Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7311 del 13/11/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 7311 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COCCO CRISTIANA N. IL 25/07/1970
avverso la sentenza n. 7357/2010 CORTE APPELLO di ROMA, del
24/02/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO
/ 2 7-4,7
‘•
‘e t— ce
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
te,

cor.7

V

Udito, per la parte civile, l’Avv

flge>4.- 2″ t,

fr”

-);

Udit i difensor Avv.7,„
, • c,„,3-1 „C
.17

C)

Data Udienza: 13/11/2013

COCCO Cristiana, tramite il difensore, ricorre per Cassazione avverso la
sentenza 24.2.2011 con la quale la Corte d’Appello di Roma l’ha
condannata alla pena di anni due, mesi otto di reclusione per la violazione
degli artt. 646, 61 n. 11 e 368 cp.
La difesa chiede l’annullamento della sentenza deducendo:
§1.) Ex art. 606 I^ comma lett. C) cpp, inosservanza dell’art. 192 cpp con
riferimento a tutte le imputazioni mosse. La difesa afferma che: a) la Corte
territoriale ha fondato il giudizio di responsabilità dell’imputata
esclusivamente sulle dichiarazioni delle persone offese, senza formulare
alcuna considerazione critica delle stesse, così omettendo un controllo che si
imponeva, perché talune di esse si erano costituite in giudizio con richieste
risarcitorie; b) l’imputata non aveva libera e autonoma disponibilità di
somme di denaro, ma eseguiva precise direttive del responsabile della
fondazione della quale era dipendente; c) la fondazione versava in serie
difficoltà economiche e con essa anche il responsabile dell’amministrazione;
d) la sentenza non avrebbe dato rilievo alle circostanze relative ad un
viaggio all’estero e alle divergenze emerse in ordine a chi effettuò il
pagamento di quella trasferta; e) non sono state debitamente apprezzate le
contrastanti versioni riguardanti il trasferimento della proprietà di una
autovettura e il pagamento del prezzo intercorso tra la dott.ssa ORRICO e
l’imputata.
§2.) ex art. 606 P comma lett. E) cpp, vizio di motivazione, perchè la
sentenza sarebbe illogica e contraddittoria in relazione al profilo
dell’elemento psicologico del delitto di calunnia. Ad avviso della difesa la
Corte territoriale non avrebbe correttamente apprezzato che l’imputata,
escussa dalla Polizia Giudiziaria, mentendo in relazione al versamento di
somme di denaro presso l’ufficio postale e alla formazione della ricevuta di
pagamento avrebbe indirettamente accusato il CACCESE (dipendente
dell’ufficio postale) di delitti non commessi, non avrebbe inteso calunniare
il detto CACCESE, ma avrebbe esercitato il proprio diritto di difesa. Per tale
motivo la difesa sostiene che nella condotta dell’imputata manca l’estremo
del dolo di calunnia e che la azione della stessa deve essere ritenuta
scriminata ai sensi dell’art. 51 cp.
Nel corso del giudizio la imputata depositava in data 28.10.2013 memoria
difensiva producendo documenti e formulando considerazioni in merito alla
fondatezza delle accuse mosse.
Si costituivano in giudizio le parti civili FONDAZIONE MANCINI
JACOBINI onlus, GE.VI . s.r.1., SELL s.a.s., Silvano STEFANELLI
SPADA, tramite procuratore che depositava le proprie conclusioni scritte
nonché la nota delle spese, richiedendone la liquidazione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è manifestamente infondato.
Con il primo motivo di ricorso la difesa, denuncia ex art. 606 P comma
lett. C) cpp, la violazione dell’art. 192 cpp, siccome erroneamente applicato.
La censura è errata in diritto. In base alla lettera dell’art. 606 P comma lett.
C) cpp possono essere oggetto di censura in sede di legittimità le violazioni
di norme processuali la cui inosservanza sia sanzionata da nullità,
inutilizzabilità, inammissibilità, decadenza. L’inosservanza dell’art. 192 cpp
non comporta alcuna delle suddette sanzioni. La violazione dell’art. 192 cpp
incide per contro sulla motivazione del provvedimento impugnato. La
censura della difesa dovrà pertanto essere sottoposta a vaglio secondo le
regole previste dall’art. 606 P comma lett. E) cpp, dovendosi riscontrare se
nella specie la motivazione sia contraddittoria, carente o manifestamente
illogica, dovendosi precisare che i suddetti vizi devono essere desumibili dal
testo del provvedimento impugnato.
Nel caso in esame la difesa non ha denunciato alcun vizio della
motivazione, ma si è limitata a formulare delle doglianze generiche, attinenti
ad aspetti di fatto quale il giudizio di apprezzamento dell’efficacia
dimostrativa del materiale probatorio esaminato dalla Corte territoriale.
Trattasi di aspetto che sfugge al giudizio di legittimità in quanto in sede di
merito sia stato dato conto del criterio di valutazione adottato.
Nel caso in esame, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la Corte
territoriale non solo ha tenuto conto delle dichiarazioni delle persone
escusse in qualità di testimone, ma ha effettuato un riscontro esterno alle
stesse, rinvenendolo nelle false ricevute con le quali sarebbero stati attestati
pagamenti mai effettuati dall’imputata in tal senso delegata.
Per quanto attiene all’accusa di falsificazione della ricevuta postale di
versamento di somme di denaro, la Corte ha indicato le ragioni per le quali
ha giudicato sussistente il reato, indicando lo specifico elemento di prova.
Trattasi di valutazione congruamente motivata e non sindacabile nel merito.
La valutazione è corretta e non è dato riscontrarsi alcuna violazione la cui
denuncia si colloca comunque al di fuori del dettato dell’art. 606 cpp. Per
tale ragione il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Con riferimento al secondo motivo di ricorso va osservato che si tratta di
doglianza già dedotta in sede di appello e sulla quale la Corte territoriale ha
reso una risposta adeguata e perfettamente coerente con i principi
reiteratamente affermati in questa sede.
La censura, in questa sede è ripete nei contenuti quella già formulata in sede
di merito, e non contiene elementi di novità che possano costituire una
valida critica a quanto affermato dalla Corte territoriale; sotto questo punto
di vista la censura deve essere considerata generica.
In diritto va ancora osservato che in tema di rapporto tra diritto di difesa ed
accuse calunniose, nel corso del procedimento instaurato a suo carico,
l’imputato può negare, anche mentendo, la verità delle dichiarazioni a lui
sfavorevoli, ma commette il reato di calunnia nell’ipotesi in cui, oltre a
ribadire l’insussistenza delle accuse a suo carico, assuma ulteriori iniziative

