Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7298 del 12/12/2013


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Penale Ord. Sez. 1 Num. 7298 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: VECCHIO MASSIMO

SENNZA O

sul ricorso proposto da:
BONARRIGO NICOLA N. IL 26/02/1964
avverso l’ordinanza n. 724/2013 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 17/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO;

Data Udienza: 12/12/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE
R.G. *

Udienza del 12 dicembre 2013

Udito, altresì, nella camera di consiglio il Pubblico Ministero in
persona del dott. Francesco Mauro Iacoviello, sostituto procuratore generale della Repubblica presso questa Corte suprema
di cassazione, il quale ha concluso per per la inammissibilità
del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa per le
ammende.
Rileva

1. — Con ordinanza deliberata il 18 luglio 2013 e depositata il 25
luglio 2013 il Tribunale ordinario di Reggio di Calabria, in funzione di giudice distrettuale del riesame delle ordinanze che dispongono misure coercitive, ha confermato l’ordinanza del
giudice per le indagini preliminari del Tribunale di quella stessa sede, 3 maggio 2013, di applicazione della custodia cautelare
in carcere a carico di Nicola Bonarrigo, indagato per il delitto
di associazione di tipo mafioso, ai sensi dell’articolo 416-bis
cod. pen., in relazione alla compartecipazione della-cosca Bellocco — Ascone, radicata a Rosarno.
Il Collegio, dopo aver inquadrato la condotta delittuosa nel
contesto associativo della criminalità organizzata della provincia di Reggio di Calabria, oggetto di accertamento giurisdizionale, scandito da plurimi provvedimenti, ha fatto riferimento
alla pregressa condanna a tredici anni e otto mesi di reclusione,
riportata dal Bonarrigo (cugino di Antonino Pesce e cognato di
Antonio Ascone) per traffico di droga e per associazione finalizzata al suddetto traffico; e ha illustrato diffusamente, anche
mediante citazioni testuali, le evidenze delle intercettazioni
delle conversazioni tra presenti dell’ indagato, dei suoi familiari e dei sodali (in particolare intercettazioni del 25 agosto 2007,
del 12 settembre 2007 e del 10 ottobre 2007).
Con riferimento ai motivi di riesame, in punto di gravità indiziaria, il Collegio ha osservato: Bonarrigo è strettamente legato
al cognato Antonio Ascone, esponente di vertice della omonima cosca, «da cointeressenze economiche [..] emerse anche a se-

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guito della indagine denominata `Nasca’» sfociata nella condanna riportata per i delitti concernenti gli stupefacenti; in seguito
all’ omicidio di Domenico Sabatino, affiliato alla rivale cosca
Pesce, e all’omicidio, perpetrato per ritorsione, di Domenico
Ascone, nel corso della conversazione intramuraria del 24 agosto 2007 col figlio Gioacchino, detenuto, l’indagato, dimostra,
innanzi tutto, di essere perfettamente a conoscenza dei fatti di
sangue, della relativa genesi, della identità dell’autore materiale dell’ omicidio del Sabatino (perpetrato su mandato dagli Ascone); quindi stigmatizza l’atteggiamento tenuto dagli Ascone
nei suoi confronti in occasione del funerale di Domenico Ascone; e protesta che i contatti che aveva intrattenuto colla cosca
antagonista erano stati tutti autorizzati dagli Ascone e nel loro
interesse intrapresi; siffatte evidenze dimostrano la piena e indiscutibile compartecipazione di Bonarrigo al gruppo criminale; speculare risulta la censura di fellonia, formulata dal Antonio Ascone a carico dell’indagato nel corso delle conversazioni
intercettate del 18, settembre e del 10 ottobre 2007; l’ epiteto di
«traditore», usato da Ascone, conferma la adesione alla cosca di
Bonarrigo, presupponendo, per l’appunto, il tradimento necessariamente la intraneità del sodale fellone, oggetto del disprezzo e del rancore esternati.

2.

L’indagato ha proposto ricorso per cassazione, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Armando Veneto, mediante atto recante la data del 21 agosto 2013, col quale denunzia
ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen.
vizio di motivazione.

Il difensore deduce: dalle intercettazioni emerge soltanto il mero sospetto degli Ascone che le armi sequestrate il 17 agosto
2007 fossero state consegnate dal ricorrente; l’ addebito di essere il custode delle armi è frutto di semplice congettura; nessun
elemento suffraga l’assunto della reiterazione delle pregresse
condotte delittuose, relative agli stupefacenti, per le quali Bonarrigo aveva riportato condanna; neppure è dimostrato che il
ricorrente spartisse tra i sodali i proventi delle illecite attività;
il giudice del riesame ha indebitamente considerato i rapporti

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Ricorso n. 39.013/2013 R. G. *

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3. — Il ricorso è manifestamente infondato.
3.1 — Non ricorre palesemente vizio alcuno della motivazione.
Il giudice a quo ha dato conto adeguatamente — come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. — delle ragioni della propria
decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da
illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della
plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per
tutte: Cass., Sez. I, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da .ultimo, Cass., Sez. IV, 2 dicembre 2003, n.
4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni
sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità; laddove i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente,
benché inscenati sotto la prospettazione di v iti a della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito,
sicché, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla
legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili a’ termini dell’articolo 606, comma 3, cod. proc. pen.

3.2 — Conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché — valutato il contenuto dei motivi e in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione della
impugnazione — al versamento a favore della cassa delle ammende della somma,
che la Corte determina, nella misura coni.
grua ed equa, infra indicata in dispositivo.
3.3 — Copia del presente provvedimento deve essere trasmesso,
a cura della cancelleria, al direttore dell’istituto penitenziario
ai sensi dell’articolo 94, comma 1-ter, disp. att. c.p.p.

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di parentela; le condotte sono, comunque, risalenti nel tempo;
né, infine, è stato accertato se l’indagato fosse a disposizione
della cosca e non, invece, a semplicemente a disposizione dei
parenti; difettano, conclusivamente, elementi specifici, là dove
«gli indizi gravi, in Calabria e per i calabresi, sono l’essudato di
chiacchiere da cortile».

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P. Q. M.

Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’
articolo 94, comma 1-ter, disp. att. c.p.p.
Così deciso, il 12 dicembre 2013.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di
euro 1.000 (mille) alla Cassa delle ammende.

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