Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7322 del 11/02/2014
Penale Sent. Sez. 2 Num. 7322 Anno 2014
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: GALLO DOMENICO
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Bruni Fabio, nato a Cosenza il 13/3/1982
Ripepi Pasquale, nato a Cosenza il 21/10/1982
Mandarino Roberto, nato a Cosenza il 3/3/1966
Greco Massimo, nato a Cosenza il 6/1/1982
Miceli Umile, nato a Cosenza il 26/5/1965
Bruni Andrea, nato a Cosenza il 4/3/1990
Abbruzzese Giovanni, nato a Cosenza il 23/7/1959
Kopaczynska Edyta Aleksandra, nata il 23/1/1981
Prospero Giuseppe, nato a Cosenza il 18/3/1971
Foggetti Fabio, nato a Cosenza il 5/1/1987
Foggetti Ernesto, nato a Cosenza il 31/8/1988
avverso l’ordinanza 10/6/2013 della Corte d’appello di Catanzaro, II
sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
Letta la relazione del Pubblico Ministero in persona del Sostituto
Procuratore generale, Massimo Galli, che ha concluso per l’inammissibilità
del ricorso
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Data Udienza: 11/02/2014
RITENUTO IN FATTO
1.
Con ordinanza in data 10/6/2013, la Corte di appello di Catanzaro
dichiarava inammissibile l’istanza di ricusazione proposta da Bruni Fabio,
Ripepi Pasquale, Mandarino Roberto, Greco Massimo, Miceli Umile, Bruni
Andrea, Abbruzzese Giovanni, Kopaczynska Edyta Aleksandra, Prospero
Giuseppe, Foggetti Fabio e Foggetti Ernesto, imputati nel procedimento
Alessandro Bravin e Vincenzo Galati, componenti del Collegio giudicante
chiamato a giudicare in appello avverso la sentenza emessa dal Gip presso
il tribunale di Catanzaro in data 4/5/2012.
2.
La Corte rilevava che il fatto che i magistrati ricusati avessero
composto il collegio che aveva giudicato gli appelli nel procedimento c.d.
“Anaconda” pronunciandosi sull’esistenza dell’associazione mafiosa detta
“clan Bruni” e sulla partecipazione dello stesso Bruni Fabio a tale sodalizio,
non poteva avere nessuna incidenza sul procedimento in corso relativo a
fatti ontologicamente differenti.
3.
Avverso tale sentenza propongono ricorso gli interessati per mezzo
degli avvocati Nicola Rendace e Paolo Pisani deducendo vizio della
motivazione e violazione di legge in relazione agli artt. 37 e 41 cod. proc.
pen. Al riguardo eccepiscono che i numerosi, precisi ed espliciti riferimenti
in ordine all’esistenza del gruppo criminale Bruni ed alla partecipazione
con ruolo di preminenza di Fabio Bruni, contenuti nella sentenza n. 53/13,
precludevano la possibilità per gli stessi giudici di comporre il collegio
d’appello per il procedimento c.d. Telesis.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.
Il ricorso è infondato.
2.
Preliminarmente va rilevato che la Corte Costituzionale, con
sentenza 14.7.2000 n. 283, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo
l’art. 37 c.p.p., comma 1, dettato in tema di ricusazione, nella parte in cui
non prevede che possa essere ricusato dalle parti il giudice che, chiamato a
d’appello 1278/06 RGNR, nei confronti dei magistrati Isabella Russi,
decidere in ordine alla responsabilità di un imputato, abbia espresso in un
altro procedimento, anche non penale, una valutazione di merito “sullo
stesso fatto” e nei confronti del medesimo soggetto.
3.
Ora, nel caso in esame non è dato ravvisare una situazione di
pregiudizio del tipo di quella delineata dalla Corte Costituzionale con la
sentenza anzidetta, soprattutto se si tiene conto del carattere di
Corte alle norme sulla ricusazione, tale da escludere la possibilità di far
luogo ad interpretazioni estensive od analogiche delle relative norme.
4.
Invero l’ordinanza impugnata ha correttamente rilevato la
sostanziale diversità dei procedimenti in questione, rilevando che nella
sentenza 59/13 emessa nei confronti di Cicero Domenico ed altri vengono
evidenziati i rapporti fra alcuni componenti dell’associazione Cicero e Bruni
Fabio al limitato fine di descrivere l’operatività sul territorio di tale sodalizio
criminale, unico oggetto di giudizio in quella sede, peraltro con l’espressa
precisazione dell’irrilevanza della prova esperita in ordine all’esistenza del
c.d. clan Bruni.
I magistrati ricusati non aveva manifestato alcuna valutazione in ordine
all’accertamento della sussistenza del “clan Bruni” ed alla partecipazione
degli attuali imputati.
5.
Va poi rilevato che, alla stregua della giurisprudenza di legittimità,
neppure costituisce valido motivo di ricusazione la pretesa identità delle
fonti probatorie valutate nel precedente procedimento e da valutare
nell’ambito di quello, per il quale è stata proposta istanza di ricusazione,
atteso che una medesima fonte probatoria, considerata importante ed
attendibile in un processo, ben potrebbe non esserlo altrettanto in un
diverso procedimento (cfr. Cass. 1A, 12.4.01 n. 25526, rv. 219360; Sez. 3,
Ordinanza n. 11546 del 19/02/2013 Cc. (dep. 12/03/2013 ) Rv. 254760 ).
6. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
Rigetta il ricorso, la parte che lo ha proposto deve essere condannata al
pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
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eccezionalità costantemente riconosciuto dalla giurisprudenza di questa
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso, il 11 febbraio 2014
Il Presi ente
Il Consigli re estensore