Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7300 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 7300 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: VECCHIO MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TASSONE FILIPPO N. IL 19/10/1983
avverso il decreto n. 47/2011 CORTE APPELLO di CATANZARO, del
26/10/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO;
WiteLshantita-humuslusiotki..c141..E.aDetit.

Data Udienza: 28/01/2014

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 26.492/2013

R. G.

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Udienza del 28 gennaio 2014

Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del

Rileva
1. — Con decreto deliberato il 26 ottobre 2012 e depositato il 25
gennaio 2013, la Corte di appello di Catanzaro ha confermato il
provvedimento del Tribunale ordinario di Vibo Valentia, 13
maggio 2008, di applicazione della misura di prevenzione della
sorveglianza speciale della pubblica sicurezza con obbligo di
soggiorno nel comune di residenza, per la durata di due anni, a
carico del pregiudicato Filippo Tassone.
Con riferimento alle censure proposte dall’appellante la Corte
territoriale ha motivato: la attualità delle pericolosità del sorvegliato è comprovata dalla «progressione criminale» delle condotte, culminata nella compartecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, oggetto di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nel 2007.

2. — Il prevenuto ha proposto ricorso per cassazione, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Francesco Calabrese,
mediante atto recante la data del 3 marzo 2013, col quale ha
denunziato, ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lettera c), cod.
proc. pen. violazione dell’articolo 1 della legge 27 dicembre
1956, n. 1423, ovvero dell’articolo 1 del decreto legislativo 6
novembre 2011, n. 159.
Il difensore, variamente argomentando, contesta la attualità
della pericolosità del ricorrente e — deducendo carenza o inesistenza della motivazione al riguardo — oppone che i precedenti
penali e giudiziari sono remoti nel tempo e non significativi.

3. — Il procuratore generale della Repubblica presso questa
Corte, mediante atto del 13 settembre 2013, ha obiettato il
provvedimento impugnato è sorretto da motivazione corretta;

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dott. Gioacchino Izzo, sostituto procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, il quale ha concluso per la inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa per le ammende.

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Udienza del 28 gennaio 2014

le censure del ricorrente sono infondate «vuoi per difetto del
[preteso] anacronismo, vuoi, soprattutto, per a riferibilità delle
condotte tenute dal proposto nel 2007 a contesti criminosi di
stampo mafioso».

4.-11 ricorso è manifestamente infondato.
legge:
— né sotto il profilo della inosservanza della legge sostanziale
(per non aver il giudice a quo applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da
quello contemplato dalla fattispecie);
—né sotto il profilo della erronea applicazione, avendo la Corte
territoriale esattamente interpretato le norme applicate, alla
luce dei principi di diritto fissati da questa Corte ed esattamente richiamati dal giudice a quo;
—né sotto il profilo formale della inosservanza della legge processuale in relazione alla asserita carenza di motivazione — rilevante nella specie ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lettera
c), cod. proc. pen. con riferimento all’articolo 125, comma 3,
cod. proc. pen. — in quanto il giudice a quo ha dato conto adeguatamente (come illustrato nel paragrafo che precede sub 1.)
delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione
congrua e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del
presente scrutinio di legittimità, circoscritto nell’ambito esclusivo della violazione di legge a’ termini dell’articolo 4, comma
undicesimo, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (trasfuso
nell’ articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 6 settembre
2011, n. 159).

4.2— Sotto tale ultimo profilo è d’uopo considerare quanto segue.
Sebbene la Relazione al testo definitivo del codice di procedura
penale, nel dar conto della sostituzione della locuzione «omessa

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4.1— Non ricorre — alla evidenza — il vizio della violazione di

