Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 73 del 10/11/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 73 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
1) Costantini Giuliano, nato il 09/01/1947;

Avverso l’ordinanza n. 276/2013 emessa il 28/06/2013 dal G.I.P. del
Tribunale di Milano;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Alessandro Centonze;

Lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del dott. Sante
Spinaci, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Data Udienza: 10/11/2015

RILEVATO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 28/06/2013, il G.I.P. del Tribunale di Milano,
quale giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta avanzata da Giuliano
Costantini, finalizzata a ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione
ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione ai seguenti provvedimenti
irrevocabili: 1) sentenza di cui al punto 4 del provvedimento di cumulo emesso
dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano n. 2575/11 SIEP, in

dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Forlì e ai punti nn. 4 e 5 del
provvedimento di cumulo emesso dalla Procura della Repubblica presso il
Tribunale di Parma; 2) sentenza di cui al 2 del provvedimento di cumulo emesso
dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, sopra citato, in
relazione alle sentenze di cui ai punti nn. 3 e 6 del provvedimento di cumulo
medesimo.
Si riteneva, in particolare, che ostasse all’applicazione del vincolo della
continuazione invocata dal Costantini la mancata indicazione di elementi specifici
e concreti legittimanti l’applicazione della disciplina in esame sul presupposto
dell’identità del progetto criminoso posto a fondamento dei vari reati
presupposti, a fronte dell’evidente proclività nel crimine del condannato, resa
evidente dai provvedimenti di cumulo presupposti.

2.

Avverso questa ordinanza il Costantini, a mezzo del suo difensore,

ricorreva per cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, in
relazione all’omesso riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, che si
imponeva tenuto conto della correlazione tipologica e temporale dei fatti
delittuosi valutati dalle sentenze presupposte.
Nel provvedimento impugnato, in particolare, non si era tenuto conto del
fatto che il Costantini aveva confessato la commissione di tutti i reati contro il
patrimonio oggetto di valutazione, rendendo evidente, sulla scorta delle sue
dichiarazioni, l’unicità del disegno criminoso sotteso alle sue molteplici condotte
delittuose.
Queste ragioni processuali imponevano l’annullamento della sentenza
impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

relazione alle sentenze di cui al punto 1 del provvedimento di cumulo emesso

,

In via preliminare, deve rilevarsi che la giurisprudenza di legittimità
consolidata, con specifico riferimento al vincolo della continuazione invocato dal
Costantini, ha individuato gli elementi da cui desumere l’ideazione unitaria da
parte del singolo agente di una pluralità di condotte illecite, stabilendo che le
violazioni dedotte ai fini dell’applicazione della continuazione ex art. 671 cod.
proc. pen. devono costituire parte integrante di un unico programma criminoso
che deve essere deliberato per conseguire un determinato fine, per il quale si
richiede l’originaria progettazione di una serie ben individuata di illeciti, già

13/11/2012, Daniele, Rv. 255156).
La verifica di tali condotte delittuose, inoltre, non può essere compiuta sulla
base di indici meramente presuntivi o di mere congetture, essendo necessario
acquisire la prova che i reati che si ritengono avvinti dal vincolo invocato siano
stati concepiti nell’ambito di un programma unitario. Tale programma, a sua
volta, non deve essere confuso con la sussistenza di una concezione di vita
improntata al crimine, perché in tal caso «la reiterazione della condotta
criminosa è espressione di un programma di vita improntata al crimine e che dal
crimine intende trarre sostentamento e, pertanto, penalizzata da istituti quali la
recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere,
secondo un diverso ed opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto
della continuazione, preordinato al “favor rei”» (cfr. Sez. 5, n. 10917 del
12/01/2012, Abbassi, Rv. 252950).
Alla luce di tali parametri ermeneutici questa Corte osserva che l’ordinanza
impugnata ha esplicitato correttamente il percorso argonnentativo sulla base del
quale la richiesta di applicazione del vincolo della continuazione invocato dal
Costantini veniva respinta. Il G.I.P. del Tribunale di Milano, in particolare,
rilevava che l’elevato numero di condanne per rapina riportate dal condannato univocamente attestato dai tre provvedimenti di cumulo richiamati nella richiesta
in esame – imponeva di ritenere l’istante un delinquente abituale, non potendo
confondersi la sua indubbia volontà di commettere le rapine presupposte per
scelta delinquenziale con l’unicità del disegno criminoso tra le varie condotte
delittuose, così come desumibile dai passaggi motivazionali correttamente
esplicitati a pagina 2 del provvedimento in esame.

2. Per queste ragioni, il ricorso proposto nell’interesse di Giuliano Costantini
deve essere rigettato, con la sua condanna al pagamento delle spese
processuali.

P.Q.M.

concepiti almeno nelle loro caratteristiche essenziali (cfr. Sez. 1, n. 11564 del

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 10 novembre 2015.

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