Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7359 del 04/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 7359 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FOINI LUCIANO N. IL 06/09/1956
avverso l’ordinanza n. 37/2013 TRIB. LIBERTA’ di BOLZANO, del
23/09/2013
senlita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. F < sej...4 0_51_,.-•-9-s-k-Cnszt)-3-_,..1: Cs, ;RIA IL Uditi difensor Avv.; 17 •79 7014 Data Udienza: 04/02/2014 RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale di Bolzano, con ordinanza del 23.9.2013, ha respinto la richiesta di riesame del decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente emesso dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale nei confronti di Luciano FOINI, indagato del reato di cui all'art. 10-ter non provvedeva entro il termine di legge al versamento dell'IVA dovuta in base alla dichiarazione relativa all'anno di imposta 2008, per un ammontare complessivo pari ad euro 129.211,00. Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione trami te il proprio difensore di fiducia. 2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge, rilevando che potendosi procedere comunque alla confisca per equivalente, il sequestro dovrebbe essere applicato soltanto qualora ricorrano specifiche esigenze. 3. Con un secondo motivo di ricorso deduce la violazione di legge, osservando che la misura reale ha colpito anche l'abitazione dell'indagato, ponendosi conseguentemente in conflitto con il principio della impignorabilità dell'immobile costituente prima casa del contribuente. 4. Con un terzo motivo di ricorso deduce la carenza di motivazione, ponendo in evidenza l'assenza di qualsivoglia valutazione, da parte dei giudici del riesame, in ordine alla corrispondenza tra il valore dei beni sequestrati, che assume essere più elevato ed il profitto o il prezzo del reato. 5. Con un quarto motivo di ricorso lamenta la violazione di legge, rilevando che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto non necessaria, ai fini del sequestro, la sussistenza di specifiche esigenze cautelari e deducendo la insussistenza, nella fattispecie, del fumus del reato e del periculum in mora. 6. Con un quinto motivo di ricorso denuncia la violazione di legge per assenza di motivazione in relazione alla ritenuta confusione, da parte dei giudici del riesame, tra il patrimonio dell'indagato ed il profitto del reato, mancando, nella fattispecie, ogni elemento deponente in tal senso ed evidenzia, inoltre, come l'immobile sequestrato sia stato acquistato in epoca antecedente a quella 1 d.lgs. 74\2000 perché, quale legale rappresentante della «Hl-TECH-GROUP s.r.I.», di costituzione della società dal predetto rappresentata. 7. Con un sesto motivo di ricorso deduce, infine, la violazione di legge, rilevando che il Tribunale avrebbe dovuto considerare l'esistenza di un accordo di rateizzo stipulato con l'erario e finalizzato al pagamento di quanto dovuto, puntualmente onorato con il pagamento delle rate concordate, osservando come l'imposizione del vincolo reale determini, quale conseguenza, un impedimento all'ulteriore adempimento a causa degli effetti derivanti sui rapporti finanziari con Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 8. Il ricorso è inammissibile. Occorre rilevare, con riferimento al primo e secondo motivo di ricorso, che gli stessi risultano del tutto avulsi dai contenuti dell'ordinanza impugnata, rispetto alla quale il ricorrente non formula alcun riferimento e che, pertanto, la mancanza di correlazione tra le argomentazioni poste a sostegno della decisione impugnata e quelle sulle quali si fonda l'impugnazione determina, come già rilevato dalla giurisprudenza di questa Corte, il difetto di specificità dei motivi (cfr. Sez. V n. 28011, 26 giugno 2013 e Sez. Il n. 19951, 19 maggio 2008, con richiami alle decisioni precedenti). In ogni caso, deve osservarsi che, sebbene la confisca per equivalente sia possibile anche se non preceduta dal sequestro dei beni, l'applicazione della misura reale trova giustificazione, quanto meno, nell'esigenza di assicurare la successiva apprensione dei beni e che va tenuto conto, come correttamente rilevato dal Tribunale, del suo carattere preminentemente sanzionatorio, che la giurisprudenza di questa Corte, pure richiamata nel provvedimento impugnato, ha rilevato, considerando che l'istituto costituisce «una forma di prelievo pubblico a compensazione di prelievi illeciti» (così Sez. V n. 15445, 1 aprile 2004. V. anche Sez. III n. 19034, 2 maggio 2013; Sez. III n.28731, 19 luglio 2011; Sez. Il n. 21027, 4 giugno 2010; Sez. Il n. 28685, 10 luglio 2008; Sez. Il n. 3629, 31 gennaio 2007; SS.UU. n. 41936, 22 novembre 2005). 9. Del tutto generico risulta, inoltre, il riferimento, contenuto in ricorso, al «principio della impignorabilità dell'immobile costituente prima casa del contribuente» senza ulteriori specificazioni. 2 le banche. Va rilevato, a tale proposito, che se il ricorrente ha inteso riferirsi alle limitazioni imposte con il d.l. 21 giugno 2013, n. 69, recante «Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia» e convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, questo riguarda, comunque, il solo agente della riscossione ed è limitato a specifiche ipotesi e condizioni e non svolge alcun effetto sulla misura cautelare reale imposta nel processo penale, avente, evidentemente, finalità del tutto diverse. generica. Il ricorrente si limita sostanzialmente a lamentare il fatto che i giudici del riesame non avrebbero formulato alcuna valutazione sui beni sottoposti a sequestro, pur riconoscendo come il Tribunale abbia dato atto della circostanza che il G.I.P., nel disporre il sequestro, ha tenuto conto dei versamenti già effettuati all'erario secondo la rateizzazione concordata, affermando poi, del tutto apoditticamente, che