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Udienza del 28 gennaio 2014

motivazione», adottata nel Progetto preliminare, colla formulazione cristallizzata nel vigente articolo 606 della «mancanza [..]
della motivazione», sottolinei — sulla scorta del criterio sistematico del raccordo colle disposizioni degli articoli 125, comma 3,
e 546, comma 3, cod. proc. pen. — che «la sanzione di nullità
dell’atto concerne la motivazione in senso grafico o strutturale
e non i vizi logici della stessa», esprimendo, quindi, «la preoccupazione che la formula del Progetto ‘omessa motivazione’ si potesse
prestare, in contrasto con la volontà del legislatore, a un ampliamento del sindacato sulla motivazione, spostando l’accento dal vizio dell’atto, scandito dalle parole ‘mancanza .. della motivazione’,
al vizio (di latitudine difficilmente circoscrivibile) della attività
del giudice, richiamata nell’aggettivo ‘omessa’, il quale indica una
condotta negativa più che le caratteristiche dell’atto» (v. Relazione,
cit., Gazzetta Ufficiale, 24 ottobre 1988, n. 250, Suppl. n. 2, p.
200, colonna 1), la Giurisprudenza di questa Corte ha
pacificamente ricondotto nell’ambito della previsione in parola
i casi (a) della motivazione apparente e ( b ) della motivazione, che pur non consistendo in mere formule di stile, sia,
tuttavia, sotto il profilo funzionale — in relazione ai «momenti esplicativi [..] ineliminabili nel rapporto tra i temi sui
quali si doveva esercitare il giudizio e i contenuto di questo», v.
Relazione al progetto preliminare del codice di procedura penale,
Gazzetta Ufficiale, cit., p. 133, colonna 2 — assolutamente
carente, cioè affatto «priva dei requisiti minimi di coerenza e
completezza, al punto da risultare inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice di merito», lasciando
«oscure le ragioni che hanno giustificato il provvedimento» (v. per
tutte: Sez. Un., 28 gennaio 2004, n. 5876, Bevilacqua, massima
n. 26710).
La novella del 20 febbraio 2006 [colla sostituzione della lettera
e) del primo comma dell’articolo 606 cod. proc. pen.] ha, quindi, esteso la possibilità di sindacare il vizio della mancanza di
motivazione, in precedenza rilevabile esclusivamente alla stregua dello «sviluppo logico del provvedimento e non della diversa
prospettiva addotta dal ricorrente» (v. Relazione al progetto preli-

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Ricorso n. 26.492/2013

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Ricorso n. 26.492/2013

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Ciò non di meno (nella osservanza dei limiti coessenziali allo
scrutinio di legittimità) il vizio della mancanza di motivazione
assume giuridico rilievo — e resta rigorosamente circoscritto —
nell’ambito della pura e semplice verifica della ricorrenza di
uno specifico apparato a rgomenta tivo (ancorché minimo) correlabile alla decisione, sì da darne conto in relazione ai
presupposti enunciati nello stesso provvedimento e a quelli
rappresentati dal ricorrente ed emergenti dagli atti specificamente indicati.
Esula, pertanto, affatto dalla configurazione normativa del
motivo di ricorso per cassazione in parola ogni questione circa
la illogicità, ancorché manifesta, della motivazione — oggetto di
ulteriore e distinta previsione contenuta nell’articolo 606,
comma 1, lettera e), cod. proc. pen. — nonché circa il grado di
adeguatezza, persuasività, completezza e su ffi ci en z a della
motivazione.
Nel giudizio penale, infatti, il vizio della in su fficie n z a della
motivazione non è deducibile con il ricorso per cassazione.
Inequivocabile è, in proposito, il tassativo tenore testuale dell’
articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen.
E l’argomento letterale trova ulteriore e significativa conferma
in quello a silentio, sulla base della considerazione sistematica,
alla stregua della comparazione con la corrispondente disposizione contenuta nell’articolo 360, comma 1, numero 5 del codice di rito civile che — a differenza del codice di procedura penale — distintamente contempla, oltre il caso della motivazione
omessa, anche quello della motivazione insufficiente (v.
sul punto per tutte: Cass., Sez. I, 24 settembre 1990, n. 2933,
Caponaccio, massima n. 185451; e, per quanto riguarda
l’insindacabilità della «adeguatezza delle argomentazioni di cui il
giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimen-

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minare .., cit.), anche in rapporto ad «altri atti del processo
specificamente indicati nei motivi di gravame», così superando il
confine della testualità.

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to», Sez. Un., 30 aprile 1997, n. 6402, Dessimone, massima n.
207944).

4.3 Conseguono la declaratoria della inammissibilità del
ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonché — valutato il contenuto dei motivi e
in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione
della impugnazione — al versamento a favore della cassa delle
ammende della somma, che la Corte determina, nella misura
congrua ed equa, infra indicata in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
euro 1.000 (mille) alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 28 gennaio 2014.

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