
In secondo luogo la espressa previsione di un soggetto attivo («chiunque») e di una
condotta («commette») appaiono sicuramente indici sintomatici quanto mai significativi
della volontà del legislatore di incriminare in maniera autonoma fatti la cui descrizione è
pur sempre in parte mutuata da altre disposizioni incriminatrici, ma che nel citato
quinto comma trovano una loro ulteriore caratterizzazione attraverso la descrizione
delle condizioni che li rendono di «lieve entità».
Peraltro l’intenzione di configurare «una nuova ipotesi di reato in luogo della previgente
circostanza attenuante» emerge espressamente in termini dal comunicato stampa
rilasciato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri all’esito del Consiglio dei Ministri n.
41 del 17 dicembre 2013 ed anche la relazione alla legge di conversione espressamente
qualifica quella del riformulato quinto comma dell’art. 73 come fattispecie autonoma di
reato.
4. Né può trascurarsi la ratio complessiva della novella, alla cui base vi è infatti il
desiderio di ridurre la presenza nella popolazione carceraria dei tossicodipendenti, assai
spesso detenuti a seguito della commissione di fatti concernenti gli stupefacenti di
contenuta gravità e dunque facilmente inquadrabili nello schema del quinto comma
dell’art. 73.
La nuova previsione normativa, comportando una pena edittale inferiore è
indubbiamente più favorevole per l’imputato, con la conseguenza della sua immediata
applicazione ex art..t., G.0 ~4-.4.- il ,C_.?,
Tanto considerato, osserva la Corte: ratione temporis al reato contestato all’imputato si
applica, quanto al regime prescrizionale, la disciplina introdotta dalla I. n. 251/2005,
che come è noto non tiene conto dell’eventuale riconoscimento di circostanze
attenuanti. In tal senso fatti il cui termine ordinario era calibrato in precedenza sul
massimo edittale di pena prevista per la fattispecie “base” (vent’anni), vede ora

P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione ..
Così deciso nella camera di consiglio del 9 gennaio 2014

IL CONSIGLIERE ESTENSORE

maturare la causa estintiva in sei anni ovvero, tenendo conto del termine prorogato, al
massimo in sette anni e sei mesi.
Nella specie risalendo il reato al periodo tra il mese di maggio ed il 1° ottobre 2004.. ed
anche avuto riguardo ai periodi di sospensione (per il I grado dall’11.2 al 17.3 2009; dal
16.12.2009 al 2.2.2010; dal 2.2.2010 al 31.3.2010 nonché di ulteriori sessanta giorni
per 11 11 grado) detto termine è ampiamente maturato.
Non sussistendo profili di inammissibilità né, alla luce delle decisioni di merito, i
presupposti per l’applicazione dell’art. 129 c.p.p. ai fini di un proscioglimento, la
gravata sentenza va annullata senza rinvio per essere il reato ascritto al Fazio estinto
per intervenuta prescrizione.

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