Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7316 del 11/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 7316 Anno 2014
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Falsone Giuseppe, nato a Campobello di Licata il 28/8/1970
avverso la sentenza 26/4/2013 della Corte d’appello di Palermo, IV sezione
penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Roberto Aniello, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 26/4/2013, la Corte di appello di Palermo, in

parziale riforma della sentenza del Gup presso il Tribunale di Palermo, in
data 8/2/2012, assolto l’imputato dal reato di trasferimento fraudolento di
valori a lui ascritto al capo 1, dichiarata estinta per prescrizione una parte
delle condotte di cui al capo 2 ed esclusa l’aggravante di cui all’art. 7
L.203/91, riduceva la pena inflitta a Falsone Giuseppe ad anni tre e mesi
quattro di reclusione con riferimento all’intestazione fittizia di quote del

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Data Udienza: 11/02/2014

capitale sociale della LA.E.S. S.r.l.

2.

La Corte territoriale confermava l’attendibilità intrinseca ed obiettiva

delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Sardino Giuseppe ma
assolveva l’imputato dall’accusa di intestazione fittizia dell’azienda agricola
La Rotonda dei Pini, in assenza di una esplicita dichiarazione del Sardino che
attestasse la qualità di socio occulto del Falsone. A conclusioni diverse

partecipazione occulta dell’imputato alla LA.E.S., società che aveva ottenuto
l’appalto per la gestione della discarica del Comune di Campobello di Licata.
Al riguardo la Corte osservava che le dichiarazioni, particolarmente precise
del Sardino, trovavano un riscontro obiettivo ed individualizzante nel
sequestro della documentazione contabile rinvenuta nel covo del Falsone
latitante. La Corte, inoltre, escludeva l’aggravante di cui all’art. 7 sulla base
delle dichiarazioni del Sardino dalle quali emergeva che il Falsone gestiva
l’affare della discarica nel suo interesse personale e non in quello di Cosa
Nostra e provvedeva a rimodulare la pena di conseguenza.

3.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo

difensore di fiducia deducendo violazione di legge e vizio della motivazione
in relazione agli artt. 192 cod. proc. pen. e 12 quinquies L. 356/92.
Al riguardo si duole che la Corte palermitana non abbia adottato per la
vicenda LAES lo stesso percorso argomentativo posto a fondamento della
pronuncia assolutoria relativa all’azienda agricola La Rotonda dei Pini.
Eccepisce che la documentazione rinvenuta nel covo del latitante non è di
per sé dimostrativa che costui abbia avuto un interesse specifico nella
gestione della discarica e, pertanto, non può assumere il valore di un
riscontro individualizzante alle propalazioni del collaboratore di giustizia. Si
duole che il giudizio di responsabilità sia stato fatto derivare dal fatto che il
Falzone avrebbe ricoperto il ruolo di capo di Cosa Nostra agrigentina,
essendo i fratelli Paci, gestori della discarica, vicini a quest’ultimo. Conclude
che questo percorso argomentativo comporta una violazione delle regole
che governano la formazione della prova di cui all’art. 192 cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

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arrivava la Corte quanto al reato di cui al capo 2, relativo alla

1.

Il ricorso è infondato.

2.

Il percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale è privo di

vizi logici ed è pienamente coerente con i principi di diritto ripetutamente
affermati da questa Corte, a partire dalla sentenza Marino delle Sezioni
Unite che hanno tracciato i criteri che deve seguire la giurisprudenza in
attuazione delle regole che governano la formazione della prova di cui

che in tema di prova, ai fini di una corretta valutazione della chiamata in
correità a mente del disposto dell’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen.,

il

giudice deve in primo luogo sciogliere il problema della credibilità del
dichiarante (confitente e accusatore) in relazione, tra l’altro, alla sua
personalità, alle sue condizioni socio-economiche e familiari, al suo passato,
ai rapporti con i chiamati in correità ed alla genesi remota e prossima della
sua risoluzione alla confessione ed alla accusa dei coautori e complici; in
secondo luogo deve verificare l’intrinseca consistenza, e le caratteristiche
delle dichiarazioni del chiamante, alla luce di criteri quali, tra gli altri, quelli
della precisione, della coerenza, della costanza, della spontaneità; infine
egli deve esaminare i riscontri cosiddetti esterni. L’esame del giudice deve
esser compiuto seguendo l’indicato ordine logico perché non si può
procedere ad una valutazione unitaria della chiamata in correità e degli
“altri elementi di prova che ne confermano l’attendibilità” se prima non si
chiariscono gli eventuali dubbi che si addensino sulla chiamata in sè,
indipendentemente dagli elementi di verifica esterni ad essa (Sez. U,
Sentenza n. 1653 del 21/10/1992 Ud. (dep. 22/02/1993 ) Rv. 192465,
imp. Marino).

3.

La sentenza impugnata si attiene scrupolosamente ai criteri di

valutazione della chiamata in correità elaborati dalla giurisprudenza di
questa Corte, avendo valutato scrupolosamente l’attendibilità soggettiva del
collaboratore di giustizia e l’intrinseca consistenza delle sue propalazioni. A
questo riguardo non colgono nel segno le obiezioni della difesa che si duole
di illogicità in quanto la Corte avrebbe ritenuto che le dichiarazioni del
Sardino non assurgono a piena prova quanto al reato di cui al capo 1,
mentre risultano fonte di prova quanto al reato di cui al capo 2. Posto che i
giudici del merito hanno risulto ogni dubbio in ordine all’attendibilità
intrinseca ed estrinseca del collaboratore di giustizia, è evidente che le

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all’art. 192 nel caso della chiamata in correità. Al riguardo è stato statuito

differenti conclusioni a cui sono giunti i giudici dell’appello in ordine alla
responsabilità dell’imputato per il reato di cui al capo 1 e per quello di cui al
capo 2, non riguardano l’attendibilità del collaboratore bensì l’esistenza dei
riscontri individualizzanti alle propolazioni accusatorie.
4.

Riguardo all’intestazione fittizia dell’azienda agricola La Rotonda dei

Pini, la Corte territoriale ha assolto il Falsone dall’imputazione di cui al capo
1, precisando che manca <

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