il valore dei beni sarebbe superiore a quello corrispondente all'imposta non versata. A fronte di tale perentoria affermazione, il ricorso non indica alcun elemento concreto che possa consentire a questa Corte di rilevare la sussistenza o meno del vizio denunciato, dovendosi peraltro rilevare che, anche dal tenore del provvedimento impugnato, nella parte in cui indica le deduzioni difensive formulate nella richiesta di riesame, non risulta che la questione sia stata dedotta in quella sede. 10. Il quarto motivo di ricorso risulta manifestamente infondato. Il Tribunale ha dato atto, nell'ordinanza impugnata, che nessuna questione è stata sollevata dall'indagato con riferimento alla sussistenza del fumus del reato, essendosi una delle censure incentrata esclusivamente sulla sussistenza del periculum in mora. Rispetto a tale deduzione il Tribunale ha correttamente richiamato la giurisprudenza di questa Corte, la quale, è appena il caso di ricordarlo, ha chiarito, riguardo alla dimostrazione del periculum in mora, che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente è disposto senza che abbia rilievo la pericolosità del bene, del pari irrilevante per la misura ablativa finale (Sez. III n. 26389, 6 luglio 2011. V. anche Sez. Il n. 1454, 11 gennaio 2008). 11. A conclusioni analoghe deve pervenirsi per ciò che concerne il quinto motivo di ricorso. Invero, con riferimento ai reati di cui al d.lgs. 74\2000, il sequestro 3 9. Anche il terzo motivo di ricorso risulta formulato in maniera estremamente funzionale alla confisca per equivalente va riferito all'ammontare dell'imposta evasa, che costituisce un indubbio vantaggio patrimoniale direttamente derivante dalla condotta illecita e, in quanto tale, riconducibile alla nozione di «profitto», costituito dal risparmio economico da cui consegue l'effettiva sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, di cui certamente beneficia il reo (così Sez. III n. 1199, 16 gennaio 2012. V. anche SS.UU. n. 18374, 23 aprile 2013). La quantificazione del risparmio di cui si è appena detto è comprensiva del all'accertamento del debito tributario (Sez. V n.1843, 17 gennaio 2012. V. anche Sez. III n. 11836, 13 marzo 2013 ). Si è inoltre affermato, seguendo un indirizzo giurisprudenziale decisamente prevalente e condiviso dal Collegio che, nel caso in cui il profitto tratto da taluno dei reati per i quali è prevista la confisca per equivalente sia costituito da denaro, l'adozione della misura reale finalizzata a tale scopo non può essere subordinata alla verifica che il denaro sia confluito nella effettiva disponibilità dell'indagato poiché, altrimenti, si verrebbe a stabilire nuovamente la necessità di un nesso pertinenziale tra la res ed il reato che la legge, con l'introduzione della confisca per equivalente, ha invece escluso (Sez. III n. 1261, 10 gennaio 2013; Sez. VI n. 31692, 2 agosto 2007; Sez. VI n. 25877, 25 luglio 2006; Sez. VI n. 7250, 24 febbraio 2005). Va poi rilevato che è irrilevante l'epoca di acquisto dei beni oggetto della misura ablatoria, poiché la confisca per equivalente assolve ad una funzione ripristinatoria della situazione economica determinatasi a seguito del fatto illecito ed è finalizzata a sottrarre al patrimonio del reo beni per un valore corrispondente al profitto del reato (Sez. Il n. 17584, 17 aprile 2013. Nello stesso senso, Sez. III n. 33371, 9 agosto 2012, non massimata). 12. Per ciò che concerne, infine, il sesto motivo di ricorso, va ribadito che, considerate le finalità della misura reale, essa può essere legittimamente mantenuta fino a quando permane l'indebito arricchimento derivante dall'azione illecita, che cessa con l'adempimento dell'obbligazione tributaria (Sez. III n. 46726, 3 dicembre 2012; Sez. III n. 10120, 11 marzo 2011). Si è, a tale proposito, evidenziata anche la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 322-ter cod. pen. ed 1, comma 143, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 per la parte in cui, nel prevedere la confisca per equivalente anche per i reati tributari previsti dal d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, contrasterebbero, nel caso di sanatoria della posizione debitoria con l'Amministrazione finanziaria, con gli artt. 23 e 25 Cost., in quanto la restituzione 4 mancato pagamento degli interessi e delle sanzioni dovute in seguito all'Erario del profitto del reato fa venir meno lo scopo principale perseguito con la confisca, escludendo la temuta duplicazione sanzionatoria (Sez. III 10120\2011, cit.). Non si è ritenuto invece sufficiente, ai fini della revoca della misura, l'esistenza di un accordo con l'amministrazione finanziaria finalizzato all'estinzione del debito tributario, ancorché seguito dal pagamento di parte delle rate, in quanto tale evenienza non esclude comunque la disponibilità, per l'indagato, di almeno una parte del profitto del reato (Sez. 111 n. 30140, 24 luglio Successivamente il principio è stato ribadito (Sez. III n. 33587, 31 agosto 2012), affermando, in altra occasione, anche l'irrilevanza di un eventuale accordo transattivo con l'amministrazione finanziaria (Sez.111 n. 11836\2013, cit.). La lettura delle disposizioni in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di valore per i reati tributari offerta dalla giurisprudenza richiamata appare del tutto condivisibile, in quanto evidenzia la possibilità di assicurare le finalità di cautela sottese all'applicazione della misura reale evitando che la stessa incida più del dovuto sul destinatario. 13. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità - non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) - consegue l'onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00 P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in data 4.2.2014 2012, non massimata).

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