Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7362 del 04/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 7362 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SELLEK AZIZ N. IL 26/11/1985
avverso l’ordinanza n. 2792/2013 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del
03/10/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;
1M-re/sentite le conclusioni del PG Dott.*7 ‘3 19S2.
.0

Uditi difensor Avv •,

Data Udienza: 04/02/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Roma, quale giudice del riesame, il 3.10.2013 ha
confermato l’ordinanza con la quale, in data 19.9.2013, il Giudice per le indagini
preliminari del medesimo Tribunale aveva applicato a Aziz SELLEK la misura
custodiale di massimo rigore, essendo questi indagato per i reati di illecita

Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione.

2. Con un primo motivo di ricorso denuncia l’illogicità e carenza della
motivazione del provvedimento impugnato, rilevando che i giudici del riesame
avrebbero erroneamente ritenuto la sussistenza del pericolo di reiterazione nel
reato, indicando, tra gli elementi significativi in tal senso, l’assenza di una
documentata attività lavorativa, mentre risulterebbero versati in atti un contratto
di lavoro ed un prospetto di busta paga attestanti lo svolgimento di uno stabile
lavoro.

3. Con un secondo motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio
di motivazione, rilevando che il Tribunale non avrebbe scelto la misura meno
affiittiva applicabile nella fattispecie ed avrebbe erroneamente considerato la
inidoneità dell’alloggio ove egli già dimorava, assegnato dall’amministrazione
comunale al nucleo familiare del fratello.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è inammissibile.
Dalla ricostruzione della vicenda effettuata dai giudici del riesame emerge
che il ricorrente è stato tratto in arresto dopo essere stato sorpreso, unitamente
ad altra persona, a bordo di una vettura da lui condotta che, affiancata per un
controllo da personale della guardia di finanza, cercava di allontanarsi con
pericolose manovre elusive, per poi arrestarsi improvvisamente causando il
tamponamento con la vettura inseguitrice.
Le persone a bordo si davano alla fuga a piedi, aiutati dagli abitanti del
quartiere che cercavano di ostacolare il personale di polizia giudiziaria ed il

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detenzione di sostanze stupefacenti e resistenza a pubblico ufficiale.

complice del ricorrente, che era armato di pistola, la puntava all’indirizzo degli
agenti operanti, desistendo dopo l’esplosione di due colpi di avvertimento al suo
indirizzo.
Il ricorrente veniva dunque fermato dopo un breve percorso ed, a seguito di
perquisizione, venivano rinvenuti occultati, sotto il sedile del conducente della
vettura, 10 panetti di hashish per complessivi gr. 978, pari a 2267 dosi medie.
Sulla scorta di tali evenienze, il Tribunale, rilevata la gravità indiziaria,
riteneva sussistente il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie in

capacità criminale dimostrata dall’indagato nonostante la formale incensuratezza
e del rilevante quantitativo di stupefacente detenuto, sintomatico di solidi legami
con contesti criminali di spicco, unitamente all’assenza di documentata attività
lavorativa.

5. A fronte di tale puntuale motivazione, il ricorrente pone esclusivamente
l’accento sulla circostanza della mancata considerazione, da parte dei giudici del
riesame, della documentazione prodotta al fine di dimostrare la sussistenza di
una stabile attività lavorativa.
Si tratta, tuttavia, ad avviso del Collegio, di una censura che viene formulata
in maniera del tutto generica, con riferimento a documenti prodotti l’accesso ai
quali è precluso a questo giudice di legittimità e senza fornire alcun elemento
ulteriore di valutazione che consenta una verifica della fondatezza della
deduzione difensiva.

6. Va in ogni caso rilevato che, indipendentemente dalla validità o meno
della documentazione cui si riferisce il ricorrente, le residue considerazioni poste
a sostegno dell’ordinanza impugnata risultano comunque più che adeguate a
giustificare la sussistenza del pericolo di reiterazione criminosa.
Pare opportuno ricordare, a tale proposito, che per quanto riguarda la
verifica dell’esistenza di elementi indicativi di un concreto pericolo di reiterazione
del reato, si è già avuto modo di precisare come essa debba riguardare le
modalità e circostanze del fatto e la personalità dell’imputato (Sez. III n.14846, 6
aprile 2009; Sez. IV n.34271, 10 settembre 2007; Sez. n.11179, 22 marzo 2005).
Si è inoltre ripetutamente affermato che, ai fini dell’individuazione della
suddetta esigenza cautelare, il giudice può porre a base della valutazione della
personalità dell’indagato le stesse modalità del fatto commesso da cui ha
dedotto anche la gravità del medesimo (cfr., da ultimo, Sez. V n. 35265, 21
agosto 2013. Conf. Sez. I n. 8534, 21 febbraio 2013; Sez. IV n. 12150, 13 marzo
2004; Sez. I n. 6359, 8 febbraio 2000 ed altre prec.).

