Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7288 del 12/12/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 7288 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CARNAZZA FRANCESCO N. IL 05/05/1948
avverso l’ordinanza n. 1676/2013 TRIB. SORVEGLIANZA di
TORINO, del 16/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;
ti) 2
lette/se-Mite le conclusioni del PG Dott.

A

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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 12/12/2013

L

(

La Corte ritenuto in fatto e considerato in diritto

1. Il Tribunale di sorveglianza di Torino con ordinanza del 16 aprile
2013 ha revocato la misura della detenzione domiciliare concessa in
data 4 maggio 2011, ai sensi dell’art. 47-ter, co. 1, lett. C), in favore
di Carnazza Francesco.
A sostegno della decisione il giudice territoriale evidenziava che a
carico del detenuto, in seguito a perquisizioni domiciliari presso
l’abitazione del figlio, luogo di fruizione del beneficio revocato,
erano stati rinvenuti oggetti strumentali allo spaccio di droga,
cocaina ed armi; che sostanza stupefacente in rilevante quantità era
stata altresì sequestrata nell’ambito dei medesimi accertamenti
presso l’abitazione di tale Martinese Saverio; che il Carnazza era
stato notato insieme a detto Martinese, in auto, mentre effettuava
spostamenti per incontrare altri soggetti indagati per i medesimi
reati in violazione della legge sugli stupefacenti per i quali era
indagato il ricorrente. Deduceva altresì il Tribunale di aver
acquisito CTP sulla persona dell’interessato, che il consulente
aveva confermato, insieme ad altre affezioni di minore rilevanza ai
fini della decisione, la sussistenza di una importante patologia
cardiaca a carico del periziato e che le patologie dette, secondo
avviso dei giudicanti, potevano essere adeguatamente fronteggiate
all’interno dell’istituto carcerario ove era rinchiuso il Carnazza in
quanto istituto dotato di centro clinico.
2. Ricorre per cassazione avverso detto provvedimento il Carnazza,
assistito dal difensore di fiducia, il quale sviluppa per questo due
motivi di impugnazione.
2.1 Col primo di essi denuncia la difesa ricorrente difetto di
motivazione in relazione alla ritenuta compatibilità delle condizioni
di salute del detenuto con il regime carcerario, sul rilievo che tanto
era stato viceversa categoricamente escluso dal consulente di parte
il quale aveva motivatamente dimostrato che il Carnazza, in regime
detentivo intramurario, correva pericolo di vita perchè elevato il
rischio di recidiva infartuale.
2.2 Col secondo motivo di impugnazione denuncia ancora la difesa
ricorrente difetto di motivazione in relazione alla comparazione tra
le condotte giustificative della revoca e le condizioni sanitarie del
ricorrente, in particolare deducendo che le condotte medesime
erano sub iudice e palesemente dubbie nella loro riferibilità al
Carnazza e che mancava nel provvedimento impugnato un

Il

qualsivoglia raffronto tra esse e le gravi condizioni di salute
dell’istante.
3. Con motivata requisitoria scritta il P.G. in sede concludeva per la
inammissibilità dell’impugnazione perché in fatto le doglianze
difensivamente articolate.

4. Il ricorso è infondato.
Ed invero la detenzione domiciliare di cui all’art. 47-ter 0.P.,
compresa quella riconosciuta ai sensi del comma I, lett. c) in favore
del ricorrente, ai sensi del sesto comma dell’articolo in rassegna, “è
revocata se il comportamento del soggetto contrario alla legge o
alle prescrizioni dettate, appare incompatibile con la prosecuzione
delle misure”.
Nel caso in esame il tribunale ha evidenziato la gravità di condotte
accertate, quali la frequentazione con persona trovata in possesso di
quantitativi di droga in preparazione di un incontro con altri
indagati per analoghe condotte e la circostanza che presso
l’abitazione ove veniva eseguita la misura revocata sono stati
sequestrati bilancini per la pesatura di sostanza stupefacente,
sostanza stupefacente ed altro materiale funzionale allo spaccio,
circostanza questa che, indipendentemente dagli esiti del
procedimento per questo iniziato a suo carico, evidenziato una
indiscutibile contiguità del ricorrente con condotte gravemente
delittuose delle quali non poteva certo essere completamente
all’oscuro.
In questi limiti pertanto, in relazione alla riconosciuta pericolosità
del detenuto ed alla violazione delle prescrizioni impostegli, l’una e
l’altra incompatibili con la prosecuzione della misura, il
provvedimento impugnato si appalesa coerente con la disciplina
normativa di cui all’art. 47-ter O.P. e logicamente argomentato,
dovendosi ritenere motivazione aggiuntiva non essenziale ai fini
della decisione la valutazione di compatibilità delle condizioni di
salute dell’interessato con la detenzione intramuraria in istituto
munito di centro clinico. Ai fini infatti dell’applicazione del comma
6 della norma di riferimento, il comportamento del soggetto è di per
sé idoneo a giustificare la revoca della misura, indipendentemente
dalle condizioni di salute riferibili alle ipotesi di cui all’art. 146
ovvero 147 c.p., per le quali l’interessato ha facoltà di diverse e
distinte tutele.
5. Il ricorso va, in conclusione, rigettato ed il ricorrente condannato

2

al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 c.p.p..

la Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
Roma addì 12 dicembre 2013
Il cons. est.

P. T. M.

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