Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7333 del 09/11/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 7333 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
DI CUONZO Giuseppe, nato a Torino il 21/05/1970,

avverso l’ordinanza in data 14 aprile 2011 del Tribunale di Asti n. 52/2011.

Letti gli atti, l’ordinanza impugnata ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
lette le conclusioni del Pubblico ministero presso questa Corte di cessazione, in
persona del sostituto procuratore generale, Antonio Mura, il quale ha chiesto la
declaratoria di inammissibilità del ricorso con i provvedimenti conseguenziali.

RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale di Asti in composizione

monocratica, giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile la domanda di
applicazione della disciplina del reato continuato, proposta da Di Cuonzo
Giuseppe, limitatamente ai fatti giudicati con quattro sentenze dello stesso
Tribunale, di cui due emesse nella stessa data del 22/11/2007 (divenute
irrevocabili, entrambe, il 12/01/2008) ma relative a distinti procedimenti,

Data Udienza: 09/11/2012

un’altra emessa il 18/09/2007 (irrevocabile il 29/11/2008) e l’ultima emessa in
data 8/01/2008 (irrevocabile il 26/05/2009).
A ragione della decisione il Tribunale ha addotto che, con precedente
provvedimento del 26 novembre 2009, aveva già respinto analoga istanza
proposta dal Di Cuonzo con riguardo ai fatti di cui alle suddette sentenze, sicché
la nuova domanda relativa ai medesimi fatti costituiva mera riproposizione di

mentre, con riguardo ai reati di cui alle altre due sentenze del medesimo
Tribunale in data 3/06/2008 (irrevocabile il 12/01/2001) e 14/05/2008
(irrevocabile il 30/09/2010), comprese, insieme alle quattro precedenti, nel più
recente provvedimento di unificazione di pene concorrenti, emesso dal locale
Procuratore della Repubblica il 19 febbraio 2011, al quale ineriva la nuova
domanda ex art. 671 cod. proc. pen., proposta dal Di Cuonzo, si imponeva la
trattazione separata nell’udienza in camera di consiglio, contestualmente fissata
per il 7 giugno 2011.

2. Avverso la predetta ordinanza ricorre per cassazione il Di Cuonzo
personalmente, il quale deduce l’illegittima declaratoria di inammissibilità, sia
pure parziale, della sua domanda, posto che essa ha per oggetto un nuovo titolo
esecutivo (il predetto provvedimento di unificazione di pene concorrenti), nel
quale i fatti giudicati (furti e possesso ingiustificato di oggetti atti ad offendere e
dl chiavi alterate o di grimaldelli), che non hanno già formato oggetto della
precedente decisione di rigetto dell’applicazione della continuazione, risultano
commessi in Asti tra il 3 e il 5 novembre 2006 (quelli di cui alla sentenza del 3
giugno 2008) e tra I’ll e il 14 novembre 2006 (quelli di cui alla sentenza del 14
maggio 2008), e, quindi, in tempi ravvicinati alle date in cui furono commessi i
reati oggetto delle altre sentenze (anch’essi contro Il patrimonio e integranti
violazioni previste dagli artt. 707 cod. pen. e 4 legge n. 110 del 1975), in
relazione ai quali è stata dichiarata, col provvedimento impugnato,
l’inammissibilità della domanda di applicazione della continuazione; in
particolare, i fatti giudicati con la sentenza del 18/09/2007, esclusi dalla
valutazione ex art. 671 cod. proc. pen., furono commessi nello stesso giorno dei
reati valutati nella sentenza del 3 giugno 2008, e quelli giudicati con decisione
del 14/05/2008 furono commessi solo quattro giorni prima dei fatti oggetto della
sentenza dell’8/01/2008, quest’ultima parimenti esclusa dalla valutazione della
continuazione, senza tralasciare lo stato di tossicodipendenza del Di Cuonzo che
costituirebbe ulteriore fattore di collegamento, in un comune disegno, di tutti i
suddetti reati.
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richiesta già respinta e, come tale, doveva essere dichiarata inammissibile;

In sintesi, la sopravvenienza di titolo esecutivo unitario, tale da disvelare gli
stretti nessi temporali e tipologici esistenti tra i vari reati commessi dallo stesso
soggetto, non giustificherebbe la declaratoria di parziale inammissibilità della
domanda di applicazione della continuazione limitatamente ai fatti già valutati
come non unificabili ricompresi, insieme ad altri reati, nel provvedimento di

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.
Non configura mera riproposizione di una richiesta già rigettata, basata sul
medesimi elementi, e, perciò, inammissibile a norma dell’art. 666, comma 2,
cod. proc. pen., la domanda di applicazione della disciplina del reato continuato
relativa a fatti, successivamente ricompresi insieme ad altri in un provvedimento
dl esecuzione di pene concorrenti ex art. 663 cod. proc. pen., che abbiano già
formato oggetto di una precedente istanza, respinta, di applicazione della
continuazione ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen.
La sopravvenienza di un provvedimento di cumulo ancorché comprensivo, in
parte, degli stessi reati per cui il giudice dell’esecuzione abbia già negato
l’esistenza del vincolo della continuazione, costituisce, infatti, un nuovo elemento
che impone, nel caso di rinnovata richiesta di applicazione della continuazione, la
valutazione dell’eventuale nesso ideativo e volitivo esistente tra tutti i fatti
confluiti nel cumulo, ivi inclusi quelli già ritenuti non legati tra loro e, tuttavia, da
riconsiderare in relazione ai fatti ulteriori indicati nel provvedimento di cui all’art.
663 cod. proc. pen. e all’eventuale incidenza unificante di quest’ultimi anche su
quelli già precedentemente valutati.
Segue che illegittimamente il giudice dell’esecuzione, investito di domanda
di applicazione della continuazione in relazione a plurimi fatti compresi in un
provvedimento di esecuzione di pene concorrenti, ha stralciato dai reati
scrutinabili quelli, pure indusi nel cumulo, già precedentemente ritenuti non in
continuazione tra loro, così escludendo dall’ambito del suo esame l’eventuale
vincolo tra i fatti stralciati e gli altri reati, estranei alla precedente deliberazione,
Inclusi nel sopravvenuto cumulo, senza operare la necessaria valutazione globale
di tutte le violazioni nei loro eventuali reciproci nessi.

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cumulo successivamente emesso.

2. L’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio per nuovo
esame al Tribunale di Asti, al sensi dell’art. 623, comma 1, lett. a), cod. proc.
pen., il quale si uniformerà a quanto stabilito nella presente sentenza.

Annulla il provvedimento impugnato e rinvia per nuovo esame al Tribunale
monocratico di Asti.

Così deciso, in Roma, il 9 novembre 2012.

P.Q.M.

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