Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7294 del 12/12/2013


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Penale Ord. Sez. 1 Num. 7294 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: VECCHIO MASSIMO

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sul ricorso proposto da:
GAGLIANO SIMONA N. IL 29/09/1991
avverso l’ordinanza n. 181/2013 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del
10/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO;

Data Udienza: 12/12/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 37.532/2013 R. G. *

Udienza del 12 dicembre 2013

Uditi, altresì, in camera di consiglio:

—il difensore della ricorrente, avvocato Antonio Turrisi (intervenuto per delega dell’avvocato Maurizio De Marco), il quale
ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Rileva
I. — Con ordinanza, deliberata il 10 giugno 2013 e depositata il
12 giugno 2013, il Tribunale ordinario di Palermo, in funzione
di giudice del riesame dei provvedimenti di applicazione delle
misure cautelari reali, ha confermato nei confronti di Simona
Gagliano, indagata per il delitto di trasferimento fraudolento
di valori, il decreto del giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di quella stessa sede, 17 maggio 2013, di sequestro
preventivo della impresa Antica Salumeria Giotto di Gagliano
Simona, corrente in Bagheria alla via Giotto, n. 27.
Il Collegio ha motivato: la Galiano è indagata in concorso col
genitore Vincenzo e con Sergio Rosario Flamia, capo decina
della famiglia di Bagheria, in relazione alla attribuzione fittizia
della titolarità della ridetta azienda, finalizzata alla elusione
delle misure di prevenzione patrimoniale a carico del Flamia,
colpito da ordinanza di custodia cautelare in carcere 12 dicembre 2008 per il delitto di associazione di tipo mafioso; la impresa commerciale che era stata avviata da Vincenzo Galiano nel
1998, venne formalmente intestata alla indagata il 1′) agosto
2011; la circpstanza delle difficoltà economiche del Galiano,
«protestato per la revoca di tutti i fidi bancari e nella impossibilità
di essere titolare di conti correnti», non contraddice la interposizione della indagata; costei, priva di rapporti di parentela col
Flamia e «prestanome di assoluta fiducia» era la persona «piuù

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—il Pubblico Ministero in persona del dott. Francesco Mauro
Iacoviello, sostituto procuratore generale della Repubblica
presso questa Corte suprema di cassazione, il quale ha concluso
per l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al
giudice a quo per nuovo esame;

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adatta a garantire la impenetrabilità dello schermo»; la reale interessenza nel Flamia nella ditta commerciale è dimostrata dal
contenuto di numerose intercettazioni telefoniche e ambientali
(ricapitolate o riportate mediante citazioni testuali dal Collegio); in particolare Flamia, conversando con un dipendente di
altra sua azienda, dimostra di aver la gestione della salumeria
Gagliano; nella conversazione intramuraria del favoreggiatore
Giacinto Tutino colla consorte, la donna informa il marito che
Flamia la aveva dispensata dal pagare la spesa fatta nel negozio; quanto, poi, al periculum in mora, il requisito è integrato
dalla «confiscabilità del bene corpo del reato».

2. — L’indagata ha proposto ricorso per cassazione, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Maurizio Di Marco, mediante atto recante la data del 3 luglio 2013, col quale — dopo
aver negato che la salumeria fosse mai stata nella disponibilità
del Flamia e dopo aver censurato che il Tribunale avrebbe omesso di rappresentare che nel 1998, allorché il Gagliano aveva
intrapreso la attività commerciale detto Flamia non era indagato per associazione di tipo mafioso — sviluppa quattro motivi
con i quali denunzia, ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lettera b), cod. proc. pen.., inosservanza o erronea applicazione della
legge pena o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nella applicazione della legge penale, in relazione all’articolo
12-quinquies del decreto legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito
nella legge 7 agosto 1992, n. 356 (primo motivo); in relazione
all’articolo 18 del decreto leOlativo 6 settembre 2011, n. 159 e
all’articolo S21, comma 2, cod. proc. pen. (secondo motivo); in
relazione alla legge 31 maggio 1965, n. 575 (terzo motivo); in
relazione all’articolo 12-quinquies, cit., all’articolo 2-bis della
legge 31 maggio 1965, cit., all’articolo 19 del decreto legislativo
6 settembre 2011, cit., e all’articolo 321, comma 2, cod. proc.
pen. (quarto motivo).
2.1— Col primo motivo il difensore sostiene: la documentazione
prodotta a corredo della memoria presentata al giudice ‘del riesame comprova che nel 1998, quando Gagliano rilevò la salu-

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2.2 — Col secondo motivo il difensore oppone: a carico di Vincenzo Galiano non è stata applicata alcuna misura di prevenzione personale; il sequestro preventivo impugnato «fa riferimento alla legge sulla misura di prevenzione patrimoniale non più
in vigore»; colla «nuova legge», anche dopo la morte di Vincenzo
Gagliano, la azienda «in ogni momento potrà essere sottoposta a
confisca».
2.3 — Col terzo motivo il difensore deduce che non sussiste alcuna sproporzione «col reddito dichiarato e i beni di legittima
provenienza» di Vincenzo Gagliano.

2.4 — Col quarto motivo il difensore oppone: «il sequestro preventivo, in atto applicato, non può in nessun caso eludere la confisca in seguito alla misura di prevenzione patrimoniale che in tutti
i casi viene estesa per legge», (sic); l’ordinanza impugnata è viziata dalla «mancata conoscenza degli elementari istituti che disciplinano le misure di prevenzione patrimoniali»; infatti, nel caso
della applicazione «della misura di prevenzione patrimoniale sul
Cagliano Vincenzo» le indagini patrimoniali «si applicano automaticamente ai beni della figlia», pertanto «nessuna attribuzione fittizia potrebbe realizzarsi».
3. — Il ricorso è manifestamente infondato.
3.1 — Non ricorre il vizio della violazione di legge:
— né sotto il profilo della inosservanza della legge sostanziale
(per non aver il giudice a 4uo applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da
quello contemplato dalla fattispecie);

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meria, Flamia non era sottoposto a indagini per il delitto associativo, né a procedimento di prevenzione; la attività fu trasferita alla ricorrente, mediante cessione della licenza commerciale, «senza creazione di nessuno schermo».

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—né sotto il profilo formale della inosservanza della legge processuale in relazione alla carenza di motivazione — rilevante
nella specie ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lettera e), cod.
proc. pen. con riferimento all’articolo 125, comma 3, cod. proc.
pen. — in quanto il giudice a quo ha dato conto adeguatamente (come illustrato nel paragrafo che precede sub 1.) delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua
e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente
scrutinio di legittimità, circoscritto nell’ambito esclusivo della
violazione di legge a’ termini dell’articolo 325, comma 1, cod.
proc. pen.

3.2 Conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché — valutato il contenuto dei motivi e in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione della
impugnazione — al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che la Corte determina, nella misura congrua ed equa, infra indicata in dispositivo.

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento della somma
di euro 1.000 (mille) alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 12 dicembre 2013.

—né sotto il profilo della erronea applicazione, avendo il Tribunale esattamente interpretato le norme applicate, alla luce
dei principi di diritto fissati da questa Corte;

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