Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7310 del 13/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 7310 Anno 2014
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato dal
Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Venezia

nel procedimento nei confronti di
Remenyi Dragan, alias Cecini Giuseppe, nato in Serbia il 05/10/1981

avverso la sentenza del 09/01/2014 della Corte di appello di Venezia;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Giovanni D’Angelo, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’interessato l’avv. Pietro Asta, che ha concluso chiedendo il rigetto del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

Data Udienza: 13/02/2014

1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Venezia rigettava la
richiesta di consegna contenuta di cui ai due mandati di arresto europeo emessi
il 31/07/2012 ed il 16/08/2012 dal Tribunale di Pest (Ungheria) nei confronti del
cittadino serbo Dragan Remegyi, in relazione ai provvedimenti cautelari adottati
da quella autorità giudiziaria straniera nei riguardi dello stesso nell’ambito di due
distinti procedimenti aventi ad oggetto i reati di evasione, furti aggravati e false
generalità.
Rilevava la Corte di appello come l’autorità ungherese, benché formalmente

stabilito termine di trenta giorni, la documentazione di cui era stato sollecitato
l’invio.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il Procuratore generale della
Repubblica presso quella Corte di appello il quale ha dedotto i seguenti due
motivi.
2.1. Violazione di legge, in relazione all’art. 25 legge n. 69 del 2005, per avere
la Corte territoriale disatteso la sollecitazione di trasmettere la decisione sulla
richiesta ungherese di consegna all’autorità giudiziaria belga, tenuto conto che,
in precedenza, la medesima Corte aveva già accolto altra richiesta di consegna
del Remegyi formulata, con apposito mandato di arresto europeo, dal tribunale di
Anversa (consegna che era stata, tuttavia, subordinata all’espiazione in Italia
della pena definitiva per la quale il Remegyi si trovava già detenuto in carcere).
2.2. Violazione di legge, in relazione agli artt. 6, comma 6, e 16 legge n. 69
del 2005, per avere la Corte distrettuale respinto la richiesta di consegna del
Remegyi formulata dall’autorità giudiziaria ungherese, benché il termine di
trenta giorni per la trasmissione della documentazione integrativa, decorrente
dal momento in cui l’autorità straniera aveva ricevuto quella sollecitazione, non
fosse ancora decorso, e nonostante tale autorità avesse già inviato, il
07/01/2014, una prima risposta in inglese contenente l’indicazione delle
informazioni richieste.

3. Ritiene la Corte che il ricorso sia fondato, sia pure nei limiti di seguito
precisati.

3.1. Del tutto priva di pregio è la prima doglianza del P.G. in quanto l’art. 25
legge n. 69 del 2005, nel disciplinare il divieto di consegna o di estradizione
passiva, contiene una norma chiaramente finalizzata a salvaguardare il rispetto
del principio di specialità di cui al successivo art. 26 della stessa legge, dunque
ad evitare che, di regola, l’autorità giudiziaria dello Stato straniero che ha

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richiesta con provvedimento del 09/12/2013, non avesse trasmesso, nello

emesso il mandato di arresto europeo possa procedere alla consegna o
all’estradizione del medesimo soggetto verso uno Stato terzo, pure membro
dell’Unione Europea, in relazione ad un reato diverso, ma commesso
anteriormente alla consegna, da quello per il quale la Corte di appello italiana ha
accolto la richiesta di consegna.
Si tratta, dunque, di disposizione che riguarda le situazioni nelle quali
eccezionalmente è possibile derogare al principio di specialità e nelle quali è
possibile la stessa Corte di appello italiana, in accoglimento di apposita istanza,

membro dell’U.E.; e che non stabiliva affatto – così come il P.G. ricorrente ha
sostenuto – un obbligo per l’autorità giudiziaria italiana di trasmettere la
richiesta di consegna. o la eventuale sentenza su tale richiesta, all’autorità
giudiziaria belga, che già aveva visto accolta dalla Corte di appello una
precedente richiesta di consegna adottata nei riguardi del medesimo soggetto.

3.2. Fondato è, invece, il secondo motivo del ricorso.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio
secondo il quale il termine, non superiore a trenta giorni, entro il quale, a mente
del combinato disposto degli artt. 6, comma 6, e 16 legge n. 69 del 2005,
l’autorità giudiziaria straniera deve dare corso alla richiesta dell’autorità italiana,
inviata per il tramite del Ministero della giustizia, di trasmissione di
documentazione integrativa, è sì ordinatorio – nel senso che si tratta di un limite
temporale destinato solo a imporre una certa celerità nella procedura – talché il
mancato rispetto di quel termine, che ovviamente non può determinare
direttamente un obbligo in capo all’autorità straniera, non preclude all’autorità
giudiziaria italiana di rinviare la decisione in luogo dell’adozione del
provvedimento di rigetto della domanda della consegna: ma, nel momento in cui
esso viene fissato, deve essere rispettato dalla medesima Corte di appello, con
un calcolo della sua decorrenza che non può che avere come suo dies a quo
quello in cui la richiesta è pervenuta all’autorità giudiziaria straniera, non
potendo non essere considerati gli eventuali ritardi nella sua trasmissione
all’estero, imputabili all’autorità ministeriale (così Sez. U, n. 4614 del
30/01/2007, Ramoci, Rv. 235350; sostanzialmente conformi, in seguito, Sez. 6,
n. 27326 del 13/07/2010, El Moustaid, Rv. 247784; Sez. 6, n. 25829 del
19/06/2008, Bairam, Rv. 240327; Sez. 6, n. 13463 del 28/03/2008, Lubas, Rv.
239425; nonché Sez. F, n. 33633 del 28/08/2007, Bilan, Rv. 237054; Sez. F, n.
33327 del 21/08/2008, D’Onorio, non mass. sul punto; Sez. 6, n. 13463, del
28/03/2008, Arnoldas, non mass. sul punto; e Sez. 6, n. 16942, del 21/4/2008,
Ruocco, non mass. sul punto).

3

,g)

può accordare l’assenso alla consegna della persona interessata ad altro Stato

Di tale regula iuris la Corte di appello di Venezia non ha fatto corretta
applicazione, omettendo di verificare in quale data l’autorità giudiziaria
ungherese avesse ricevuto al richiesta di trasmissione della documentazione
integrativa (che, dagli atti, parrebbe essere stata inoltrata dal Ministero italiano a
quello omologo di Ungheria non prima del 30/12/2013), erroneamente
calcolando il termine di trenta giorni, fissato per ricevere quella documentazione,
con decorrenza dalla data del 09/12/2013 di adozione del relativo provvedimento
istruttorio, ed attribuendo a quel termine un carattere di sostanziale

scadenza ed avendo omesso di motivare circa l’impossibilità di pronunciarsi,
comunque, sulla richiesta di consegna sulla base della documentazione a
disposizione.

4. La sentenza annullata va, dunque, annullata con rinvio, per nuova
deliberazione, ad altra sezione della Corte di appello di Venezia.
Alla cancelleria vanno demandati gli adempimenti comunicativi previsti dalla
normativa in materia.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia, per nuova deliberazione, ad altra sezione
della Corte di appello di Venezia.
Manda alla cancelleria per le comunicazioni di cui all’art. 22, comma 5, legge n.
69 del 2005.
Così deciso il 13/02/2014

perentorietà, avendo i Giudici veneziani preso atto esclusivamente dell’avvenuta

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