RITENUTO IN DIRITTO

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle
ammende. Condanna COCCO Cristiana alla rifusione in favore delle parti
civili FONDAZIONE MANCINI JACOBINI ONLUI, GE.VI . S.R.L.,
STEFANELLI SPADA SILVANO
Così deciso in Roma il 13.11.2013

dirette a coinvolgere terzi di cui conosce l’innocenza [in tal senso Cass. Sez.
I 26.3.2013 n. 26455; Cass sez. VI 20.11.2003 n. 13309 in Ced Cass. Rv
229238; Cass. Sez. VI 5.11.2002 in Ced Cass. Rv 223946].
Nel caso in esame l’imputata non si è limitata a respingere le accuse, ma
affermando di avere consegnato all’impiegato dell’ufficio postale le somme
di denaro e di averne avuto la ricevuta, ha creato, in modo pienamente
consapevole, la situazione per la quale sarebbe derivata la possibilità
dell’apertura di un procedimento penale a carico dell’impiegato postale per i
delitti di peculato e di falso.
Tale situazione assume rilevanza sul piano penale anche nel caso in cui la
falsa accusa abbia carattere implicito, nè può essere invocata nella specie la
scriminante di cui all’art. 51 cp. Infatti, il rivolgere false accuse di reato
(anche in modo implicito) a persone che sono innocenti esula ed esorbita dal
diritto di difesa, così realizzandosi gli elementi costitutivi del delitto di
calunnia.
Per le suddette ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La ricorrente va pertanto condannata al pagamento delle spese processuali e
della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, così
equitativamente determinata la sanzione prevista dall’art. 616 cpp, da
comminarsi poichè nella condotta processuale dell’imputata si ravvisano gli
estremi della responsabilità previsti dalla citata disposizione.
L’imputata deve essere altresì condannata al pagamento delle spese legali
sostenute nel grado dalle parti civili costituite e che liquida nella
complessiva somma di € 3.750,00 oltre iva e cpa, tenendosi conto della
omogeneità delle posizioni processuali e dell’unicità del difensore.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA