Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7295 del 12/12/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Ord. Sez. 1 Num. 7295 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: VECCHIO MASSIMO

SEN”A 0Q11 hIA

sul ricorso proposto da:
GUAGLIARDO UMBERTO N. IL 13/01/1989
avverso l’ordinanza n. 949/2013 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del
27/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO;
1 okoilse.fitite-1e..eo1e1trsieni-ticl–138-13ete

Data Udienza: 12/12/2013

o

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 37.536/2013 R.G.

* Udienza del 12 dicembre 2013

— il Pubblico Ministero in persona del dott. Francesco Mauro
Iacoviello, sostituto procuratore generale della Repubblica
presso questa Corte suprema di cassazione, il quale ha concluso
per la inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in
favore della cassa per le ammende.
— il difensore del ricorrente, avvocato Raffaele Bonsignore, il
quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Rileva

1. — Con ordinanza deliberata il 27 giugno 2013 e depositata il
10 luglio 2013, il Tribunale ordinario di Palermo, in funzione di
giudice distrettuale del riesame delle ordinanze che dispongono
misure coercitive — per quanto qui interessa — ha confermato la
ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di quella stessa sede, 30 maggio 2013, limitatamente ai capi relativi alla applicazione della custodia cautelare in carcere a carico dell’indagato Umberto Guagliardo in relazione al delitto di
estorsione tentata aggravata ai sensi dell’articolo 7 del decreto
legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito nella legge 12 luglio
1991, n. 203, commesso in danno di Rosario Otello (capo B 1
della rubrica), e in relazione ai delitti di detenzione e di porto
illegale di arma comune da sparo (capi C l e D I, ibidem).
Dopo aver premesso che il ricorrente non contestava la ricorrenza dei gravi indizi di reità in ordine ai delitti concernenti le
armi, il Collegio — con riferimento ai motivi di gravame e in relazione a quanto serba rilievo nel presente scrutinio di legittimità — ha osservato: il compendio indiziario relativo al delitto
di estorsione è costituito dalla intercettazione della conversazione tra Leonardo Granà, indagato di compartecipazione nella
associazione di tipo mafioso, della famiglia territoriale di Altavilla Milicia, e la consorte, e le dichiarazioni rese dalla vittima del taglieggiamento; in particolare Granà ha stigmatizzato

2

Uditi, altresì, in camera di consiglio:

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Udienza del 12 dicembre 2013

la richiesta del pizzo rivolta al gestore dell’autoscuola di via
Loreto di Ficarazzi (Rosario Ortello) dall’indagato, identificato
in virtù dell’ individualizzante riferimento, costituito dal non
comune prenome del genitore (Vito Lucio); Ortello ha pienamente confermato di essere stato fatto oggetto di richiesta estorsiva e ha indicato come relativo autore l’indagato, pur asserendo «con plateale, smaccato contegno di reticenza» di non essere certo della identità del Guagliardo, a dispetto della pregressa personale conoscenza dell’ indagato, già cliente della autoscuola; le modalità della formulazione della richiesta (per la
ricorrente, tipica evocazione delle famiglie con problemi economici) integrano la aggravante a effetto speciale della metodologia mafiosa; quanto, infine, alle esigenze cautelari e alla
necessità della coercizione intramuraria, alla stregua della recente sentenza della Corte costituzionale che ha rimosso la presunzione assoluta di adeguatezza della custodia cautelare in
carcere in relazione al titolo del reato, non è dato, nella specie,
apprezzare alcun elemento dal quale risulti la possibilità di
fronteggiare il periculum libertatis con altre misure; al contrario
la necessità della più radicale ablazione della libertà è suffragata dalla considerazione della personalità dell’indagato, «connotata da caratteri di allarmante pericolosità sociale», dalla dimestichezza nell’uso delle armi (desunta dalla intercettazione del
31 gennaio 2013) e dalla indifferenza ((agli effetti della deterrenza» della condanna riportata nel 2012 per traffico di stupefacenti.

2. — L’indagato ha proposto ricorso per cassazione, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Raffaele Bonsignore, mediante atto recante la data del 24 luglio 2013, col quale sviluppa due motivi.
2.1 — Col primo motivo il difensore denunzia, ai sensi dell’ articolo 606, comma 1, lettere b), c) ed e), cod. proc. pen. inosservanza o erronea applicazione degli articoli 56, 629 cod. pen.,
273 cod. proc. pen. e 7 del decreto legge 13 maggio 1991, n.
152, convertito nella legge 12 luglio 1991, n. 203, nonché vizio

3

Ricorso n. 37.536/2013 R. G. *

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 37.536/2013 R. G. *

Udienza del 12 dicembre 2013

Il difensore deduce: il Tribunale non ha valutato «con rigore» le
dichiarazioni di Ortello; la persona offesa ha dichiarato di non
essere certa della identità del ricorrente; le dichiarazioni della
vittima sono contraddittorie e inattendibili; il riferimento onomastico contenuto nella conversazione intercettata è equivoco; si tratta di «mero indizio neppure riscontrato»; le argomentazioni del Collegio sono «inconsistenti».
2.2 — Col secondo motivo il difensore denunzia, ai sensi dell’ articolo 606, comma 1, lettere c) ed e), cod. proc. pen. violazione
degli articoli 274 e 275 cod. proc. pen. e vizio di motivazione,
dolendosi della selezione della misura coercitiva, censurando il
ritenuto omesso vaglio di «elementi specifici» (peraltro non indicati) i quali avrebbero dimostrato che le presunte esigenze
cautelari potevano essere soddisfatte colla applicazione di misure meno afflittive della custodia cautelare in carcere.
3.-11 ricorso é manifestamente infondato.
3.1 — Non ricorre — alla evidenza — il vizio della violazione di
legge:
—né sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a
quo applicato fina determinata disposizione in relazione
all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);
>4
—né sotto il profilo deila erronea applicazione, avendo il giudice del riesame esattamente interpretato le norme applicate, alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte.
3.2 — Neppure palesemente ricorre vizio alcuno della motivaLI
zione.
Il giudice a quo ha dato conto adeguatamente — come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. — delle ragioni della propria

4

di motivazione, censurando l’ accertamento dei gravi indizi di
colpevolezza in ordine al delitto di tentata estorsione.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Udienza del 12 dicembre 2013

decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da
illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della
plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per
tutte: Cass., Sez. I, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. IV, 2 dicembre 2003, n.
4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni
sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità; laddove i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente,
benché inscenati sotto la prospettazione di vitia della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito,
sicché, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla
legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili a’ termini dell’articolo 606, comma 3, cod. proc. pen.
3.3 — Conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché — valutato il contenuto dei motivi e in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione della
impugnazione — al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che la Corte determina, nella misura congrua ed equa, infra indicata in dispositivo.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di rito ai sensi
dell’articolo 94 disp. att. cod. proc. pen.

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di
euro 1.000 (mille) alla Cassa delle ammende.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’
articolo 94, comma 1-ter, disp. att. c.p.p.
Così deciso, il 12 dicembre 2013.

Ricorso n. 37.536/201 3 R. G. *

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA