Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7317 del 05/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7317 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) BUSOIC ANDREI N. IL 01/10/1991
avverso la sentenza n. 5389/2011 TRIBUNALE di FERRARA, del
04/04/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 05/12/2012

Motivi della decisione
Busoic Andrei e Onuta Gheorghe, a mezzo del difensore, hanno proposto
ricorso per cassazione avverso la sentenza in data 4.04.2012, con la quale, ai sensi
dell’art. 444 cod. proc. pen., il G.i.p. presso il Tribunale di Ferrara ha applicato la
pena concordata dalle parti, in ordine ai reato di furto aggravato in addebito. Gli
esponenti si dolgono dell’omesso apprezzamento della ricorrenza dei presupposti
Ci si sofferma unicamente sulla posizione del ricorrente Busoic Andrei, la
sola che viene in rilievo nel presente procedimento, atteso che Busoic è l’imputato
che risulta giudicato con la sentenza oggi impugnata. Il ricorso che occupa, infatti,
concerne la sentenza resa dal G.i.p. del Tribunale di Ferrara in data 4.04.2012, ai
sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., nei confronti del solo Busoic.
Tanto chiarito, si osserva che il ricorso è inammissibile.
Come noto, questa Suprema Corte ha ripetutamente affermato il principio in
base al quale l’obbligo della motivazione della sentenza non può non essere
conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento: lo
sviluppo delle linee argomentative è necessariamente correlato all’esistenza
dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti
dedotti nell’imputazione. Ciò implica che il giudizio negativo circa la ricorrenza di
una delle ipotesi di cui al richiamato art. 129 cod. proc. pen. deve essere
accompagnato da una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle
deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di
cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nella enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta
la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la pronunzia di
proscioglimento ex art. 129 (Sez. un 27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. Un. 27
dicembre 1995, Serafino). Tale orientamento è stato concordemente accolto dalla
giurisprudenza successiva. Anche per ciò che riguarda gli altri tratti significativi
della decisione, che riguardano precipuamente la qualificazione giuridica del fatto,
la continuazione, l’esistenza e la comparazione delle circostanze, la congruità della
pena e la sua sospensione, la costante giurisprudenza di questa Corte, nel solco
delle enunciazioni delle Sezioni unite, ha affermato che la motivazione può ben
essere sintetica ed a struttura enunciativa, purché risulti

che il giudice abbia

compiuto le pertinenti valutazioni. Né l’imputato può avere interesse a lamentare
una siffatta motivazione censurandola come insufficiente e sollecitandone una più
analitica, dal momento che la statuizione del giudice coincide esattamente con la
volontà pattizia del giudicabile.

legittimanti l’adozione di sentenza liberatoria, ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.

D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita
rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come questa
Suprema Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può
prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal
medesimo accettato. Non è consentito, dunque, all’imputato, dopo l’intervenuto e
ratificato accordo, proporre questioni in ordine alla mancata applicazione
dell’articolo 129 cod. proc. pen., senza precisare per quali specifiche ragioni detta
Occorre poi considerare che il giudice, nel caso di specie, ha espressamente
indicato le ragioni poste a fondamento della propria determinazione, in ordine alla
insussistenza delle condizioni per procedere ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.,
richiamando il verbale di arresto, i verbali di sequestro e le dichiarazioni ammissive
rese dall’odierno ricorrente Busoic.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del Busoic al
pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.500,00 a favore
della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 5 dicembre 2012.

disposizione avrebbe dovuto essere applicata nel momento del giudizio.

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