Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7307 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 7307 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FUSCO FRANCESCO N. IL 15/12/1963
avverso il decreto n. 77/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
29/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;
Vt
lette/seigits le conclusioni del PG Dott.
L P 9)

coes2-9

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 28/01/2014

La Corte osserva in fatto ed in diritto:

1. La Corte di appello di Napoli, con decreto del 29.11.2012,
rigettava il gravame proposto da Fusco Francesco avverso il
provvedimento con il quale il Tribunale partenopeo, in data 30
marzo 2012, aveva applicato a suo carico la misura di prevenzione
della sorveglianza speciale di P.S. per anni quattro con obbligo di
soggiorno nel comune di residenza e versamento cauzionale di euro
10.000,00.
A sostegno della decisione la Corte di merito ribadiva il giudizio
espresso dal giudice di prime cure in ordine alla pericolosità sociale
del Fusco, dedotta all’attualità dalle passate condanne per
associazione al clan camorristico dei Pianese, dalla continuità di
siffatte condotte associative, dalla consumazione di reati fine di
natura estorsiva risalenq all’aprile, maggio 2010 e dalla condanna
per essi.
2. Si duole di tale pronuncia il Fusco, con l’assistenza del suo
difensore di fiducia, che ricorre per cassazione chiedendone
l’annullamento sul rilievo che la stessa sarebbe viziata da
violazione di legge e da motivazione meramente apparente.
Deduce in particolare la difesa ricorrente: il quadro di pericolosità
prospettato ai fini dell’applicazione della impugnata misura di
prevenzione si appalesa virtuale, dappoichè sostanzialmente
“coperto” dal procedimento penale e dalla misura cautelare
personale in corso; le esigenze che l’ordinamento di prevenzione
intende soddisfare ,con la relativa vigente disciplina, risultano allo
stato non attuali in relazione al Fusco, tenuto conto della sua recente
condanna —sentenza di prime cure- ad anni otto di reclusione ed alla
misura carceraria in atto, misura quest’ultima idonea a neutralizzare
ogni profilo di pericolosità posta ad oggetto del provvedimento per
cui è causa; di qui l’apparenza della motivazione impugnata circa la
presunzione di una attuale pericolosità; la difesa ha sostenuto che
l’esito negativo degli accertamenti patrimoniali a carico del
proposto non poteva non riverberarsi favorevolemente sul
complessivo giudizio di prevenzione ed in particolare sulla reale
pericolosità del proposto stesso; detti esiti non sono poi stati
considerati ed anzi sono stati contraddittoriamente considerati
(perché negati) in relazione alla doglianza relativa alla particolare
esosità della cauzione imposta.

1

3. Il P.G. in sede, con motivata requisitoria scritta, concludeva per
la inammissibilità del ricorso.

4. La doglianza si appalesa manifestametne infondata.
Giova premettere che, a mente della disciplina portata dall’art. 4,
co. 11, L. 27 dicembre 1956 n. 1423 (ribadita dall’art. 10 d. lgs.
159/2011) il decreto con il quale la Corte di appello decide in
ordine al gravame proposto dalle parti avverso il provvedimento
del Tribunale in materia di misura di prevenzione della sorveglianza
speciale di pubblica sicurezza (art. 3 della legge citata) è ricorribile
per cassazione esclusivamente per violazione di legge, vizio,
quest’ultimo, nel quale è compreso, per consolidata lezione
interpretativa di questa Corte, quello della motivazione nella ipotesi
in cui essa sia del tutto omessa ovvero apparente.
Nel caso di specie, ritiene il Collegio, non sussiste la denunciata
violazione di legge, neppure sub specie della motivazione apparente
ovvero mancante.
Ed invero appare opportuno rammentare che la C. Cost., sin dal
22.12.1980, con la sentenza n. 177, dichiarò la illegittimità, per
violazione dell’art. 25, 3 0 comma, Cost., dell’art. 1, n. 3, 1. 27
dicembre 1956, n. 1423, nella parte in cui elencava tra i soggetti
passibili delle misure di prevenzione previste dalla legge medesima,
coloro che, per le manifestazioni cui avevano eventualmente dato
luogo, davano fondato motivo di ritenere che erano proclivi a
delinquere. Tanto per sottolineare che, in forza del regime risultante
dall’intervento del giudice delle leggi, nel giudizio di prevenzione
va categoricamente esclusa la prognosi negativa in ordine alla
proclività a commettere azioni delittuose, dovendosi invece
ancorare il relativo giudizio all’accertamento dell’attualità di una
apprezzabile pericolosità.
Nel caso di specie i giudici di merito hanno avuto cura di
richiamare sia il risalente passato criminale del proposto, associato
per delinquere in clan camorristico, sia le recentissime vicende
delittuose nelle quali il Fusco risulta coinvolto (e per esse, si
apprende dal ricorso in esame, condannato di recente ad anni otto di
reclusione). Di esse poi hanno fatto i giudici territoriali logica
valutazione critica allorché, per un verso, ne hanno sottolineato
l’evidenza criminale in perfetta continuità con il passato associativo
e, per altro verso, hanno dalle medesime dedotto l’attuale
pericolosità dappoichè significative di una permanenza delittuosa

2

5. Il ricorso è, in conclusione, inammissibile ed alla declaratoria di
inammissibilità consegue la condanna al pagamento sia delle spese
del procedimento, sia di una somma in favore della Cassa delle
ammende, somma che si stima equo determinare in euro 1000,00.
P. Q. M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di
euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.
Roma, addì 28 gennaio 2014

grave fortemente radicata sul territorio, circostanza questa che
rende di palese importanza il livello di controllo personale in
funzione della disposta prevenzione.
Di qui la logicità ed esaustività della motivazione articolata dal
giudice territoriale, alla quale la difesa ha opposto una alternativa
lettura degli esiti istruttori in essa utilizzati.
Particolare importanza ha inoltre, nella censura difensiva, la tesi che
il processo penale in corso e la misura cautelare in carcere in atto
priverebbero di senso autonomo il giudizio di attuale pericolosità,
dappoichè collocato il proposto, proprio perché in vinculis, nelle
condizioni di non poter nuocere.
Trattasi all’evidenza di argomentazione manifestamente infondata.
Ed invero il procedimento penale e quello di prevenzione
rispondono a distinte esigenze tra loro non sovrapponibili, dal
legislatore soddisfatte con specifiche discipline fondate su requisiti
assai diversi e temporalmente proiettate in direzioni opposte: verso
l’accertamento di fatti passati, il processo penale, in direzione della
prevenzione di comportamenti futuri dannosi per la convivenza
civile, il processo di prevenzione. Di qui la conseguenza della
sospensione della misura di prevenzione in costanza di misura
cautelare privativa della libertà personale ed il suo nuovo decorrere
all’esaurirsi di questa (salva una nuova valutazione sulla attualità
della prognosi di pericolosità all’esito del recente intervento del
giudice delle leggi) di guisa che eccentrica si appalesa la censura
difensiva sul punto, nel senso che non corrisponde essa ad una
situazione procedimentale reale ed apprezzabile.
Del tutto generica si appalesa, infine, la censura relativa alla esosità
della cauzione imposta, peraltro espressiva di un giudizio di merito
improponibile in questa fase processuale.

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