Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7360 del 04/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 7360 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
HOXHA KLODIAN N. IL 22/10/1983
avverso l’ordinanza n. 323/2013 TRIB. LIBERTA’ di ANCONA, del
20/09/2013
sent0 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;
~sentite le conclusioni del PG Dott. f. BQL

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 04/02/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Ancona, in data 20.9.2013, ha respinto l’istanza di riesame
avverso l’ordinanza del 21.6.2013 con la quale il Tribunale di Pesaro aveva
applicato a Klodian HOXHA la misura cautelare della custodia in carcere dopo
che questi si era reso latitante a seguito di condanna alla pena di anni 8 e mesi 6

pen. e 73 d.P.R. 309\90, concretatosi mediante la cessione a terzi, in più
occasioni, di un quantitativo di cocaina pari ad oltre 900 grammi (in Pesaro, fino
al settembre 2009).
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il
proprio difensore.

2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione dell’art. 275, comma
1 bis cod. proc. pen. ed il vizio di motivazione, lamentando che l’ordinanza

applicativa della misura custodiale è intervenuta dopo un mese e mezzo dalla
pronuncia della sentenza di condanna, cosicché il provvedimento che la impone
difetterebbe di concretezza ed attualità, mancando, inoltre, di ogni riferimento
alla inidoneità di misure alternative.
Aggiunge che gli elementi valorizzati dal Tribunale e, segnatamente, la
spiccata capacità delinquenziale e la condizione di latitante, risulterebbero
insussistenti, essendosi egli recato in stato di libertà in Albania, ove attualmente
lavora, risultando immune da precedenti penali ed avendo mantenuto una
corretta condotta individuale.
Lamenta, inoltre, la mancata disamina della sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza e della sussistenza di esigenze cautelari.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato.
Come è noto, l’art. 275, comma 1 bis cod. proc. pen. stabilisce che, nel caso

di applicazione di misura cautelare contestuale ad una sentenza di condanna,
l’esame delle esigenze cautelari è condotto tenendo conto anche dell’esito del
procedimento, delle modalità del fatto e degli elementi sopravvenuti, dai quali

1

di reclusione, inflitta dal medesimo Tribunale per il reato di cui agli artt. 81 cod.

possa emergere che, a seguito della sentenza, risulta taluna delle esigenze
indicate nell’articolo 274, comma 1, lettere b) e c) cod. proc. pen.
In tema, la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che il riferimento alla
contestualità dell’applicazione della misura alla sentenza di condanna, cui si
riferisce la norma codicistica, non preclude affatto l’applicazione successiva,
dovendo detta disposizione interpretarsi non tanto nel senso che è consentita
l’applicazione di una misura cautelare in fase dibattimentale soltanto
contemporaneamente a una decisione di condanna, lasciando così prive di tutela

piuttosto, considerando che il legislatore ha solo inteso richiamare l’attenzione
del giudice sulla possibilità di tenere conto, già contestualmente alla condanna,
dell’esito del procedimento, ma senza impedire che tale valutazione possa
avvenire anche successivamente ad essa (cfr. Sez. VI n. 18074, 11 maggio 2012;
Sez. Il n. 36239, 6 ottobre 2011; Sez. I n. 39470, 25 ottobre 2007; Sez. VI n.
14223, 15 aprile 2005; Sez. I n. 41146, 9 dicembre 2002; Sez. I n. 35202, 21
ottobre 2002).
Come ricordato anche in ricorso, citando la richiamata decisione n.
18074\2012, si è anche chiarito che il giudice non può ritardare
irragionevolmente l’applicazione della misura ad un tempo successivo alla
pronuncia di condanna e deve comunque curare la verifica di tutti i presupposti
giustificativi.

4. I richiamati principi giurisprudenziali risultano puntualmente applicati
nella fattispecie in esame, avendo il ricorrente omesso di ricordare, come fa
invece il Tribunale, che l’applicazione della misura custodiale di massimo rigore è
stata disposta, del tutto tempestivamente, dopo una segnalazione dei Carabinieri
dalla quale emergeva l’irreperibilità del condannato sul territorio nazionale,
ravvisandosi legittimamente l’esigenza cautelare di cui all’art. 274, lett. b) cod.
proc. pen.

5. Quanto alla scelta della misura, è appena il caso di ricordare come, in
linea generale, si sia avuto modo di osservare che per la motivazione del
provvedimento applicativo della misura custodiale di massimo rigore non è
necessaria l’analitica dimostrazione delle ragioni che rendono inadeguata ogni
altra misura, essendo invece sufficiente l’indicazione, da parte del giudice, con
argomenti logico-giuridici tratti dalla natura e dalle modalità di commissione dei
reati, nonché dalla personalità dell’indagato, degli elementi specifici che
inducono ragionevolmente a ritenere detta custodia quale misura più adeguata al
fine di impedire la prosecuzione dell’attività criminosa, rimanendo così assorbita

2

le esigenze cautelari sopravvenute e quelle preesistenti ma non valutate, quanto,

l’ulteriore dimostrazione dell’inidoneità delle altre misure coercitive (Sez. VI
n.17313, 5 maggio 2011; Sez. I n.45011, 21 novembre 2003; Sez. III n.2439, 4
luglio 1996; Sez. I n.1762, 21 maggio 1992).

6. Nel caso in esame l’impossibilità del ricorso a misure meno afflittive risulta
pacificamente non soltanto dalla situazione di fatto complessivamente
rappresentata dai giudici del riesame nel valutare la legittimità della misura
applicata, ma anche dalle stesse argomentazioni prospettate dalla difesa nelle

la perdita del lavoro che questi aveva in Italia, oltre alla mancanza dei
presupposti per il rinnovo del permesso di soggiorno, circostanze, queste, che
rendono palese l’impossibilità di garantire adeguatamente le ravvisate esigenze
cautelari mediante misure alternative alla custodia in carcere.
Nel provvedimento impugnato, inoltre, l’assenza di riferimenti familiari e
lavorativi in Italia, la condizione di latitante e la evidente capacità criminale,
desunta dalla gravità e reiterazione delle condotte contestate, che hanno portato
alla irrogazione di una pena particolarmente elevata, risultano opportunamente
valorizzati dai giudici del riesame per ritenere la legittimità del provvedimento
censurato, così procedendo all’esame delle esigenze cautelari esattamente nei
termini indicati dall’art. 175 comma 1-bis cod. proc. pen. e non incorrendo,
pertanto, nei vizi denunciati.

7. Per ciò che riguarda, infine, la dedotta mancata valutazione degli indizi di
colpevolezza, altrettanto correttamente il Tribunale ha ricordato come, secondo
la giurisprudenza di questa Corte, opportunamente richiamata, anche la sola
pronuncia di condanna è idonea ad integrare il presupposto dei gravi indizi di
colpevolezza ai fini dell’applicabilità di misure cautelari (Sez. III n. 6780, 21
febbraio 2012).

8. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con le consequenziali statuizioni
indicate in dispositivo.

richiesta di riesame, laddove si evidenzia la residenza in Albania del condannato,

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente la pagamento delle spese del
procedimento.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa
al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente, a norma dell’articolo 94,
comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.

Così deciso in data 4.2.2014

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