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considerazione delle allarmanti modalità dell’azione, rivelatrici della spiccata

7. Nella fattispecie, come si è già detto, le modalità della condotta posta in
essere e il consistente quantitativo di stupefacente rinvenuto sono stati
proficuamente utilizzati dal Tribunale per un valido e convincente giudizio
prognostico e l’ordinanza impugnata si presenta, sul punto, del tutto immune da
censure, con la conseguenza che il primo motivo di ricorso risulta
manifestamente infondato.

motivo di ricorso.
Si è già avuto modo di osservare, con riferimento ai criteri di scelta e
adeguatezza delle misure cautelari, che per la motivazione del provvedimento
applicativo della misura custodiale di massimo rigore non è necessaria l’analitica
dimostrazione delle ragioni che rendono inadeguata ogni altra misura, essendo
invece sufficiente l’indicazione, da parte del giudice, con argomenti logicogiuridici tratti dalla natura e dalle modalità di commissione dei reati, nonché
dalla personalità dell’indagato, degli elementi specifici che inducono
ragionevolmente a ritenere detta custodia quale misura più adeguata al fine di
impedire la prosecuzione dell’attività criminosa, rimanendo così assorbita
l’ulteriore dimostrazione dell’inidoneità delle altre misure coercitive (Sez. VI
n.17313, 5 maggio 2011; Sez. I n.45011, 21 novembre 2003; Sez. III n.2439, 4
luglio 1996; Sez. I n.1762, 21 maggio 1992).
Nel caso in esame il Tribunale ha giustificato la scelta della misura più
affiittiva con la riconosciuta negativa personalità dell’imputato, evidenziando la
presumibile inefficacia di altri rimedi, ponendo altresì in rilevo la inadeguatezza
dell’alloggio presso il quale il ricorrente dimorava, osservando come lo stesso
fosse stato assegnato alla famiglia del fratello soltanto in via emergenziale e
temporanea da un consorzio convenzionato con l’amministrazione comunale.
Si tratta, anche in questo caso, di una valutazione giuridicamente corretta e
non connotata da alcun cedimento logico o manifeste contraddizioni, a fronte
della quale il ricorrente si limita a generiche considerazioni, rilevando che presso
l’alloggio assegnato l’amministrazione comunale aveva concesso anche la
possibilità di ottenere la residenza.
Invero, la indubbia gravità della condotta, dimostrata non soltanto dal
quantitativo di stupefacente detenuto, ma anche dalla repentina reazione posta
in essere all’atto del controllo da parte della polizia giudiziaria, giustificavano
ampiamente la scelta della misura custodiale di massimo rigore .

9. Inoltre, con accertamento in fatto non censurabile in questa sede, il

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8. A conclusioni analoghe deve pervenirsi per ciò che concerne il secondo

Tribunale ha comunque rilevato la inadeguatezza dell’alloggio ai fini di una
eventuale applicazione degli arresti domiciliari che non è stata, però, neppure
presa in considerazione, essendosi i giudici del riesame limitati ad osservare, ad
abudantiam, che una simile ipotesi non sarebbe stata astrattamente proponibile
per le ragioni indicate.
Vale la pena di ricordare, a tale proposito, come si sia già specificato che
l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere è legittima anche
nel caso in cui il giudice ritenga che la pericolosità del soggetto da sottoporre a

domiciliari, ma il predetto soggetto non disponga di un domicilio all’uopo idoneo
(Sez. Il n. 3429, 23 gennaio 2013).

10. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla
declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile
a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere
delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della
Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa
delle ammende.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa
al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente, a norma dell’articolo 94,
comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in data 4.2.2014

cautela possa essere neutralizzata attraverso l’applicazione degli arresti

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