Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 729 del 24/10/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 729 Anno 2017
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: D’ARRIGO COSIMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ZERBO ALFIO N. IL 28/07/1972
ASERO BARBARO ANDREA N. IL 25/07/1984
avverso la sentenza n. 2097/2015 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 25/09/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. COSIMO D’ARRIGO;

Data Udienza: 24/10/2016

e

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Gli imputati Andrea Asero Barbaro e Alfio Zerbo propongono ricorso per la
cassazione della sentenza della Corte d’appello di Bologna del 25 settembre
2015.
Quanto alla posizione dello Zerbo, si deve rilevare l’assoluta mancanza
grafica dei motivi di ricorso. Lo stesso è quindi manifestamente inammissibile.
L’Asero, invece, censura l’impugnata sentenza sostenendo l’insufficienza

videoripresa interna della banca). Si tratta di una lettura alternativa delle
risultanze istruttorie che non dà luogo al dedotto vizio di motivazione.
Invero, ricorre il vizio di motivazione illogica o contraddittoria solo quando
emergono elementi di illogicità o contraddizioni di tale macroscopica evidenza da
rivelare una totale estraneità fra le argomentazioni adottate e la soluzione
decisionale (Sez. 1, n. 3262 del 25/05/1995 – Rv. 202133). In altri termini,
occorre che il giudice abbia omesso del tutto di prendere in considerazione il
punto sottoposto alla sua analisi, talché la motivazione adottata non risponda ai
requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo
su cui la decisione è fondata e non contenga gli specifici elementi esplicativi delle
ragioni che possono aver indotto a disattendere le critiche pertinenti dedotte
dalle parti (Sez. 4, n. 10456 del 15/11/1996 – Rv. 206322).
Quindi non hanno rilevanza le censure che si limitano ad offrire una lettura
alternativa delle risultanze probatorie, dal momento che il sindacato della Corte
di cassazione si risolve pur sempre in un giudizio di legittimità e la verifica sulla
correttezza e completezza della motivazione non può essere confusa con una
nuova valutazione delle risultanze acquisite. La Corte, infatti, non deve accertare
se la decisione di merito propone la migliore ricostruzione dei fatti, né deve
condividerne la giustificazione, ma limitarsi a verificare se questa giustificazione
sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di
apprezzamento (v. Sez. 6, n. 36546 del 03/10/2006 – Bruzzese, Rv. 235510;
Sez. 4, n. 35683 del 10/07/2007 – Servidei, Rv. 237652; Sez. 2, n. 7380 del
11/01/2007 – Messina ed altro, Rv. 235716).
Per tali ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché ciascuno al versamento,
in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di
colpa emergenti dai ricorso, si determina equitativamente in euro 2.000,00.

degli elementi di prova a suo carico (alcuni fotogrammi tratti dal circuito di

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno al versamento della somma di euro 2.000,00 alla Cassa
delle ammende.

Così deciso il 24/10/2016.

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